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Il romantico documentario su Pietro Ingrao ha aperto il festival perugino IMMaginario 3.0 : Fuori le Mura


Il romantico documentario su Pietro Ingrao ha aperto il festival perugino IMMaginario 3.0





26 novembre 2012 |



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Radio, cinema, tv. Tre grandi capitoli della cultura contemporanea italiana, croce e delizia del pop tricolore e al centro del festival IMMaginario 3.0, che si è aperto, mercoledì 21 novembre, nel segno del “Giudizio universale”. Una cinque giorni, a Perugia, in quattro sedi, che ha assegnato al documentario Non mi avete convinto di Filippo Vendemmiati l’onere di aprire gli appuntamenti al teatro Pavone.

La sensibilità di Filippo Vendemmiati era già nota grazie allo struggente È stato morto un ragazzo. Documentario che, nel 2010, si occupò della tragica vicenda di Federico Aldrovandi e di quella sua ultima notte del 25 settembre 2005 in cui, nei pressi dell’ippodromo di Ferrara, quattro poliziotti, condannati in cassazione nel 2012, si macchiarono dello scempio di omicidio colposo. Vendemmiati volta pagina, ma resta nella storia del Paese, per raccontare, a chi l’ha vissuto e chi l’ha solo letto, il profilo politico di Pietro Ingrao. In un documentario di 75 minuti, intitolato Non mi avete convinto, che si pone l’obiettivo di non essere una pura biografia, ma un racconto della passione di Ingrao per la politica. “Uno strumento per cambiare un mondo che non mi piaceva”, nelle parole del primo presidente comunista della Camera dei deputati.

“Questo è il mio Pietro Ingrao”, ha detto il regista prima di far partire la pellicola. Perché questo Pietro Ingrao è sì quello stesso dei grandi comizi in piazza, della scalata politica da Lenola a Roma, ma è anche un uomo che ha attraversato, come tutta la generazione degli ultraottantenni di oggi, il grande Novecento. È il padre nella parole di Chiara Ingrao e l’uomo del comunismo italiano negli occhi e nelle orecchie di un giovane che Vendemmiati mette nel montaggio, e negli anni Sessanta italiani, pur senza dargli forse il necessario spessore. Una scelta, quest’ultima, utile a mostrare lo scollamento su quanto ci hanno detto di lui sui libri e in tv e su quello che Ingrao ha vissuto, con i suoi occhi, di quella stessa rivoluzione.

Quindi, in primo piano, la grande politica, i discorsi alla folla in piazza, l’errore sùbito dichiarato della posizione assunta da Togliatti rispetto alla rivoluzione antisovietica ungherese del 56, gli anni del Terrore in Italia, da piazza della Loggia in giù. Fatti e desideri messi sullo stesso piano nel segno della costruzione possibile di un ordinamento diverso, per una politica che, nella vita di Ingrao, come nelle sue stesse parole nel documentario, “è un interesse che non si è mai spento”. Ma la politica, ancora nelle parole di Ingrao, è anche “un fatto umano”, quindi inscindibile dal percorso di vita di Pietro. Un punto di vista che il regista assume dedicando dei passaggi del lungo metraggio alle “altre” passioni del protagonista. C’è quella per il cinema, con la citazione di una delle più belle scene della storia della settima arte, il finale di Luci della città di Chaplin. C’è la tv, ci sono la moglie e i figli e le loro vite, tutte vissute nel grande contenitore di un padre e marito che voleva cambiare le sorti del comunismo in Italia.

Alla fine, né sconfitto né vinto, questo Ingrao è un uomo, di quasi cento anni, con un bagaglio di ferme convinzioni alle spalle ancora da trasmettere, con tutte le carte in regola per lasciare la sua lezione al mondo. Dalla pratica del dubbio per “non adeguarsi a facili certezze” al monito di non avere la paura del nuovo e superare il concetto di questa ridefinendola sempre come “difficoltà a capire”. Ma stupisce, a film finito, come ancora questo Ingrao sia capace di tenere la folla, ancorarla allo schermo da un luogo e un tempo lontano, per spiegare che, come lui aveva fatto da bambino, ogni uomo può sognare l’impossibile e desiderare davvero di abbracciare la Luna.



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Category: Costume