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Scritti e discorsi di cultura industriale: lavorare con coscienza : Fuori le Mura


Scritti e discorsi di cultura industriale: lavorare con coscienza





14 febbraio 2011 |



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Oggigiorno, alla parola “lavoro” segue sempre una lunga lista di problematiche. Le fabbriche storiche stanno via via chiudendo battenti lasciando dietro di sé centinaia di cadaveri alias disoccupati. Le produzioni, nel frattempo, si spostano ad Est, compiendo un lungo e deleterio mutamento per la manifattura italiana al cento per cento. Le università hanno tetti occupati da chi urla disperato perché venga il tempo tanto desiderato della meritocrazia. I tagli alla cultura sono arrivati come ulteriore sconfitta e segno del sempre più preoccupante depauperamento del paese.
L’Italia è oggi una nazione in cui l’industria e il mondo del lavoro sono in crisi e altrettanto lo è il macrosettore della cultura.
La riflessione, così, è d’obbligo e il testo di Libero Bigiaretti Scritti e discorsi di cultura industriale (Hacca) diviene il giusto mezzo per fare un passo indietro e chiedersi in che cosa si è sbagliato.
Libero Bigiaretti
è un intellettuale colto, uno scrittore illuminato e brillante che ha dato un’unica missione alle sue parole: la convergenza di produzione e riflessione, di cultura ed industria.
Il suo testo, preceduto da diversi altri che sciorinano questa importante questione, è una raccolta di scritti sciolti fra loro che, però, si caratterizzano come un chiaro punto di partenza per chi si avvicina a questo argomento per la prima volta.

Se a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta fioriscono numerosi contributi illustri sull’argomento del lavoro, quello di Bigiaretti diviene pietra miliare giacché si dota della forza di chi scrive come testimone oculare. Lo scrittore, infatti, è egli stesso fedele collaboratore di Olivetti, un’azienda che ha significato produzione italiana per lungo tempo.
Dall’interno di questo mondo l’autore fa luce sulle argomentazioni principali, mosse da un interrogativo lungimirante. Nel lontano 1955, infatti, Adriano Olivetti aveva posto una domanda puntuale e importante: “Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell’indice dei profitti?”.
Bigiaretti accoglie questo interrogativo nel suo universo di riflessione sull’argomento, già certo di quale fosse la migliore risposta. Per l’autore, infatti, è riduttivo pensare il luogo di lavoro, nella fattispecie l’industria, come destinato alla sola produzione, al solo profitto. L’universo del lavoro invece è un mondo che, assorbendo lunga parte della giornata di ogni dipendente, deve divenire qualcosa di più di questo e, nel particolare, un luogo di crescita culturale per tutti i lavoratori.
Con il chiaro intento di integrare cultura e progresso, equiparare il valore assegnato al tempo del lavoro e al tempo libero, riconsiderare il lavoratore nella doppia natura di homo faber e homo ludens,  l’autore riconduce tale fine a quattro agenti particolari: i centri culturali, le biblioteche, i circoli ricreativi e la stampa aziendale.
Nel raccontare l’esperienza giornalistica interna ad Olivetti, Bigiaretti chiarisce gli scopi finali di tale pratica: innestare legami di solidarietà nel personale, creare un forte sentimento di collaborazione, provocare lo spirito di corpo o il patriottismo aziendale. Al termine di questa puntuale spiegazione, che innesca il pericolo di una macchinazione dall’alto, si giunge però a vedere quale sia lo scopo ultimo, quello finale nel vero senso della parola: informare. Il giornale aziendale diviene strumento di informazione, di fornitura di nozioni e di cultura per i lavoratori a tutti i livelli.
In Bigiaretti e nella sua produzione letteraria soggiace una convinzione forte e chiara: la cultura deve diventare uno spazio di crescita aperto a tutte le figure aziendali ed è proprio l’azienda a dover farsi carico di questa importante missione.


In coda al testo, si offre al lettore una rapida carrellata di testimonianze fotografiche che vedono l’autore a fianco di grandi nomi della cultura: da Pablo Picasso a Giuseppe Ungaretti, da Marc Chagall a Edoardo De Filippo. Questo a testimoniare quale fosse per Bigiaretti il ruolo della cultura nella vita di ogni uomo e, di conseguenza, l’importanza di quella missione che segnò la sua collaborazione con Olivetti, i tantissimi contributi a cui qualcuno ebbe la fortuna di assistere e la sua illuminata letteratura. Una passione a tutto tondo che, nel testo come nella vita culturale dell’autore, allarga i confini dell’osservazione all’industria e all’estetica del prodotto, alla cartellonistica come all’urbanistica. Ogni settore che sia servizio per l’umanità deve, secondo Bigiaretti, essere illuminato dall’alta considerazione del significato di tale strumento per chi lo riceve.
A prima vista, risulterebbe anacronistico perdersi nella lettura di quello che il lavoro dovrebbe significare per l’uomo e per la sua formazione. Proprio adesso che il lavoro continua a scemare e perdere significato ovunque nel nostro paese. Tuttavia, giunti alla fine dell’incontro con questa testimonianza, è chiara l’utilità del testo: soltanto avendo chiaro il fine ultimo del lavoro nel nostro tempo saremo capaci di dirci liberi di scegliere ed agire. La filosofia, la riflessione intellettuale è ancora necessaria, insomma. E risulta utile oggi più che mai.

Scritti e discorsi di cultura industriale
Autore: Libero Bigiaretti
Casa Editrice: Hacca, 2010
Pagine: 148
Prezzo: 12,00 €



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Category: Libri