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Bacchiglione Blues, il nuovo romanzo pulp-noir di Matteo Righetto | Fuori le Mura





Bacchiglione Blues, il nuovo romanzo pulp-noir di Matteo Righetto

28 febbraio 2011

di Maria Flaminia Attanasio


Il sole c’è ma non si vede lungo gli argini del Bacchiglione, fiume della pianura padano – veneta, tale è la bruma, d’estate e d’inverno. A circondare il corso d’acqua, solo campi di barbabietole, colonie di zanzare e baracche di contadini. Niente di più. In lontananza poi, sparsi qua è là per i campi, i centri abitati. Piccoli paesini dove tutto appare tranquillo, pulito e ordinato. Anche se non lo è. In uno di questi tre balordi, Ivo, Tito e Toni, rigurgiti della società e dei servizi sociali, per dare una svolta alle loro vite organizzano il sequestro della moglie di Primo Barbato, ricco industriale dello zucchero. Questi anche non è come sembra, malgrado le migliori apparenze; e infatti, dietro la parvenza di cittadino modello, nonché di gran lavoratore, oltre a consumare grandi quantità di cocaina non esita a vendere ai cinesi dei materiali tossici per la fabbricazione di giocattoli, pur di incrementare il fatturato annuo dell’azienda. Così Barbato, non appena viene a conoscenza del rapimento della moglie, non si comporta, ovviamente, come vorrebbe l’etichetta di un uomo come lui, ma si mette sullo stesso piano dei banditi, assoldando a sua volta una banda di criminali per liberare l’amata consorte  e fare fuori quei bastardi che l’hanno sequestrata.

Queste le linee essenziali della ricca e intricata trama di Bacchiglione Blues (Perdisa Pop), romanzo di Matteo Righetto, classe 1972, dal 18 febbraio in libreria. Una storia, questa raccontata dal giovane Righetto, in cui, fin dalle prime pagine, sembra proprio di vedere queste immense di distese di campi del nord-est coperte unicamente dal rumore del passaggio di qualche macchina, del vento che sibila e di qualche contadino al lavoro e in cui niente e nessuno è come appare. In tutti i personaggi del romanzo, infatti, anche in quelli più insospettabili, persino nei paladini della giusta società, c’è qualcosa di marcio, un segreto turpe e nascosto. Tutti sono bicefali in Bacchiglione Blues, chi manifestamente chi latentemente, come del resto vuole ogni storia pulp che si rispetti, alla cui tradizione è chiaramente ispirato questo libro.

Sullo sfondo delle minuziose descrizioni dei personaggi e dei paesaggi, riecheggiano, infatti, gli illustri precedenti della “Gioventù cannibale”, nonché della miglior tradizione noir nostrana. Nel leggere questa storia di criminalità sotterranea che si muove sotto la facciata di tranquillità e perbenismo dell’ordinato nordest, non si può fare a meno di pensare a Massimo Carlotto e ai suoi numerosi romanzi con questo stesso filo conduttore. O anche a Niccolò Ammaniti se guardiamo, invece, alla caratterizzazione dei personaggi. La sgangherata banda di disperati che si muove di sottobosco lungo le sponde del Bacchiglione per estorcere un milione di euro al signorotto di zona, non è così differente dalla combriccola di disperati di Come Dio comanda, romanzo con cui Ammaniti vinse il Premio Strega nel 2007, o anche ad alcuni personaggi che popolavano i primi lavori come Ti prendo e ti porto via e Fango. Per questo, dunque, è alquanto chiaro che Bacchiglione Blues è un romanzo fortemente derivativo. Quasi più cinematografico che letterario. Nel leggerlo, infatti, tornano alla mente non tanto i magnifici film di Tarantino, quanto quelli dei fratelli Coen e, tra questi, in particolare, L’uomo che non c’era, nel quale c’è una continua demistificazione dell’ “uomo perbene”, di colui che appare integro nella società ma che invece, nella realtà non lo è affatto. Un blues, quello di Matteo Righetto, divertente e appassionante, ma forse, malgrado non machi l’inventiva e il tocco personale, un po’ poco originale, in quanto ogni cosa in esso rimanda al già scritto o realizzato da altri, senza che il gioco sia quello della citazione.

Bacchiglione Blues
Autore: Matteo Righetto;
Casa Editrice: Gruppo Perdisa;
Pagine: 141;
Prezzo: 14 euro.

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