Fabrizio Gianuario ci racconta Marco Mengoni
Con tutta probabilità “musica” non è stata la prima parola che Fabrizio Gianuario abbia mai pronunciato, ma non deve essere poi così indietro in classifica, vista la cura posta nel realizzare il libro, fotografico e non solo, edito da Gargoyle, dedicato a uno degli astri più luminosi negli ultimi anni per quel che concerne la discografia italiana, Marco Mengoni.
Perché dedicare un libro a Marco Mengoni?
Perché è uno dei fenomeni più interessanti del pop degli ultimi anni. E la sua pur breve carriera racchiude in sé una storia per molti versi avvincente su quello che un giovane artista uscito da un talent ha dovuto fare prima per affermare e poi per confermare il suo successo all’interno del panorama musicale italiano.
Cosa rende la figura di Mengoni unica nel panorama artistico italiano?
Il suo talento vocale. E poi il fascino incondizionato che scatena nei confronti del proprio pubblico.
Quali sono stati gli argomenti più interessanti nel raccontare Marco Mengoni?
Il libro è una cronistoria della carriera di Marco Mengoni – dal suo ingresso ad X Factor nel 2009 fino alla pubblicazione nel 2014 del singolo Incomparable, la versione in spagnolo di L’essenziale – che è stata intrecciata a filo doppio, in un unico racconto, con la sua produzione musicale. E l’aspetto più interessante è stato quello di scoprire la determinazione di Mengoni nel ricercare di volta in volta uno stile che fosse in armonia con la sua esigenza di crescita musicale e personale.
Quanto conta l’immagine oggi per un cantante?
Più che di immagine in sé, almeno nel caso di Mengoni e della nuova schiera di cantanti che stanno emergendo attraverso i talent show, a contare è l’immagine televisiva, che ha una grammatica e regole proprie.
Qual è la situazione dell’industria discografica italiana? Qual è il ruolo dei cosiddetti talent show? E delle radio? Come mai spesso si dice che in televisione – Sanremo a parte, e anche lì se ne può discutere – la musica non funzioni?
Sanremo è un programma televisivo, e solo in parte è un festival musicale. E lo stesso si può dire dei talent show – anche se appartengono a un genere diverso dal varietà – il cui l’obiettivo è scoprire e formare simultaneamente un artista e il suo pubblico. Ma in genere, per il rapporto musica e televisione, vale più o meno quanto detto per l’immagine: la televisione ha un linguaggio e tempi propri. E così la musica esce spesso mutilata dal processo di adattamento alla dimensione televisiva.
Le radio sono un fondamentale vettore di propagazione musicale. E potrebbero assumersi una maggiore responsabilità nella formazione di una cultura musicale di massa. Magari insieme all’industria discografica. Del resto, più si amplia la capacità di richiesta da parte di un potenziale pubblico, più si può pensare ad articolare l’offerta.