Search
Friday 26 April 2024
  • :
  • :

1912-2012, 100 anni dopo il Titanic: il disastro della Concordia : Fuori le Mura


1912-2012, 100 anni dopo il Titanic: il disastro della Concordia





23 gennaio 2012 |



By




More


Share

Chi xe in tera giudiga, chi xe in mar nàvega.
Chi sta a terra giudica, chi è in mare naviga.

L’incredibile è successo: alle 21.42 di venerdì 13 gennaio 2012, un capitano irresponsabile, perché troppo sicuro di sé, avvicina la prestigiosa nave da crociera Costa Concordia al limite del consentito presso la costa dell’isola del Giglio per il tradizionale “inchino” agli abitanti dell’isola, un istante, una manovra sbagliata, ed ecco all’improvviso un gran rumore e la nave piegata di 45 gradi sul fianco sinistro. Attimi di paura, il buio scatenato da un blackout, poi l’avviso di rimanere tranquilli e una serie di inspiegabili manovre: 76 minuti dopo il transatlantico affonda piegandosi sul fianco destro mentre 4300 passeggeri cercavano di salvarsi come possibile. Bilancio momentaneo 11 morti e 23 dispersi.
Questa la tragedia che colpiva la nave ammiraglia della Costa Crociere, un’autentica disgrazia e un naufragio che ha dell’incredibile per le modalità in cui è avvenuto. Ormai a 10 giorni dalla catastrofe molte sono state le polemiche e molte le trattazioni che in altre sedi hanno riguardato la Concordia, ma scarsa è stata invece l’attenzione dedicata alla solidarietà, all’esperienza umana fatta di storie e di microuniversi che si incontrano e per una notte si confondono l’uno nella speranza dell’altro.

Nel tentativo di spiegare l’accaduto occorre ricordare che esattamente 100 anni fa (per la precisione 99 anni e 9 mesi fa, il 15 aprile 1912) la più grande nave del mondo, in termini strutturali ed economici, il Titanic, si inabissava a seguito di una collisione con un grande iceberg di cui si ignorava l’esistenza e che il 26 luglio 1956 l’Andrea Doria colava a picco (anche in quel caso ci fu un’inclinazione della nave che rese inutilizzabili metà delle scialuppe, tutte quelle sul lato opposto), lasciando il mondo stupefatto, a seguito di uno scontro con la nave Stockholm, condotta dal capitano dal Capitano Gunnar Nordenson, e che la memoria in questi casi è fondamentale per capire ciò che è imponderabile, imprevedibile e incomprensibile: l’errore umano.

In tutte e tre queste vicende, ma soprattutto nell’analisi della tragedia della Concordia, è importante non farsi sopraffare da un punto di vista qualunquistico che tende a trovare un solo capo espiatorio: se infatti il comandante Schettino, nonostante le indagini in corso, ha certamente sbagliato sia la manovra di avvicinamento che il successivo eccesso di scrupolo nel dare l’allarme definitivo (oltre che il presunto abbandono nave, l’elemento più grave) c’è anche da notare come il nostro Paese sia completamente sprovvisto di regolamenti che disciplinano il passaggio di questi immensi transatlantici vicino a coste prestigiose ma al tempo stesso pericolose.

Come se non bastasse il presunto ammutinamento avvenuto a bordo e le operazioni di sbarco dal relitto non hanno visto coinvolti il secondo e il terzo in comando che, come Schettino, risultavano sulla scialuppa nel momento della telefonata con il comandante De Falco (che al contrario del comandante della nave e dei suoi uomini si è dimostrato un sicuro esempio di serietà e fermezza).

Dunque una responsabilità attribuita ad un solo uomo, nell’ambito di una manovra azzardata ma “condivisa” però nel suo quadro di comando, risulta ad un’analisi approfondita priva di senso. Questo “saluto” infatti, certamente sciagurata “tradizione”, è però di solito sponsorizzato (nonostante le smentite della Costa) e rappresenta il fiore all’occhiello per dimostrare le alte abilità di navigazione da parte dei comandanti.

C’è poi, in ultima analisi, da considerare l’inafferrabilità dell’esperienza stessa per chi non era a bordo in quelle ore, difficile giudicare i tanti atti umani di vigliaccheria ed eroismo, di sacrificio e opportunismo, di lealtà e codardia, che in pochi attimi si saranno susseguiti a bordo, la paura non si giudica, forse si comprende, nell’eterna lotta tra esercitazioni puramente teoriche, dove si ha la certezza della sopravvivenza e una pratica, una realtà, dove questo convincimento non sussiste più e si ha la quasi certezza della morte, dello sprofondamento nel buio delle acque.

Uno studio minuzioso e non banale, nella costruzione di un’opinione personale e non “giudiziaria” (questo lavoro lo lasciamo giustamente alla magistratura) non può non considerare che nonostante un equipaggio sia tecnicamente preparato non è assolutamente scontato che lo sia anche umanamente: nei momenti di una catastrofe come questa gli uomini vengono messi faccia a faccia con il proprio io. Tutti sono convinti che sia facile, ma, sovente, i buoni scoprono di essere crudeli, eroi scoprono di essere codardi e le semplici e umili persone si scoprono, a volte, coraggiose e capaci di gesta positive ed inaspettate anche per loro stesse. Ed ecco allora che un cuoco può essere più eroe di un comandante, che un cameriere può avere una nobiltà d’animo superiore ad un ufficiale, che ha giurato di intervenire prontamente, il tutto avvolto in un macrouniverso momentaneo di sensazioni e sentimenti che fanno dei superstiti, degli abitanti dell’ Isola del Giglio e dei soccorritori i veri eroi della Concordia.

Rimane da chiedersi: come valutare, allora, la levatura morale di un comandante nel momento in cui gli viene affidato il timone?



Tags: , , , , , , ,

Category: Attualità