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È così che la perdi di Junot Díaz : Fuori le Mura


È così che la perdi di Junot Díaz





8 luglio 2013 |



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imagesDopo aver vinto il premio Pulitzer con La breve favolosa vita di Oscar Wao, Junot Díaz torna in libreria con un’altra possente opera dallo stile personale che affonda i denti nell’animo umano come una morsa stretta e pericolosa. È così che la perdi è composto da una serie di racconti tutti infinitamente connessi da un unico protagonista, che tranne in uno acquisisce il punto di vista totale degli episodi raccontati. Yunior è come l’autore un dominicano che è approdato da bambino negli Stati Uniti e come lui è stato fortemente influenzato dalla cultura misogina e machista del suo Paese. Ora si è innamorato della donna della sua vita, ma attraverso tutti i suoi comportamenti, che ricalcano in particolare quelli del fratello morto di cancro Rafa e del padre che ha abbandonato i figli e la loro madre molti anni prima, complice anche le opinioni prevenute, ma non infondate, delle donne sui comportamenti di quel cosiddetto tipo di uomini, il nostro protagonista compie tutte le azioni sbagliate per perdere la donna che ama. In primis la tradisce e poi per farsi perdonare si mette “a zerbino” di lei, ma a nulla valgono le sue premure, ormai ha perso la sua fiducia.

I racconti si alternano in vari momenti della vita del protagonista, non in maniera cronologica, composta di tanti dettagli che portano tutti all’analisi della cultura dominicana, dell’immigrazione, di uno status culturale che definisce le identità, i comportamenti. È con un taglio estremamente originale che Junot Díaz riprende i temi a lui cari, come l’adattamento culturale e sociale di un popolo e il disagio di un protagonista che si trova in due staffe, in due mondi completamente diversi attraverso i tempi che cambiano. Tra la periferia e il degrado del New Jersey (lo sfondo anche della sua opera precedente), le isole dominicane connaturate da una ricchezza ostentata e volgare di costosissimi villaggi turistici plastificati e la povertà estrema delle baraccopoli, il mondo intellettuale e universitario di Boston e New York, Junot Díaz costruisce un altro se stesso sempre a disagio con il tempo e lo spazio che lo circondano, impossibilitato ad essere qualcosa di definito, eterno uomo provvisorio diviso da quello che è e quello che potrebbe o vorrebbe essere, tra uomo americano e dominicano, sensibile laddove questo sentimento per i maschi è un’accezione negativa, sciupa-femmine nel modo sbagliato. Per evidenziare questo senso di straniamento, lo scrittore sceglie di mescolare linguaggi e parole dell’inglese e dello spagnolo, senza virgolette, con discorso libero indiretto, attraverso una sorta di flusso narrativo che esplode in tanti piccoli frammenti di umane sensazioni. Ed è soprattutto ritratto di una generazione, di un’integrazione che si costruisce lentamente, dalle piccole cose.

Un’integrazione che non è verso un Paese come può esserlo gli Stati Uniti, ma verso se stessi, un modo di essere, umano e ricchi di sentimenti, è un comprendere il senso di solitudine della vita, un’amarezza di fondo che squassa gli animi e li riduce a brandelli perché i sentimenti vengono sempre messi in secondo piano, si bruciano nel marasma delle incomprensioni, nel retaggio delle culture, ma soprattutto nei cliché dietro i quali si fossilizzano gli esseri umani, troppo pigri per andare al di là. Ma forse ancora più scottante è l’amara verità di non mostrare mai veramente se stessi agli altri per quello che si è, quando a volte il vero io può essere migliore di quello che appare. Il gioco dell’autobiografia si delinea in molti punti, in particolare quando il personaggio alla fine decide di scrivere proprio sulle sue disavventure amorose, sulle sue debolezze di uomo che non ha mai imparato ad essere se stesso. L’amarezza toccante e distruttiva di Díaz si nasconde dietro un approccio narrativo ironico e guascone, come insito nella natura all’apparenza frivola di Yunior. È così che la perdi è una di quelle opere di grande valore, non solo per l’aspetto virtuosistico del suo stile, ma anche per la semplicità e la sincerità con la quale tratta i sentimenti più comuni e li mette in campo per affrontare il senso del fallimento comune della vita, quello di un mondo che non deve mostrare i suoi sentimenti.

È così che la perdi
This is How You Lose Her
Autore: Junot Díaz
Traduzione: Silvia Pareschi
Casa editrice: Mondadori, 2013
Collana: Scrittori italiani e stranieri
Pagine: 176
Prezzo: 16,00 €

 



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Category: Libri