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Dizionario dei nomi propri : Fuori le Mura


Dizionario dei nomi propri





13 maggio 2013 |



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Indubbiarton7824amente ciascun essere ha, nell’universo dei libri, un’opera che lo trasforma in lettore, posto che il destino favorisca il loro incontro. Quello che Platone disse della metà amorosa – l’altro che circola chissà dove e che conviene trovare, salvo restare incompleti fino al giorno del trapasso – è ancora più vero per i libri”.

Beh, Dizionario dei nomi propri non è stato per me il libro di cui Amélie Nothomb parla in queste righe. Sono stata “costretta” a leggerlo da una delle mie più care amiche che, avendolo letto alla tenera età di 16 anni, ne era rimasta estasiata. Fatto sta che, dopo la prima sensazione di perplessità, questo libro ti lascia riflettere. Parlo di perplessità perché Amélie Nothomb è letteralmente pazza. E nelle pagine di Dizionario dei nomi propri questa pazzia si palesa in modo particolare.
Plectrude – la protagonista del libro -, oltre ad avere un nome orribile, ha anche una nascita orribile, che influenzerà non poco la sua vita. Ma per Amélie Nothomb la sua sarà un’esistenza straordinaria (come del resto straordinario è il suo nome): “Se i nomi influenzano il destino delle persone, la piccola Plectrude non potrà che avere un’esistenza straordinaria”.
Plectrude nasce in prigione da una diciottenne uxoricida, Lucette, che, dopo aver ucciso il marito in preda a un attacco di follia (per il semplice motivo che sentiva la piccola singhiozzare nel suo ventre), si toglie la vita. Appena nata Plectrude viene dunque affidata a Clémence, sua zia, che la preferisce spudoratamente alle sue stesse figlie. Con la zia (che la piccola crede essere sua madre), si crea un legame morboso, quasi preoccupante: Clémence venera Plectrude, appena può si sgancia dal marito e dalle figlie e trascorre pomeriggi interi con la piccola, vestendola da principessa e portandola in giro come fosse il suo gioiello più prezioso. Quando Plectrude si rivela, poi, una promettente ballerina, l’amore di sua zia è definitivamente consacrato. Finanche l’anoressia della piccola (dovuta alle regole troppo rigide che la scuola di danza impone) sarà per Clémence motivo di orgoglio e soddisfazione. Fin quando un doloroso incidente non impedirà a Plectrude per sempre di danzare: da quel momento in poi Clémence non la degnerà più nemmeno di uno sguardo, anzi comincerà addirittura ad offenderla ripetutamente. Ma la vita riserverà altre sorprese a Plectrude: una carriera da cantante di successo, un principe azzurro che le farà scoprire l’amore, e un omicidio letterario. Finale totalmente inatteso, con una morale non proprio rassicurante: si può essere felici anche da adulti, ma perdendo qualsiasi tipo di innocenza.

Come in ogni suo romanzo, Amélie Nothomb riveste i temi che le sono cari (il cibo, la notte, l’amicizia) di un noir a tratti divertente e a tratti inquietante. E, come in ogni suo romanzo, tesse le fila della sua vita: in Dizionario dei nomi propri fa capolino l’anoressia che l’ha accompagnata negli anni in Bangladesh e che pervaderà le pagine di Biografia della fame (2004); s’impone forte il legame tra Lucette e Clémence, eco di quello tra la scrittrice e sua sorella maggiore, Julliet, “unica sua compagna d’adolescenza”. Nella storia e nell’animo di Plectrude si riflette quello della sua penna: la vita in bilico tra Giappone, Cina e Bruxelles, dove si sentiva “tanto straniata quanto straniera”, il grigio di fondo che accompagna il suo crescere. Da Igiene dell’assassino, il libro che nel 1993 la portò al successo, all’ultimo, Barbablù (2012), Amélie Nothomb racconta sé stessa tra verità e follia, in storie surreali che lasciano poco convinti, ma che in qualche modo catturano.

Dizionario dei nomi propri
Autore: Amélie Nothomb
Casa editrice: Voland
Collana: Amazzoni
Prezzo: 11,05
Pagine: 160



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Category: Libri