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Veterans Book Project: registrare la memoria distrutta | Fuori le Mura

Veterans Book Project: registrare la memoria distrutta

30 gennaio 2012

di Arianna Fraccon

“Il lettore diventa un interrogatore un autore un lettore”

Not a book, an object of deployment

Fuori dal circuito centrale dei grandi musei,  entriamo nei locali della Nomas Foundation, viale Somalia 33, Roma.

Qui non è l’arte a mettersi in mostra, ma l’esistenza stessa degli autori-protagonisti, con tutta la sua vitalità a volte esplosiva, a volte appesa ad un filo; con il suo occhio privilegiato su un vissuto che solo attraverso anni di sofferenza si rende disponibile alla rielaborazione.

Tutto accade in un ambiente minimale ma avvolgente, quello della sala di lettura silenziosa e intima che ospita Veterans Book Project. Pareti bianche, tavoli bianchi e lumi soffusi. E poi, tanti frammenti di vite, piazzate lì, davanti ad ogni sedia, in attesa di essere sfiorate ed esplorate.

Trauma, Memoria e Comunicazione: queste le parole chiave del progetto di Monica Haller, giovane artista statunitense che da qualche anno organizza workshops ed incontri negli USA ed in Europa per promuovere l’ampliamento di questa incredibile biblioteca che al momento conta già più di 30 volumi, in mostra a Roma fino al 23 Febbraio.

E’ iniziato tutto con Riley and his story. Me and my outrage. You and us, 470 pagine raccontate attraverso gli occhi di un ex-soldato che ha prestato servizio presso la prigione di Abu Ghraib.

Il resto, a metà strada fra espressione artistica e documentazione storica, è tutto in questi volumi, contenitori multiformi dell’operazione di recupero della memoria e della consapevolezza che coinvolge coraggiosamente i veterani delle guerre statunitensi degli ultimi 20 anni. Ognuno con il proprio linguaggio, ognuno con i propri oggetti e i propri affetti, ognuno con la propria archeologia dell’esistenza che per manifestarsi deve passare necessariamente attraverso un veicolo tangibile e concreto: il libro. “Not a book, an object of deployment”.

Sono ricchi di foto questi esercizi autobiografici, scattate di passaggio durante spostamenti o campagne militari,  o nei momenti di relax all’interno degli accampamenti, scattate di fretta come se lì per lì non avessero valore di presente, ma piuttosto l’aspetto passeggero di qualcosa di insensato. Un senso che viene recuperato proprio attraverso la messa in discussione dei contenuti: l’incontro fra lo scrittore, il lettore con il suo background culturale indiretto, e la traumatica realtà diventa punto di partenza per un’ intensa riflessione sul linguaggio e  i valori umani.

La sala di lettura installata presso la Nomas Foundation

Parole che si trasformano in sentimenti soltanto attraverso la memoria. Non ci sono effetti speciali quindi, ma solo racconti reali e a volte incredibili che trovano finalmente una dimensione concreta, fantasmi che una volta identificati  possono finalmente essere combattuti.

La guerra come non l’abbiamo mai vista: il diario ragionato di chi c’era allora e ritorna oggi sui propri passi, stanco di nascondersi a sé stesso e alla società.

Spostarsi fra i tavoli e sfogliare i volumi è come andare incontro all’umanità che essi proteggono e sostengono. C’è Pamela J. Olson, soldatessa che per la prima volta racconta il dramma delle violenze sessuali subite. C’è Jesse Albrecht, di istanza durante il recente assedio a Saddam, c’è Don Hirsch, Isaac Tomes, ci sono molti altri nomi che aspettano in silenzio.

Affetti da PTSD, TBI e altre diaboliche sigle che indicano sindromi e danni celebrali post-traumatici, questi individui sperimentano attraverso il recupero del “potenziale critico dell’arte” un’ opportunità di reinserimento nei meccanismi sociali. Instaurando un legame con il contesto circostante, ognuno secondo il proprio modo di essere, danno vita ad un nuovo linguaggio nel quale c’è posto per la ricostruzione del trauma, ma anche per il suo superamento.

Tante copertine, tanti nomi. C’è anche Zainab Jawhar: nel 2004 aveva 24 anni quando, dopo essere andata a dormire come tutte le notti nella sua casa di Najaf, Iraq, si è risvegliata un giorno in un letto di ospedale, mutilata di entrambi i piedi e di una gamba, poiché  una “shell bomb” era atterrata direttamente sul suo letto.

Impressioni di lettura: un invito alla condivisione

“Art can be a series of acts and challanges”, insiste Monica Haller.  I visitatori sono invitati a  sfidare le presunte convenzioni dell’ espressività e del linguaggio per mettersi in discussione, “usare la biblioteca e spingerla in nuove direzioni”.

E voi, che uso ne farete?

Foto di Arianna Fraccon

Veterans Book Project
www.veteransbookproject.com
dal 7 Dicembre al 23 Febbraio 2012
presso Nomas Foundation, viale Somalia 33, Roma
dal Martedì  al Venerdì, dalle 14:30 alle 19:00
Ingresso Gratuito

 

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