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Anche il cinema si finanzia “dal basso” | Fuori le Mura

Anche il cinema si finanzia “dal basso”

14 maggio 2012

di Sandra Capitano

Già diffuso per l’arte e le tragedie umanitare, il crowd funding si estende alla produzione dei film, così che anche la comunità web diventa partner del progetto. Una produttrice indipendente ci spiega come e perché

Se il governo taglia i fondi alla cultura e i contributi latitano, arriva in soccorso il web. È ciò che succede in Italia da qualche anno e all’estero da parecchio: il crowd funding, “finanziamento della folla”, un meccanismo che, sfruttando la velocità della Rete e la condivisione dei social network, attraverso piattaforme specializzate coinvolge la comunità web affinché diventi partner di un progetto, sostenendolo con micro finanziamenti. Il meccanismo è semplice: l’utente pubblica un progetto sul sito, definisce un budget e chiede alla comunità online di finanziarlo con piccole donazioni.

Ogni settore artistico degno di nota ha ormai la sua piattaforma (PledgeMusic dedicata ai progetti musicali, Quirky rivolta ai designer, CatWalkGenius per gli stilisti in erba, COfundOS per la realizzazione software open-source o le generaliste RocketHub e Kickstarter), ma la tecnica è di più ampio respiro: oltreoceano Barack Obama la ultilizzò per finanziare parte della sua campagna elettorale presidenziale attraverso i soldi donati dai suoi elettori, ma anche le richieste d’aiuto nel caso di tragedie umanitarie (Buona Causa.org) o per la ricerca scientifica, rientrano più genericamente nella definizione di crowd funding.

Il vero trend del momento però, anche per la lenta Italia, è il crowd funding applicato al cinema. Filmakers italiani indipendenti presentano i propri progetti filmici, da iniziare o completare, sulle piattaforme Interactor o Cineama offrendo, in cambio dei contributi, un’esperienza cinematorgrafica “interattiva” o benefit aggiuntivi per i donatori.

“Abbiamo pensato al crowd funding perché ci mancano ancora un po’ di finanziamenti per completare il film” ci racconta la produttrice indipendente Ilaria Malagutti, che insieme ai registi Alessandro Rossi e Michele Mellara, famosissimi nella scena Romagnala, sta lavorando a God Save The Green (Mammut Film) un documentario “verde” in cui si raccontano storie di persone che attraverso il verde urbano, danno un nuovo senso alla parola comunità. “E’ un film proiettato sul futuro: parla di orti comunitari, di esperienze innovative nell’auto produzione di ortaggi, di orti urbani e lo fa seguendo la vita di alcune persone che vivono nelle periferie di grandi città, nel nord e nel sud del mondo (Berlino, Bologna, Torino, Casablanca, Nairobi, Teresina). Ovunque nel mondo si sta realizzando questa piccola ma grande  rivoluzione verde. Pensiamo che raccontare quello che sta avvenendo nelle nostre città sia di fondamentale importanza e che debba essere fatto il prima possibile. La cifra che dobbiamo raggiungere entro il 4 luglio non è alta (si tratta di 20.00 dollari) e crediamo che la comunità, sempre più vasta, dei giardinieri appassionati e degli orticoltori urbani, possa essere interessata ad aiutare un film che parla prima di tutto di loro”, afferma la Malagutti.

Per finire la realizzazione di God Save The Green, la Mammut Film ha lanciato la campagna di crowd funding sul sito IndieGoGo, una piattaforma generalista che in cambio trattiene 4% sulla somma raccolta e il 9% se l’obiettivo di budget non dovesse essere raggiunto, più un altro 3% per processare la carta di credito. “Il 9% è dannatamente alto – continua la Malagutti – ed è per questo che dobbiamo assolutamente raggiungere il nostro obiettivo. In questi tre anni, per compiere questo viaggio nel mondo verde ci hanno aiutato in tanti: la ong CEFA ci ha sponsorizzato i viaggi in Kenya e Marocco dove abbiamo girato, il professore universitario Giorgio Gianquinto, il suo assistente Francesco Orsini e la società Horticity ci hanno dato supporto scientifico e nella ricerca e poi il fondo MEDIA della Comunità Europea e la Cineteca di Bologna hanno fornito le risorse per compiere gran parte del viaggio. Il processo per ottenere i finanziamenti, soprattutto il MEDIA, è parecchio lungo e sono tutti molto competitivi. Molto competitivi, ma su scala minore, sono anche i finanziamenti regionali, God Save The Green ha un respiro internazionale, ma è girato interamente in Italia, cosa che lo rende interessante a livello nazionale. Ma ora, dopo tre anni e a pochi passi dalla meta, ci mancano i soldi per completare la post-produzione (acquisizione immagini di archivio, color-correction e mix finale), per curare l’edizione di un DVD a tiratura limitata (contenuti: film, trailers, fotografie, extra e interviste) e per organizzare una campagna promozionale con un ciclo di proiezioni in tutto il mondo.

Nonostante le piattaforme trattengano delle percentuali sulla somma raccolta, i contribuenti della comunità web hanno l’assoluta garanzia che i soldi investiti andranno realmente a finanziare il progetto e otterranno dei regali in ricompensa una volta terminato il progetto, come ci spiega la Malagutti: “Oltre al digital download di God Save The Green, le cartoline con i visi dei protagonisti del film, il dvd in edizione limitata, i kit Eugea per seminare piante e fiori sul balcone per richiamare insetti utili nelle città, Hortilla, un originale mini kit per la coltivazione idroponica e le magliette del  film, con ogni donazione si aiuterà Mama Lucy e  il Little Bees Children Self Help Group nello slum di Nairobi. Mamam Lucy è uno dei protagonisti del film e ci ha detto che la sua scuola necessita di una nuova scala”.

Non solo un’operazione di beneficenza in piena regola dunque, il crowd funding sembra proprio un’alternativa possibile al venture capital.

Immagine anteprima YouTube

Per ulteriori info: godsavethegreen.itwww.indiegogo.com/projects/94147

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