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Che parlino le pietre di David Machado : Fuori le Mura


Che parlino le pietre di David Machado





15 aprile 2013 |



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che parlino le pietre_machadoA volte scegliere fra il mucchio di libri che escono continuamente in un Paese che pubblica troppo e legge troppo poco può essere un’impresa ardua. Se si considera soprattutto che le quarte di copertina promettono sempre che il lettore ha in mano l’ultimo capolavoro della stagione o l’opera di un nuovo Philip Roth. E poi spesso non è così. Resta così come unica alternativa lasciarsi trascinare dall’istinto. Perché spesso è la sola cosa che possa aiutarci. E se il vostro istinto vi porta verso il secondo romanzo di David Machado, Che parlino le pietre, autore portoghese uscito in Italia per il maggiore marchio che pubblica letteratura di quel Paese – ci riferiamo a Cavallo di Ferro – non potete sbagliare. Ma lasciate perdere chi paragona David Machado a Paolo Giordano perché magari qualcuno può giustamente storcere il naso e tirare dritto. David Machado è fatto di un’altra pasta, più porosa, più spessa, più levigata, ma soprattutto fatta a mano. Che parlino le pietre racconta due storie su due piani temporali differenti, ma che ad un certo punto sembrano confondersi per come si amalgamano fino a che quel doppio strato diventa singolo ed eccezionalmente perfetto.

La storia è quella di un uomo ormai anziano, Nicolau Manuel, che siede tutto il giorno tutti i giorni di fronte a una televisione che non guarda perché in realtà sta fissando il vuoto. Suo nipote Valdemar è un ragazzo obeso tendente alla sociopatia, gli piace fare il bullo a scuola per via della sua mole e passa il tempo ad ascoltare musica metallara di autori sconosciuti. È innamorato di Alice, che curiosità del caso, è anoressica. Valdemar ha problemi famigliari non da poco, o meglio quelli che può avere chiunque, suo padre è soffocante, sua madre assente. Sembrano le loro vite come tante, quella del nonno impantanata in un tramonto noioso e ripetitivo, lontano dalle gioie che può dare la forza e la robustezza della giovinezza, quella del ragazzo intrisa della confusione causata dal suo affaccio alla vita. In realtà, Nicolau deve fare i conti con un passato fatto di una crudeltà inimmaginabile: nel lontano 1947, il giorno del suo matrimonio fu arrestato per sospetto antifascismo durante l’allora regime militare di Salazar, torturato e incarcerato. La donna che amava fu poi impalmata da un altro, un sarto che aveva grande responsabilità nel suo arresto, e la sua vita così viene spezzata per sempre. Il giovane Nicolau ha così passato anni della sua vita con la consapevolezza di non valere nulla, che la sua vita è stata depredata della sua quotidianità, del suo destino. Valdemar ascolta le storie di quel nonno così indifeso e comincia a scriverle su un quaderno. Capisce che quella in qualche modo è la Storia, lontana dai libri, lontana dai dati, ma fatta di crudeltà e miseria, privazione di diritti. Piano piano nonno e nipote cominciano un percorso in qualche modo univoco che farà capire loro la verità su quel passato, ma anche sul futuro di un Portogallo confuso.

Machado costruisce un romanzo fatto di una scrittura complessa, articolata, raffinata, estremamente moderna nella costruzione dei personaggi, ma allo stesso tempo antica ricca di una tradizione profonda verso i toni picareschi che coinvolgono i racconti giovanili di Nicolau, un umorismo crudele. Il tema della memoria acquisisce una funzione doppiamente simbolica perché da un lato permette alla figura anziana di compiere finalmente una catarsi nei confronti della sua esistenza, dall’altro permette al giovane nipote di allargare l’ecosistema delle proprie radici e finalmente di poter tracciare un percorso più complesso sia della sua vita che del suo Paese. E la storia dei due personaggi è un po’ la metafora di quest’ultimo, la linea di un amore segnato dall’infelicità, dalla violenza, un Paese ricco di storia, ma anche di violenza, vittima del totalitarismo, della perdita di qualsiasi libertà, dove invece l’oggi è protagonista di una diaspora affettiva causata conseguenza principalmente della decadenza storico-sociale dell’Occidente. Che parlino le pietre ha il respiro totale di una storia personale che diventa universale; Machado costruisce con grande perfezione personaggi che sono simbolo di un passato e di un futuro di un Paese che si è perso mille volte. E nel leggere questo libro non si ha l’impressione che somigli ad un autore come Paolo Giordano, ma forse più del suo collega nostrano sembra che fotografi un pezzo anche di noi italiani, perché in fondo la nostra storia con quella portoghese ha certo sempre avuto non pochi punti di contatto.

Che parlino le pietre
Deixem Falar ad Pedras
Autore: David Machado
Traduzione: Federico Bertolazzi
Casa editrice: Cavallo di Ferro, 2013
Pagine: 320
Prezzo: 16,50 €



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Category: Libri