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Una storia chiusa di Clara Sereni | Fuori le Mura

Una storia chiusa di Clara Sereni

21 maggio 2012

di Margherita Fratantonio

Ricordi personali e memoria collettiva rinchiusi in luoghi ristretti (dello spazio, dell’anima). E la storia recente dell’Italia che, a dimenticarla, limita sempre più gli orizzonti esistenziali

Nell’ultima pagina del suo ultimo romanzo, Clara Sereni ringrazia le persone che, dopo la pubblicazione di un suo libro, le chiedono quando uscirà il successivo. Eh, sì, perché chi l’ha letta fin dagli esordi, si è affezionato a quel sapore tutto particolare, sereno come il suo cognome, dei piccoli gesti privati (a partire da Casalinghitudine, 1987) che emergono in figura sullo sfondo della Storia collettiva: intensa, sempre. Come la vicenda (le vicende) del romanzo Il gioco dei regni (1993) che Alberto Asor Rosa ha definito “il più bel libro di memoria famigliare ebraica accanto a Lessico famigliare di Natalia Ginzburg”.

Anche in Una storia chiusa, a dispetto del titolo e dell’ambientazione, il presente e il passato si impongono, prepotentemente, nelle vite di ognuno. L’autrice riesce molto bene ad affollare le trame di tante persone e costruire tra loro relazioni sottili. Scorre di solito nei romanzi della Sereni un’affettività che commuove, in legami che vita e morte non sanno e non possono attutire. Ora, però, la chiusura del luogo sembra privilegiare i sentimenti negativi: invidie, ripicche, gelosie, rivalse. Siamo nella casa di riposo “Madonna dei Sette Dolori” e gli ospiti, se pure hanno una relativa libertà, preferiscono rimanere tra le mura dell’edificio, a coltivare rimpianti e cercare sicurezze nei piccoli riti quotidiani. Quintina prega, Eugenia canta, Olga consuma candele (che assottigliano la sua magra pensione) per commemorare tutti i morti delle stragi di stato. Virginia vuole dare al suo corpo anziano le stesse attenzioni del tempo che fu, con creme e belletti. Dante, che è stato professore e preside, ora ricama parole, assortendo i colori e cercandone sempre di nuove (l’ultima è Costituzione e non ne sa trovare una migliore). Gesti che sclerotizzano i tratti del carattere irrigiditi dal tempo, in una coazione a ripetere che scongiura il disastro: guardare in faccia i drammi collettivi di ieri, e insieme, quanto sia forte la solitudine di oggi, e vicina la morte.

Più lontana dalla scadenza è Giovanna, ma solo per età; l’ha sfiorata invece spesso a causa del suo lavoro di magistrato. Ora, pensionata a forza, è stata relegata in questo posto fuori dal mondo per sfuggire ai troppi pericoli. Sono solo accennati, ma ci dicono che chi lavora seriamente nella giustizia si espone a rischi sicuri, ora come allora. Giovanna qui è La nuova: suscita curiosità e invidie, ma è quella che meglio di tutti sa adattarsi alle rinunce, mentre si adegua ad una nuova identità, dal nome al colore degli occhi. Come in tutti i posti chiusi si creano alleanze momentanee, piccole faticose solidarietà. Il mondo di fuori non aiuta, bussa con prepotenza, ricorda tutti i conti sospesi, che si vorrebbero dimenticare. Sono le cicatrici che fanno ancora e sempre male: terrorismo, stragi di stato, disillusioni annegate nell’eroina. “Quel nostro camminare sui morti delle stragi, noi che non riusciamo ad avere una memoria condivisa, ma solo troppi ricordi, noi che per trovare un filo di speranza dobbiamo mettercela tutta, ma proprio tutta”, dice l’autrice. E così si torna a pregare, cantare, ricamare, consumare creme e ceri votivi, litigare e poi capirsi, ma solo un po’. La narrazione, della durata di un anno, è a più voci che si susseguono in capitoletti brevi, mentre i piccoli-grandi problemi dell’esistere vengono resi con il distacco e la drammaticità delle persone anziane. Tutto è assoluto e tutto ininfluente.

Il quotidiano è investito di un’emotività molto distante dalla nostra: le piccole cose ingigantite, le grandi relativizzate. Ci mette un po’ il lettore ad entrare in mondi interiori così diversi tra loro e dal suo. Ma poi, succede, grazie alla scrittura di Clara Sereni. E via via che si leggono i pensieri di ognuno (un discorso indiretto libero interrotto solo dal passaggio delle voci narranti) ci si aspetta un cambiamento, piccolo, ma importante; non certo un’apertura improvvisa di prospettive, che non sarebbe credibile, ma quel varco nella comunicazione, l’incontro autentico e significativo tra chi vive la stessa identica esperienza esistenziale, nello stesso identico luogo.

Con un lessico e una sintassi semplici, ma sapienti, che rendono fluide le sue 360 pagine, Clara Sereni traduce le ferite che la Storia italiana trascina con sé, di cui tutti i personaggi portano segni indelebili. Aver scelto un luogo di persone anziane sembrerebbe darci l’idea di un paese vecchio ed invecchiato male, ma la spinta verso una possibile, anche se pur piccola condivisione, può essere la speranza da cui partire. Dante, Virginia, Quintina, Eugenia e gli altri potrebbero essere non il punto di arrivo della nostra sfibrata società, ma l’avvio di una possibile, se pur faticosissima, ripresa.

Una storia chiusa
Autrice: Clara Sereni
Casa Editrice: Rizzoli
Pagine: 360
Prezzo: 19,00 Euro

 

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