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Chaplin secondo Chaplin | Fuori le Mura

Chaplin secondo Chaplin

6 febbraio 2012

di Erminio Fischetti

Rieditata l’autobiografia del grande maestro del cinema cha ha vestito i panni del vagabondo Charlot

Un volteggiare, quasi una danza: Hynkel, dittatore di Tomania, lancia in aria un mappamondo. Su e giù, a destra e a sinistra. Quella scena de Il grande dittatore, pellicola del 1940 e capolavoro fra i più autorevoli di Charles Spencer Chaplin non è entrato solo nella storia del cinema, ma è in qualche modo rappresentazione dell’intero Novecento. Un uomo che gioca con il destino del mondo, ritratto grottesco di un folle Hitler nell’Europa dei nazionalsocialismi, che sussurra ai campi di concentramento quando tutti facevano ancora finta che fosse un omuncolo innocuo. Piovvero accuse, il film non fu visto di buon occhio, la critica si dimostrò ambigua nei giudizi, non andò bene al botteghino, ma ottenne cinque silenti nomination all’Oscar. Charlie Chaplin con questo film trascrive un pezzo di storia prima che si veda il suo compiersi. Lungimirante e crudele nella sua secca denuncia del mondo, nella descrizione della povertà e nel suo umanesimo cinematografico.

La figura di Chaplin si staglia nella sua autobiografia (La mia autobiografia, riproposta recentemente da Mattioli 1885) in tutta la sua compiutezza cronologica. Dall’infanzia nella povera Inghilterra di fine Ottocento in compagnia di una madre pazza, alla sofferenza di una carriera nell’avanspettacolo, all’immigrazione negli Stati Uniti, ai primi passi a Hollywood e al successo nelle vesti del vagabondo Charlot, passando per la fondazione della casa di produzione United Artists nel 1919 – insieme ad altre leggende del mondo del cinema come Mary Pickford, Douglas Fairbanks e il regista D. W. Griffith -, a figura scomoda per il mondo politico a causa dei suoi film maturi come Tempi moderni, Monsieur Verdoux, Luci della ribalta e Il grande dittatore appunto.

Fu, infatti, anche lui vittima della follia del maccartismo, tanto che un capolavoro come Luci della ribalta del 1952 non fu distribuito negli Stati Uniti fino al 1972, quando l’Academy premiò l’autore con un tardivo Oscar per la composizione della straziante colonna sonora della pellicola, omaggio, insieme alla statuetta alla carriera l’anno precedente, vergognosamente in ritardo per un genio compreso troppo tardi. Contestato, amato, odiato, cacciato dagli Stati Uniti, l’artista fu maledetto per le sue numerose relazioni amorose, i suoi tempestosi matrimoni (quello con le minorenni Mildred Harris e Lita Grey, quest’ultimo fonte di ispirazione per Vladimir Nabokov di Lolita, ma anche quello con la nota attrice e sua musa Paulette Goddard) fino allo scandalo per il suo ultimo, quando ultracinquantenne sposa Oona O’Neill – figlia del noto drammaturgo Eugene (suo coetaneo) – allora appena diciottenne. Un’unione che durerà fino alla morte di lui nel 1977 e che sarà coronata dalla nascita di ben otto figli, la più nota è la maggiore, l’attrice Geraldine.

La mia autobiografia, scritta fra il 1959 e il 1963, è lo sguardo malinconico del suo passato; di un Chaplin ormai settantenne ed auto-esiliatosi in Svizzera, lontano da tutti, ancora scottato per il rifiuto di quell’America che lo aveva accolto decenni e decenni prima. Un ritratto commosso, ma allo stesso tempo critico e bruciante di un mondo e di un secolo, il Novecento, fatto di contraddizioni, che Chaplin, nato però nel 1889, incarna perfettamente in tutte le sue sfaccettature. Attore, scrittore, sceneggiatore, regista, compositore, produttore: Charlie Chaplin è stata una figura davvero a tutto tondo per il mondo delle arti, di quelle che si contano sulle dita di una mano. In questa autobiografia fiume di oltre cinquecento pagine parla di se stesso e del suo mondo, ma anche della vita. Un’esperienza. Da fare.

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La mia autobiografia
My Autobiography
Autore: Charles Chaplin
Traduttore: Vincenzo Mantovani
Casa editrice: Mattioli 1885, 2011
Collana: Experience/Frontiere
Pagine: 516
Prezzo: 21,90 €

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