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Friday 26 April 2024
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Il brodo primordiale de «La Domenica del Corriere». Tra mostri, meraviglie e nuovi modi di fare giornalismo | Fuori le Mura



Il giornalismo è da sempre una delle “discipline” più inclini a finire sul lettino dello psichiatra. Il problema dell’autodefinizione di questa modalità di comunicazione ha spesso portato a rivoluzionare i parametri dell’informazione, a sovvertirne le priorità e, nei casi più gravi, a perdere di vista gli obbiettivi.
È singolare, e forse illuminante, leggere il saggio di Fabrizio Foni Piccoli mostri crescono – Nero, fantastico e bizzarrie varie nella prima annata de «La Domenica del Corriere» (1899) (Perdisa Pop) proprio di questi tempi in cui si fa un gran parlare di ciò che i giornalisti possono o no scrivere, questi mesi di “bavagli” e bavaglini, di rigurgiti di dignità e sbrodolamenti verbali e fattuali del potere istituzionale.
La particolarità di questa lettura deriva proprio dall’atipicità del settimanale preso in considerazione.
«La Domenica del Corriere», ci racconta agilmente Foni, è stato (per quasi cento anni, avendo visto la luce l’8 gennaio 1899 e chiuso i battenti nel 1989) il supplemento illustrato del «Corriere della Sera», vera e propria costola del quotidiano lombardo, destinata a rappresentare l’altra faccia del giornalismo, quella forse meno canonica, ma decisamente più divertente, sprofondante senza ritegno (per fortuna!) nella narrativa e nella finzione.

Fabrizio Foni ha la grande capacità di raccontare la prima annata del giornale rivolto al “signor Tutti” attraverso una narrazione a tratti aneddotica (supportata da una apparato di note puntuale ed esauriente) ma anche molto teorica. L’indugiare su alcuni temi fondamentali per la definizione della natura de «La Domenica del Corriere» permette al lettore di capire e di immaginare cos’è stato davvero questo fenomeno editoriale.
Di cosa si trattò, dunque?

“Fu una realtà e per numerosi lettori, nel corso di più generazioni, ebbe il ruolo di filtro, e filtro privilegiato, nei confronti della realtà stessa. È vero che […] la rivista predilige da prima (anzi, da subito) quei lati della cosiddetta realtà che scivolano prepotentemente verso l’abnorme, il diverso, il ridicolo, il disgustoso, l’orrido, o più semplicemente verso tutto ciò che possa essere etichettato, in varia misura, come curioso”.
Questo piccolo estratto rende perfettamente l’idea del campo d’azione della «DdC» e pone in evidenza come nelle sue pagine, grazie alla dichiarata linea editoriale incentrata soprattutto sulle stramberie e gli aspetti carnevaleschi della realtà, il giornalismo venga condotto ad un livello differente dalla semplice informazione e assurga a vera e propria zona di confine, limbo per così dire, tra cronaca e narrativa.
Il “giornalismo narrato” della «DdC» è stato sicuramente l’anticamera e l’ispirazione di molta letteratura novecentesca (due nomi su tutti: Dino Buzzati e Italo Calvino) che ha saputo coniugare un linguaggio chiaro e lineare ad una fantasia sì prorompente ma mitigata dalle regole del misterioso, che deve necessariamente mantenere legami, seppur labili, con il verosimile, piuttosto che da un senso del fiabesco spudorato.
Il fantastico messo in scena è quello della deformazione del reale e non della sua completa trasfigurazione; è il punto di vista, il “taglio” con cui i fatti vengono osservati e raccontati a cambiare, non gli avvenimenti stessi.

L’altra caratteristica su cui è giusto porre l’accento è la presenza ingombrante ma necessaria delle illustrazioni, usualmente ad opera dell’allor giovane e sempre talentuoso Achille Beltrame (1871-1945).
Perché, si chiede Foni, c’è bisogno dell’illustrazione in luogo della fotografia? La ragione, a ben guardare, è la stessa che ha portato alla scelta della linea editoriale. O meglio, ne è una diretta conseguenza: il fatto riprodotto dalle matite e dai pennelli (o anche, più concretamente, dalla tanto magnificata macchina Hoe, strumento all’avanguardia addetto alla stampa del periodico) e non impresso come riproduzione effettiva, quale sarebbe stata una fotografia, è sicuramente emblematico di quell’ossimorica “realtà romanzesca” che è bandiera della «DdC». Un disegno è perciò il ritratto del fatto così come è avvenuto, ma filtrato dal setaccio finzionale-funzionale proprio del settimanale.

Achille Beltrame

Achille Beltrame

Tutto, dal racconto di avvenimenti singolari (lupi che assediano una chiesa, casi di prototelepatia e teorie letterarie sul teletrasporto, tragedie ferroviarie e racconti di circhi ed imbonitori) alle vere e proprie inserzioni di narrativa spesso ad opera degli stessi lettori (dalla ghost story alla riflessione spiritualista, dal noir al fiabesco più classico) è deputato alla costruzione di un vero e proprio “apparato per sognare”, un esperimento editoriale riuscitissimo ed indispensabile alla creazione del background culturale che avrebbe portato di lì a pochi decenni all’esplicitazione, in Italia, di quella tendenza al fantastico che era invece esplosa in tutta Europa con il romanticismo e il gotico ottocentesco.
Si tratta, comunque, di un fantastico tutto italiano, che strizza sì l’occhio aldilà dei propri confini (come non potrebbe?), ma che parte anche e soprattutto dall’esperienza della cronaca giornalistica, dove è possibile ravvisare, sollevando di poco il velo del reale o deformandone gli angoli quanto basta per accedere al meraviglioso, le fondamenta di un modo di “sentire” la realtà, e di tramutarla in narrazione, che “usa” la finzione come mezzo per dire e non come pretesto per diluire i significati in una selva colorata ma inconcludente di significanti.
Attraverso il suo saggio Fabrizio Foni ci fornisce perfettamente le coordinate per immaginare, nonostante la distanza temporale, quello che è stato, e lo fa senza la noiosa supponenza dello studioso (che si potrebbe probabilmente permettere), ma con la voglia di condivisione propria del menestrello.
Questa attitudine a mescolare studio e racconto, informazione e piacere del narrare, rende Piccoli mostri crescono una lettura piacevole ed interessante anche per i non addetti ai lavori.
Un augurio, magari, perché un giorno, in tempi meno noir di questi, qualcuno possa riscoprire il sentiero poco battuto a cavallo tra realtà e finzione, di cui si sente da tempo la mancanza.

Informazioni
Fabrizio Foni, Piccoli mostri crescono – Nero, fantastico e bizzarrie varie bella prima annata de “La Domenica del Corriere” (1899)
Gruppo Perdisa Editore
2010, pp.256, € 16,00