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Robert, Rimbaud, Teulé: dannati e protetti dall’arcobaleno | Fuori le Mura





Robert, Rimbaud, Teulé: dannati e protetti dall’arcobaleno

4 aprile 2011

di Flavio Camilli


Jean Teulé, prima di essere anchorman di successo e scrittore acclamato – soprattutto in patria – è ed è stato fumettista di successo. Elemento, questo, forse sussurrato nel secondo e nel terzo romanzo che compongono l’ideale trilogia dei poeti maledetti (Io, François Villon, Neri Pozza, 2007; O Verlain!, Nutrimenti, 2008), diventa non solo esplicito ma fondamentale e fondante per l’esordio narrativo Rainbow per Rimbaud (Rainbow pour Rimbaud, Edizioni Julliard, 1991) riproposto ora nell’elegante Gog di Nutrimenti.
A differenza dei precedenti episodi, per sua stessa ammissione intimorito dall’aura allo stesso tempo quasi sacra e decisamente rivoluzionaria del poeta di Charleville-Mézières, l’autore decide di attualizzare il delirio che fu la vita di questa “rockstar della poesia”.

Arthur Rimbaud è incarnato – e ben più che impersonato – dall’eccentrico trentaseienne Robert, che dorme in un armadio su cui ha inciso la scritta “battello” e conosce a memoria l’opera completa del poeta. Spinto dall’ira del padre, che ne distrugge l’originale giaciglio, Robert partirà per un viaggio tra i luoghi del vagabondaggio africano di Rimbaud con la compagnia di Isabelle, conosciuta fatalmente al telefono grazie alla complicità del caso e alla congiunta pazzia dei due.

Tra l’Egitto, l’isola di Mauritius, il Dakar, Gorée e Capo Verde Robert darà ampio spazio all’emulazione del proprio beniamino, incidendo i suoi versi sulla propria pelle e arrivando ad invocare la sinovite che maledisse gli ultimi anni di vita del poeta – conducendolo a sofferenza e morte – e a provocarla piantando (letteralmente!) semi di talipot tra le ferite e le incisioni con la speranza di venire, prima o poi, sostituito da un albero, allegoria terrena dell’eternità.
Ma cosa cerca Robert? La propria identità o l’identificazione con il mito di un uomo che, aldilà di ciò che ha impresso nelle proprie rime – solo pertugi di un universo personale ben più vasto – non ha mai conosciuto e mai potrà conoscere? Chi è questo folle alto due metri, dalla lunga coda rossa e con il corpo ricoperto di struggenti croste? La sua è pazzia o poesia?

Gli splendidi artwork interni di Ciro Fanelli 1

Teulé inventa e disegna l’epopea autodistruttiva (e autocelebrativa) di questo Rimbaud anni ’90 come una sequenza di immagini evocative a cui dona il corteggiamento costante ed elevato di una scrittura-funzione, uno stile-pennello, un registro-colore. L’arcobaleno linguistico adottato per imprimere su carta e memoria le istantanee del viaggio dei due protagonisti è la vera asse portante dell’opera, una parola che non si rivolge tanto verso il senso o la plausibilità degli eventi descritti, quanto alla loro bellezza intrinseca.
Certo non è semplice parlare di bellezza fuggendo le banalità: in Rainbow per Rimbaud, tuttavia, c’è una duttilità di scrittura troppo simile all’arte del dipingere per non rischiare anche solo di sfiorare il concetto. Le espressioni usate sembrano soggette alle forze ballerine della luce, dell’umore del lettore, della dedizione e l’ispirazione con cui si approccia al testo; nella porta che si sbuccia, nel ginocchio che si schiude, nel fiore-prigione e nelle “braccia magre e tatuate” con cui Robert si cinge il petto come fossero le maniche di una camicia di forza, colui che deciderà (a suo assoluto beneficio) di amare Teulé potrà vedere e sentire, a piacimento, lirismo o pedanteria ma mai indifferenza.

Gli splendidi artwork interni di Ciro Fanelli 2

Le ambientazioni oniriche e lo spaesamento dei personaggi che vagano in una terra che non comprendono o che conoscono solo per mezzo dei versi di chi l’ha visitata prima di loro sono restituite prescindendo ogni riferimento alle realtà sociali, politiche ed economiche proprio perché si tratta di aspetti che ai protagonisti non interessano. Dei luoghi vengono reputati fondamentali le forme, i colori, i profumi, le atmosfere. A Robert ed Isabelle importa solo dell’esperienza degli ambienti; si concentrano esclusivamente sugli stimoli sensoriali che l’eterogeneità delle manifestazioni della Natura provoca in loro. In questo senso compiono un non viaggio, un arcobaleno emotivo che della curva multicolore non possiede solo la varietà di sfumature ma anche l’effimera consistenza.

Nonostante le apparenze è un pellegrinaggio condotto in solitudine: a parte il piccolo Djami, tutti i comprimari – ai quali sono dedicati alcuni capitoli esclusivi – seppur estremi e poetici come e più dei protagonisti. sono perlopiù ignorati: Paul, il microfonista con l’udito falciato da uno sparo (in cui si ravvisa l’ombra di Verlaine), Zoppetto, l’insegnante claudicante preso in giro dagli alunni, il professore di letteratura francese con la mano perennemente protetta da un guanto di seta per paura che il ritratto della donna che farà per sempre l’amore con lui scompaia, il presentatore in disgrazia che dà le notizie da una tubo catodico di cartone, sono solo fantasmi di un mondo che è al di fuori di sé e che diviene, quindi, irrilevante.

Interpretazione moderna della celebre foto di Rimbaud

Robert (e per osmosi l’accessoria Isabelle) vive il mondo di cui lo stesso Rimbaud fece esperienza più di un secolo prima, un universo che però è mutato profondamente e di cui effettivamente non fa e non farà mai parte.

Teulé, con lo scudo della poesia, gioca anche con la biografia: molto della vita del poeta, il rapporto ossessivo con una madre castratrice, l’indole ribelle e la volontà di ricerca, ma anche le più piccole congetture e i nomi di luoghi e personaggi (basti pensare che Isabelle è la sorella di Rimbaud che lo accudì fino alla dipartita) si riversano nell’avventura di Robert, che è in questo senso una caduta, uno sgretolarsi della sua identità di giovane francese, ma anche un’ascesi e una (ri)costruzione dell’identità del poeta che avrebbe voluto essere. L’impossibilità materiale di compiere tale missione sopperita dal coraggio delle azioni, da una retorica fattuale fatta di atti poetici.
Non c’è bisogno di conoscere a menadito la vita e le imprese di Arthur Rimbaud per apprezzare il valore dell’esordio di Teulè, anzi.

Jean Teulé

In questo caso ignorare gli eventi e i particolari permette al lettore di godere del lirismo del testo, forse a tratti eccessivamente etereo, senza termini di paragone e dimenticando l’inutile gabbia della ragione.

Rainbow per Rimbaud è sicuramente un’opera estrema a metà tra il dipinto e il romanzo (semmai esista una strada che congiunge i due estremi e sulla quale porsi nel mezzo) che tiene fede alla forza propulsiva ed immaginifica dei versi de Le illuminazioni o di Una stagione all’inferno.
A predominare, alla lettura, è lo stupore, quello inevitabile di fronte alla metamorfosi in volatili delle foglie di Magritte, o alle ingombranti pietre che si accostano alle nuvole.
Niente di tutto ciò ha pretesa di verosimiglianza, ma anche se fosse se ne avverte l’inutilità perché distratti dalla ricerca di un respiro mozzato che non è sbagliato chiamare bellezza.

Rainbow per Rimbaud
Rainbow pour Rimbaud
Autore: Jean Teulé
Traduzione: Alice Volpi
Casa Editrice: Nutrimenti
Pagine: 159
Prezzo: 15 €

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