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Nicholas Saunderson, l’uomo che vedeva con la pelle : Fuori le Mura


Nicholas Saunderson, l’uomo che vedeva con la pelle





11 febbraio 2013 |



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La calcolatrice per ciechi di Nicholas Saunderson

C’è una storia, ed è la storia di un uomo di scienza, che ha dell’incredibile. Eppure è documentata dalle fonti più auterevoli: dagli annali dell’Università di Cambridge alla Lettera sui ciechi ad uso di coloro che vedono di Denis Diderot.

Nicholas Saunderson era ancora in fasce quando, nel 1683, il vaiolo gli portò via entrambi gli occhi. Privato del senso più adatto allo studio, il ragazzo affrontò difficoltà apparentemente insormontabili: Louis Braille e il suo codice alfanumerico dovevano ancora vedere la luce. Luce la cui vista era irrimediabilmente preclusa anche al buon Saunderson, che allora decise di cominciare ad immaginare la sua composizione.

La formazione di un ragazzo cieco dell’epoca, di famiglia non ricca, passava direttamente per il soccorso di amici e parenti. Saunderson frequentò una scuola pubblica gratuita: ebbe risultati eccellenti in latino e in greco – ascoltò gli Elementi di Euclide in lingua originale – ma soprattutto in matematica. Non frequentò l’Università ed apprese i segreti della scienza dei numeri grazie al supporto del matematico William West. All’età di venticinque anni inventò la macchina che gli avrebbe cambiato la vita.

La geniale trovata è una calcolatrice ante litteram pensata ad uso dei non vedenti, con un codice numerico che ricorda da vicino il metodo di Braille. Si tratta di una tavola divisa in molteplici quadrilateri, ognuno dei quali è attraversato da una croce che lo suddivide, a sua volta, in quattro quadrati. Nei punti d’intersezione ci sono dei piccoli buchi: al centro è sistemato uno spillo con la capocchia grande, mentre sui lati quelli con la capocchia piccola. Proviamo ad immaginare questa macchina come un orologio: lo spillo che corrisponde alle ore dodici segna il numero due, quello che dovrebbe segnare l’una al numero tre e così via fino al numero nove (fig.2). L’uno e lo zero sono segnati rispettivamente da uno spillo a capocchia piccola posto al centro e da uno a capocchia grande nel medesimo punto, senza l’ausilio dei fori laterali (fig.2). Grazie alla sua tavola Saunderson poteva raffigurare decine, centinaia, migliaia (fig.3), oltre alle operazioni matematiche basilari. Utilizzava la sua creazione anche per rappresentare le figure geometriche (fig.4). Inoltre Diderot parla di altre invezioni, la cui funzione, però, gli sarebbe stata del tutto sconosciuta.

Nel 1707, il Lucasian Professor of Mathematics William Whiston, che occupava la cattedra appartenuta – qualche anno prima – ad Isaac Newton, impressionato dalle sue doti, gli permise di insegnare all’Università di Cambridge. La sua fama crebbe al punto che, nel 1711, Saunderson divenne il nuovo Lucasian Professor. Le sue lezioni non riguardarono, però, soltanto la matematica, scienza a cui diede un contributo importante con il suo Elementi d’Algebra. Il grande matematico si spinse sino al paradosso d’insegnare l’ottica a chi possedeva l’organo della vista. Nel 1719 ebbe l’onore di essere eletto membro della Royal Society. Scrive Diderot, in proposito della straordinaria storia del matematico: “Saunderson vedeva quindi mediante la pelle; questo involucro era dunque in lui di una sensibilità così acuta che si può star certi che con un po’ d’abitudine sarebbe giunto a riconoscere un suo amico, se un disegnatore gliene avesse tracciato il ritratto sulla mano”. Il filosofo francese utilizzò questo argomento, nella sua trattazione, per opporsi a quanti sostenevano l’impossibilità dell’interazione tra i sensi.

Poco meno di due anni fa, un gruppo di ricercatori della Hebrew University of Jerusalem ha dimostrato che il cervello non fa differenza tra tatto e vista nell’atto di leggere. L’esperienza di lettura di un non vedente, con l’ausilio del codice braille, e quella di un vedente attivano la stessa area del cervello, chiamata VWFA (Visual Word Form Area). È possibile leggere, dunque, senza vedere. È possibile calcolare, disegnare figure geometriche e diventare professori di ottica a Cambridge, utilizzando il tatto e non la vista. Un non vedente può scomporre la luce con il prisma, insegnare la natura dei colori, senza mai averne avuto esperienza visiva. Tutto questo Saunderson e Diderot già lo sapevano. Siamo noi, forse, che abbiamo sempre bisogno di un eccesso di prove per arrenderci di fronte all’evidenza.



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Category: Scienze + Tecno