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Le sculture di matite: l’arte di Jennifer Maestre | Fuori le Mura

Le sculture di matite: l’arte di Jennifer Maestre

9 gennaio 2012

di Andreas Marcopoli

Un’artista sudafricana crea opere d’arte utilizzando piccoli lapis bucati e tenuti assieme da un filo. I risultati sono sorprendenti.

Asteridae

Una delle caratteristiche principali dell’arte contemporanea è il parziale abbandono dei canonici materiali artistici (come la tela per i quadri o il marmo per le sculture) in favore dell’utilizzo degli oggetti più disparati per la creazione di un’opera. Perfettamente a suo agio in quanto sopra descritto sembra trovarsi l’artista sudafricana Jennifer Maestre, autrice di straordinarie sculture interamente composte da piccoli lapis o pastelli. Piccole matite di diverso colore, tagliate fino a 2,5 cm e appuntite a dovere, sono bucate, legate tra loro attraverso un filo e disposte dalla Maestre in modo da dar vita ad affascinanti composizioni dagli originali risvolti cromatici e prospettici. Come la stessa artista afferma sul suo sito principale, l’idea delle sculture è nata ammirando la bellezza naturale dei ricci di mare. Le opere, così come i molluschi marini, creano nello spettatore un desiderio di attrazione (derivante dalla bellezza visiva) e allo stesso tempo di repulsione (le protuberanze spinose sembrano invitare alla lontananza).

Ozma

Altro binomio interessante è quello che si viene a formare tra la superficie liscia della parte terminale della matita e quella sporgente della punta, che, come percepito nella mente dell’autrice, provoca due diverse sensazioni visive e tattili. Per quanto riguarda le forme le sculture fanno riferimento principalmente ad animali, o figure mitologiche: Aurora e Asteridae, dai colori vivaci come l’azzurro, l’arancione e il giallo, ricordano le stelle marine, mentre Ozma, coi suoi rossi, sembra la riproduzione di una grossa lumaca. Toni più cupi per Threnody, dedicata alle persone defunte, mentre Tiamat, antica divinità babilonese personificazione del mare, accoglie le classiche matite dal rivestimento giallo.
Il colore connota quindi la caratterizzazione del soggetto rappresentato: mentre le sculture che riproducono la fauna naturale sono arricchite da policromie sgargianti, per quelle che simboleggiano esseri astratti o totem ultraterreni la Maestre preferisce colorazioni scure o matite tradizionali.

Threnody

La scelta dell’utilizzo delle matite (preceduta da un tentativo, poi rigettato, coi chiodi) non è casuale: esse sono un oggetto industriale riprodotto in serie che viene de-contestualizzato e riportato in un contesto naturale. Le matite, inizialmente identiche l’una all’altra, perdono la loro serialità per divenire un prodotto unico e passare, come dice la stessa artista, da “oggetti anonimi” a vere e proprie “strutture portanti”.
L’ uso di un materiale facilmente reperibile (e, nella sua forma di lapis, spesso inutilizzato) regala inoltre spunti che donerebbero il sorriso agli esponenti dell’arte povera. A differenza di questi ultimi la Maestre però non regala squarci di contemporaneità o tensioni storiche, ma evocazioni mistiche di creature leggendarie. Le sculture di matite che si rifanno a divinità o animali ricordano gli antichi idoli delle religioni pre-cristiane, e si ergono a sacri simboli spinosi di cui la Maestre diventa sacerdotessa. Degna profeta di un culto dell’estetica originale di fronte al quale è difficile non rimanere affascinati.

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