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Esiste il tempo? Dialogo tra Giulio Giorello e Julian Barbour | Fuori le Mura

Esiste il tempo? Dialogo tra Giulio Giorello e Julian Barbour

23 gennaio 2012

di Michele Lupo

La conferenza conclusiva del Festival delle scienze 2012 è dedicata alla teoria dell’universo privato di tempo di Julian Barbour. A discutere con lui è chiamato il celebre filosofo della scienza Giulio Giorello

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Fuori le Mura ha seguito la VII edizione del Festival delle Scienze di Roma. Il tema affrontato quest’anno è stato il tempo. Una dimensione che trascende la natura umana e, proprio per questo, ha creato problematiche in molti ambiti della conoscenza: nell’astronomia, nella fisica, nella psicologia, nella biologia, nell’antropologia, ma anche nella religione, nell’arte e nella filosofia. FLM ha assistito alle lectiones magistrales degli esperti che hanno provato a spiegarne il carattere e la struttura, e ha cercato di esporre in maniera esaustiva il loro pensiero in proposito.

Nella serata conclusiva del Festival delle scienze si è svolta una conferenza d’eccezione con Julian Barbour e Giulio Giorello sulla possibilità che il tempo in realtà non esista e che sia solo un’illusione. È questa la controversa ipotesi formulata dal fisico britannico nel suo ultimo libro, La fine del tempo. Questa teoria ancora non ha trovato sufficienti riscontri dalla matematica, ma se ci dovesse riuscire, risulterebbe una vera e propria rivoluzione nella fisica. Son più o meno questi i termini con cui il filosofo della scienza italiano introduce il famoso fisico, che fa notare come già più volte nella storia della fisica ci siano state delle vere e proprie rivoluzioni di pensiero, citando per l’occasione Bruno e Newton.

Il dubbio sull’esistenza del tempo, in realtà, già era venuto a qualche grande fisico del secolo scorso. Enst Mach, conosciuto per i suoi numeri, affermò che non siamo in grado di misurare i mutamenti delle cose rapportandoli al tempo; al contrario immaginava il tempo come un’astrazione alla quale arriviamo attraverso la constatazione del mutamento. Diffidente era anche Paul Dirac che aveva osservato come “alcuni risultati ci devono far dubitare della connessione spazio-temporale quadrimensionale”.

Il metodo con cui Barbour arriva a questo sconcertante risvolto è la combinazione tra le due maggiori teorie della fisica del XX secolo, la teoria della relatività generale di Einstein, che descrive galassie, stelle e anche noi stessi, con la meccanica quantistica, che al momento si occupa solo delle particelle atomiche e subatomiche, del molto piccolo, fondendole in una sola teoria dell’universo. Da oltre quarant’anni i fisici cercano di mettere d’accordo queste due teorie, e uno dei maggiori problemi con cui si scontrano è proprio il modo in cui il tempo è concepito: nella teoria di Einstein è molto flessibile, sembra essere presente ma è molto sfuggente; al contrario nella meccanica quantistica ha le caratteristiche classiche del tempo newtoniano con la sua cadenza regolare indipendente da tutto il resto.

A far propendere lo scienziato verso questo associazione è stata l’equazione Wheeler-DeWitt che dovrebbe essere in grado di descrivere l’intero universo. Tuttavia in essa non è presente alcuna traccia del tempo, il mondo descritto è completamente statico, come quello degli eleatici. La questione, tuttavia, è ancora molto controversa e molti esperti non credono che sia vera. Ma questo non ha scoraggiato Barbour che ritiene l’equazione verosimile e anzi ne fa la chiave di volta del suo sistema: se infatti la meccanica quantistica e la relatività generale hanno una concezione del tempo incompatibile tra loro, eliminandola si potrebbe riuscire ad integrare le due teorie.

Con questo nuovo sistema la nostra concezione di tempo lineare sarebbe irrimediabilmente sconvolta. Il modello proposto da Barbour differisce completamente da questa visione classica. Il mondo sarebbe infatti privo di tempo e costituito da molti istanti auto-contenuti, che il fisico britannico chiama “adesso”, sarebbero tutti diversi l’uno dall’altro e esisterebbero tutti simultaneamente; non solo quelli passati e quello presente, ma anche tutti quelli possibili dall’”adesso” attuale; oltretutto tutti gli “adesso” si influenzerebbero tra loro, le probabilità del tutto sono determinate dal tutto. In quest’ottica il fluire del tempo sarebbe solo un’illusione della nostra coscienza che percepirebbe i singoli “adesso” come movimento e flusso continuo del tempo. Per spiegare questo concetto Barbour si avvale della metafora del film che è formato da tantissimi scatti e inquadrature fisse. La totalità di questi scatti non differisce a livello fattuale, anche se visionati con una diversa disposizione, dal film come lo conosciamo. Questo esempio è analogo al paradosso della freccia di Zenone. La cose quindi sarebbero già presenti e il tempo sarebbe dedotto solo successivamente dalla nostra coscienza.

La teoria di Barbour nonostante sia contraversa, è indubbiamente affascinante; anche se ancora non è stata provata scientificamente, riscuote un discreto interesse nella comunità scientifica, malgrado la maggioranza sia scettica a riguardo. Ma d’altronde tutte le teorie che hanno rivoluzionato il nostro pensiero all’inizio non erano viste positivamente. Anche Giorello è perplesso, però ammette di esserne affascinato e che sicuramente farà discutere per molto tempo: come asseriva Freud sulla religione, è un’illusione che ha un avvenire.

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