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Investito e in fin di vita, la gente intorno guarda impassibile lo ‘show’ | Fuori le Mura

Investito e in fin di vita, la gente intorno guarda impassibile lo ‘show’

30 aprile 2012

di Eleonora Pochi

Un ventottenne agonizzante a terra non suscita nessuna reazione da parte delle decine di persone che lo circondano. Eppure ci definiamo una società civile

Qualche ora dopo il tramonto di sabato 21 aprile, Marco, ventottenne romano, mentre era in sella alla sua bicicletta è stato investito da un neopatentato che superava di molto il limite di velocità e non si è fermato allo stop del semaforo rosso in un incrocio di Via Tuscolana. L’impatto dell’auto con il ragazzo è stato devastante, tanto da tenere tuttora Marco in prognosi riservata, trasportato con codice rosso al San Giovanni di Roma e operato d’urgenza a causa del fegato distrutto, i polmoni perforati ed altre lesioni.

Il punto dell’incidente era, come ogni giorno, molto affollato giacché a pochi metri l’uno dall’altro si trovano un Mc Donalds, la gelateria più gettonata del quartiere e un chiosco-bar. Tutti si accorgono dell’accaduto, ma nessuno si muove verso Marco. L’unico a soccorrerlo è Massimo Cibelli, venticinquenne ligure arrivato da qualche mese nella Capitale, cameriere presso il chiosco davanti al quale l’auto scaraventa la vittima.  Quattro infermieri presenti nell’area circostante il ferito, non muovono un dito: “Se muore, poi ci andiamo pure di mezzo”, dicono tra loro riprendendo le loro chiacchiere, convinti che del moribondo a terra bisognasse infischiarsene poichè se ne sarebbero occupati i colleghi del 118.

Nel frattempo, Massimo impedisce il soffocamento di Marco, che sotto gli occhi di tutti stava morendo asfissiato, e aspetta vicino al ferito l’arrivo dell’ambulanza e dei carabinieri. Ma al titolare del chiosco, nonché datore di lavoro di Massimo, la cosa non va giù: avrebbe dovuto non soccorrere Marco e rimanere sul posto di lavoro perché era a nero ed una eventuale testimonianza ai carabinieri avrebbe potuto scaturire un controllo sulla condotta fiscale dell’attività. “Hai perso tempo” dirà a Massimo il giorno dopo, licenziandolo poiché per aiutare il ragazzo ferito aveva abbandonato di colpo il posto di lavoro.

L’allesitimia è un cancro che divora la società. Cos’è? E’ un disturbo diffuso negli ultimi quarant’anni nelle società “moderne”. Rappresenta un deficit della competenza emotiva ed emozionale, una sorta di “analfabetismo emotivo” che rende un individuo incapace di percepire e riconoscere i propri e gli altrui stati emotivi.  Se l’analfabetismo è per noi occidentali un arcano ricordo, non lo è affatto l’analfabetismo emotivo, sul quale oggi le neuroscienze insistono molto, in quanto radice di molti comportamenti deviati insiti nella collettività. Nella nostra società si parla di educazione intellettuale tanto quanto di quella fisica, ma dell’educazione emotiva se ne stanno purtroppo perdendo le tracce, in favore di uno stile di comportamento piuttosto infantile, egoistico e utilitaristico. Cosa spinge un individuo a piangere per un film e a rimanere indifferente davanti un ragazzo morente? “Istituzioni, Scuola, famiglia, singoli individui dovrebbero interrogarsi, riflettere su ciò che sta accadendo attorno a noi – fa notare Angela Seminara, psicologa -, capaci forse solo di udire senza ascoltare, per evitare di divenire tutti spettatori attoniti di ulteriori avvenimenti di cronaca”.

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