Search
Friday 26 April 2024
  • :
  • :

L’assassinio del coglione | Fuori le Mura


di Manuel Chiacchiararelli

Il vento batteva strade deserte e la pioggia battente cancellava quell’idea di Primavera, riportando mente e realtà al pesante grigiore di notti autunnali.
La macchina tagliava la città in spicchi sempre meno geometrici e razionali, fondendosi completamente in quella notte romana, dove tutto sembrava accavallarsi, mischiarsi: le strade, i palazzi, le insegne al neon, i semafori lampeggianti, i lunotti appannati, i lampioni arancioni, la musica, i pensieri, delitti, soprusi…
Tutto era un kaos inspiegabilmente compatto e perfetto.
Ogni cosa era lì, al suo posto, ed era giusto che fosse così. Tutto combaciava, niente era cambiato, neanche i problemi: ancora li, sempre gli stessi, sempre al loro maledettissimo posto.
E non sapeva se fosse giusto oppure no, sapeva solo che non poteva farci niente.
Una delle tante buche di quel manto stradale dissestato e consumato fece sussultare quel freddo ferro sulla pancia dell’uomo: la pelle d’oca, brivido freddo,sottile piacere. La mano scese istintiva ad accarezzare la pistola, riaprendo la ferita e il sipario su quel giro notturno.
“Figlio di puttana!”
La frase tuonò improvvisa squarciando la notte, rompendo quel perfetto equilivrio con la stessa forza e insolenza di un telefonino squillante nel silenzio di un teatro.
Non gli lasciò neanche il tempo di rispondere.
“Mi hai rovinato la vita, pezzo di merda!”
La macchina continuava a viaggiare indifferente, come se il piede sul gas fosse lontano da quelle parole e indipendente dalla persona che le aveva pronunciate.
L’uomo aveva imparato a controllarsi, a rimanere calmo: sapeva che non c’era bisogno di accelerazioni fulminee per sottolineare il discorso, né per pompare più adrenalina nel suo sangue spinto già da un cuore impazzito.
E poi non voleva che, quello che succedeva all’interno dell’auto interferisse in qualche modo con l’equilibrio perfetto di quella notte fonda e immacolata.
La narice destra tirò con forza e decisione eventuali recenti residui; gli occhi fissavano vitrei e impietriti l’asfalto lucido e scivoloso; la mano correva veloce su quel pesante ferro, sempre più velocemente, in un andirivieni quasi onanistico.
“Hai sempre dovuto mettere bocca, vero? Non ti sei mai fatto i cazzi tuoi… e non provare a scusarti adesso! Le ho sentite e risentite le tue scuse, le tue cazzate… masticate e ingoiate a fatica. Ora basta, bello, mi hai proprio rotto il cazzo!”
Silenzio. Le frasi restarono sospese, galleggianti nell’aria fumosa dell’abitacolo.
“Mi hai rovinato la vita abbastanza, hai sempre fatto in modo di metterti in mezzo, di complicarmi le cose, di fottermi, di incularmi prorpio quando stavo raggiungendo qualcosa, quello per cui avevo lottato. Mi hai sempre fermato, mi hai sempre sbarrato la strada, con le tue fisse, con i tuoi problemi, con il tuo farmi pensare… ma vaffanculo và!”
L’accendino illuminò di colpo il buio e quei duei occhi sempre più fissi, sempre meno presenti.
L’uomo aveva vomitato quel discorso tutto d’un fiato, ed ora se ne stava silenzioso a pensare, ad attendere invano una risposta di chi era li, assente, incredulo, attonito, già morto e compianto…
“Ce n’ho messo di tempo a capire come stavano veramente le cose, eh? Beh, non sono mai stato sveglio da quel punto di vista…”
Rideva nervosamente.
“Magari hai anche pensato che dovevo essere proprio un coglione…”
Il sogghigno contratto gli tirava la pelle sulla faccia indurita.
Estrasse velocemente la pistola da sotto la felpa, la puntò alla tempia del pezzo di merda premendo con forza.
“Vai a fare in culo!”
Il dito questa volta non esitò e deciso tirò il grilletto: un colpo, un boato e poi di nuovo silenzio; il cervello esplose aprendosi a rosa, mentre la notte si dipinse di rosso.
Ora il piede era un pesante mattone sul gas; la macchina viaggiava a folle velocità nell’inesistente traffico di quella notte feriale.
La strada larga e dritta, un incrocio, poi un altro, l’auto sempre più veloce: un dosso, un salto, si imbarca, perde aderenza, carambola su auto parcheggiate, schizza dalla parte opposta, finisce la corsa contro un lampione.
Lo schianto impressionante, una telefonata nella notte; sirene spiegate.
L’uomo aveva deciso di rompere per sempre l’equilibrio perfetto e compatto di quella notte immacolata.
Tutto stava svanendo, ogni cosa lasciava il suo posto.

“Poteva pure ammazzà qualcuno, ‘sto coglione!” disse qualcuno alcune ore dopo portando via il sacco nero. Al suo interno un uomo, devastato dall’incidente; il sangue nascondeva quel foro alla tempia.


Seguici su . MySpaceFacebook

Rubrica: Parole – Segui i commenti (feed RSS)