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Ai poltroni le poltrone: allargamenti e contrattazioni dalle giunte al parlamento | Fuori le Mura





Ai poltroni le poltrone: allargamenti e contrattazioni dalle giunte al parlamento

28 marzo 2011

di Flavio Camilli


Gianni Alemanno, sindaco di Roma, rimane a bocca asciutta ancora una volta. Il testo del decreto omnicomprensivo (dal reintegro del Fus alla proroga del divieto di incroci stampa-tv, passando per i fondi per Pompei) che è stato posato questo fine settimana sul tavolo di Napolitano è epurato della parte relativa alla richiesta di allargamento delle giunte comunali per le città con più di un milione di abitanti.
Il testo, già scorporato dal milleproroghe, lo scorso mese bocciato dal Colle, ha tentato in tutti i modi di tornare in auge.
Probabilmente a causa della pioggia di polemiche e dell’urgenza di presentare il testo ad un Presidente della Repubblica in partenza per gli Stati Uniti, la parte che più interessava il traballante sindaco di Roma – ma anche Letizia Moratti, per Milano – non è stata integrata.

Ma facciamo un passo indietro: i tagli della finanziaria che hanno ridotto a 48 il numero dei consiglieri comunali e a 12 quello degli assessori è stato oggetto di contenzioso: da qui la proposta di riportare le cifre rispettivamente a 60 e a 15 avvalorata dalla difficoltà di gestione di comuni dalle problematiche complesse come la Capitale.
Le opposizioni però, oltre al legittimo sospetto che l’aumentare delle poltrone potesse in qualche modo avere a che fare con la volontà di Alemanno sia di rinforzare la sua forza di governo, sia di evitare la condanna che potrebbe piombargli tra capo e collo il 25 maggio quando il Tar discuterà il ricorso per la scarsa presenza femminile all’interno dell’esecutivo capitolino, che potrebbe essere in numero sufficiente per la violazione della parità dei generi, hanno evidenziato quanto la norma fosse manifestamente incostituzionale.

Saverio Romano

La Corte Costituzionale, infatti, si espresse in merito già in occasione dell’esclusione della lista Pdl alle ultime regionali: impossibile intervenire in materia elettorale con decreto legge, soprattutto per le difficoltà di gestione degli atti approvati da una giunta allargata nel caso in cui il decreto non venisse successivamente mutato in legge. Nonostante il pressing di Alemanno e la nota faccia tosta di Berlusconi, non c’è stata “trippa per gatti”: il “millepoltrone” è scomparso anche a causa dello stop verbale del titolare all’Economia che ha espresso perplessità nonostante l’invarianza di bilancio impugnata in difesa dal primo cittadino di Roma quando ancora si lavorava sul testo. Sarebbe stato, indubbiamente, un insopportabile schiaffo in faccia al popolo romano, già vessato da un’amministrazione precaria e da condizioni di vivibilità opinabili.

Alemanno non ne fa una giusta? C’è da dire che ci si è messa anche la sfortuna: il dietrofront della maggioranza ha sicuramente tenuto conto del recente strappo, gelido, a proposito della nomina dell’indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione Saverio Romano a Ministro dell’Agricoltura, su cui Napolitano ha espresso concrete riserve.
In fondo le necessità dell’inquilino del Campidoglio sembrano sacrificabili in giorni in cui il rimpasto della maggioranza dipende tutto dagli umori dei Responsabili di cui il neoministro fa parte. Questi 29 individui che hanno compattato le fila della Governo sanno di tenere in scacco il Premier. I due voti che hanno permesso alla richiesta di sollevazione del conflitto di attribuzione sul caso Ruby nei confronti dei giudici di Milano di passare alla Giunta per le autorizzazioni della Camera con un margine di maggioranza esiguo (11 contro 10), provenivano proprio dalla neonata corrente (Belcastro e Cesario); segno indiscutibile dell’importanza che per le sorti di Silvio Berlusconi hanno questi parlamentari che, più degli altri, sembrano anteporre l’interesse personale ad una non meglio specificato credo politico.

Se le poltrone della giunta comunale di Roma rimarranno, almeno per il momento, le stesse, cinque sono quelle vacanti (una da viceministro e quattro da sottosegretario) che i Responsabili dovrebbero accaparrarsi.
Si tratta di un pasto goloso, ovviamente, soprattutto in un Paese in cui con la seduta ti danno anche la colla: difficile, aldilà dell’alternarsi degli orientamenti di governo, delle battaglie e delle polemiche, abbandonare il seggio conquistato.
La “fedeltà all’incarico” è forse ciò che accomuna tutta una classe politica vecchia, stanca e stancante, pigra e immobile. Una generazione di politicanti con le piaghe da decubito che amministrano la cosa pubblica tenendo sempre a mente un solo concetto, al quale, troppo spesso, declinano la loro intera carriera a scapito dei cittadini: chi si alza è perduto.

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