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De-etnicizzazione somatica tra mass media e realtà | Fuori le Mura

De-etnicizzazione somatica tra mass media e realtà

26 marzo 2012

di Sonia Cincinelli

Quando su Sky va in onda il morphing umano

Su Real Time, canale di Sky,  va in onda Life Shock,  in cui l’antropologa Michela Zucca presenta alcuni casi straordinari e definiti “biologicamente scioccanti”. In particolare una puntata mostra persone che cambiano i propri tratti etnici per essere accettate nella società occidentale.

In Asia e Africa, da qualche anno è esploso il fenomeno dei cosmetici sbiancanti e la chirurgia estetica etnica, una invasiva occidentalizzazione dei tratti somatici. Tre migranti tra Stati Uniti e Inghilterra ci mostrano durante la puntata i sacrifici quotidiani per cambiarsi i connotati a colpi di creme e chirurgia. Tutto questo per non “stonare” all’interno della nuova società in cui vivono. Ognuno ha la propria ragione: integrarsi, smettere di ricevere trattamenti violenti e razzisti. Sentirsi in sintonia con gli altri, oppure soccombere ad un modello predefinito senza orgoglio?

L’antropologa Michela Zucca

Su queste esperienze, aleggia e ritorna una icona del nostro tempo, che qui viene definito “l’esponente più celebre della tendenza”: Michael Jackson.
“Penso che Michael Jackson ha fatto una gran cosa, ha sdoganato la chirurgia plastica” dichiara il giovane asiatico che sogna il riscatto con la professione di modello.

Il problema non è nell’additare chi compie questi atti, spesso si tratta di soggetti deboli, ma come ogni film horror classico occidentale ci insegna il nefasto non sta nel mostro ma nella società che lo crea. Infatti la trasmissione si concentra più sulle scelte “insane” dei protagonisti soprattutto volta a comprendere la psicologia dell’individuo che su un’analisi effettiva del contesto sociale, che comunque a tratti emerge in modo aggressivo nei confronti di giovani migranti che cercano riscatto inseguendo una crescita tramite l’apparenza e non la sostanza. Manca la rabbia del voler combattere un sistema invece di conformarsi ad esso in una apparente stato di accettazione.

Fotogrammi di effetto morphing nel videoclip

Una delle protagoniste della puntata dice che il suo problema è avere la pelle nera, mentre un’altra asserisce: “Il mio naso non si addice ad una ragazza ricca, sembro una ragazza povera, non si tratta del vestito o della gente che frequento è solo che non va bene per me”. Probabilmente questo è il cuore del discorso: il razzismo si propaga nei confronti delle popolazioni povere al di là del colore della pelle, anche se nell’immaginario collettivo le caratteristiche dell’individuo caucasico vengono collegate alla regalità e all’aristocrazia. Quindi il problema è connesso al fatto che  sono maggiormente accolti i connotati delle etnie agiate. Questo si ripercuote soprattutto nelle donne che si sentono in dovere di essere accettate anche in un contesto estremamente maschilista che collega le caratteristiche nordiche alla “vera femminilità”.

Potremo leggere il fenomeno come una sorta di passaggio, di attraversamento ed ibridazione del concetto di etnia attraverso un corpo che si ribella in un continuo stato di mutazione che potenzialmente lo potrebbe avvicinare all’immortalità (diversamente dal concetto narcisista del corpo degli anni Ottanta). Si potrebbe parlare di morphing umano in un evoluto meccanismo di fluidità.

I modelli che propugna la comunità occidentale sono sbagliati, in cui mezzi di comunicazioni mutanti per natura, incrocindosi tra di loro (effetto crossover) riescono solo a proporre soluzioni standardizzate atte a giudicare chi è il buono e il cattivo.

La trasformazione di Michael Jackson in “Thriller”

La mutazione di Michael Jackson è da analizzare in modo filosofico, non è casuale che questa sia avvenuta davanti agli occhi del mondo nell’era della “generazione mutante” della società dell’immagine, che ha sviluppato inediti metodi cognitivi proprio perché stimolata dal cinema e dal video.

Jackson, pioniere del linguaggio del “cortometraggio musicale”, propugnava una poetica vicina all’horror con rimandi sporadici all’estetica cyber, al rock, ma anche al classicismo hollywoodiano sostanzialmente glamour, egli sembra metterci in guardia già dalla sua produzione: “Sono uno di loro, della Hollywood bianca e filo sionista, ma sono anche un alieno, sono il buono e il cattivo, sono un mostro, il mostro che voi avete creato; sono integrato, ma sono anche trasgressivo, sono come mi volete, ma sono anche altro. Mi dò in pasto al sistema ma vi shoccherò, fuori dagli schemi borghesi sono bianco e sono nero. Insomma sono un uomo, la massima aspirazione della macchina.”

Così la mutazione fisica artificiale si fa espressione di un disagio, una ribellione che porta con se una forte valenza comunicativa nei confronti della società globalizzata, apparentemente acritica  verso lo status quo, ma che denuncia nella sua immanenza  le nefandezze del sistema stesso.

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