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Autunno di Louis Bromfield : Fuori le Mura


Autunno di Louis Bromfield





18 marzo 2013 |



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autunno-di-louis-bromfieldAlla riscoperta di un classico dimenticato. Durante gli anni Venti e Trenta, Louis Bromfield è stata una di quelle figure di grande popolarità della letteratura americana soprattutto grazie alla capacità di sapersi dividere fra narrativa, sceneggiature di cinema, giornalismo, politica e riforme agrarie. Non ha guastato che dalle sue novelle siano stati tratti alcuni classici del grande schermo dell’epoca: dal solido Mrs. Parkington è stata realizzata una saga famigliare ambientata a inizio Novecento diretta da Tay Garnett e interpretata da Greer Garson e Walter Pidgeon; da La grande pioggia (di prossima edizione Elliot) l’omonimo film di Clarence Brown del 1939 con Myrna Loy e Tyrone Power e il remake del 1955 diretto da Jean Negulesco, Le piogge di Ranchipur, con Lana Turner e Richard Burton. Ma come molti suoi colleghi del periodo, Bromfield non sembra essere sopravvissuto al tempo e alla modernità e così è caduto nella periferia della memoria insieme ad altri suoi insigni colleghi della levatura di Willa Cather o di Nathanael West, meno popolari dei più celebrati Faulkner, Fitzgerald o Hemingway. Così, dopo essere scomparso in particolare dalle librerie italiane per decenni, finalmente la casa editrice Elliot ha deciso di portare in auge una delle voci più graffianti della letteratura statunitense a cavallo delle due guerre. A inaugurare la riscoperta di Bromfield (Giunti ha pubblicando circa due anni fa Mrs. Parkington), non poteva che essere Autunno (in originale Early Autumn), l’opera che portò il suo autore nel novero dei vincitori del Premio Pulitzer per la narrativa nel 1926 e che arriva a noi finalmente in edizione integrale, in una nuova traduzione (la vecchia edizione Mondadori era alquanto censurata) e tra l’altro con una copertina molto bella e rappresentativa.

Romanzo che fotografa la storia di una ricca famiglia del New England, i Pendleton, da tempo in declino e abbarbicata su quegli ideali di puritanesimo di quella società di stampo vittoriano in versione USA. Sullo sfondo di un mondo che cambia all’inizio degli anni Venti, quelli immediatamente successivi il primo conflitto mondiale, i Pendleton sembrano rimasti indietro, chiusi nella loro dimora polverosa e piena di brutti mobili appartenenti al primo periodo americano, quando il primo avo aveva messo piede nel nuovo mondo gettando le basi per una ricchezza, attraverso il commercio e il contrabbando, che di generazione in generazione li avrebbe resi sempre più ricchi. Ma come in ogni società chiusa, stretta a riccio, provinciale, il germe della ribellione è forte e cresce vigoroso: lo sa bene Olivia Pendleton, quasi quarantenne moglie bella e intelligente dell’ultimo erede della famiglia, che da anni non fa altro che gestire i bisogni dell’intero clan con pazienza e amorevolezza: dal suocero alcolizzato e preoccupato per il futuro del casato alla vecchia zia ciarliera e inacidita da quegli stessi ideali di rispettabilità che tanto decanta, dal marito Anson, uomo di mezz’età dalla bellezza languida precocemente deturpata dalla vecchiaia, che passa l’esistenza chiuso nel suo studio a scrivere una celebrata biografia sulla storia di quel casato all’apparenza senza macchia, alla suocera pazza chiusa in una delle buie stanze della casa, dal figlio Jack, poco più che un bambino, con l’ombra della morte sulla sua testa a causa di una malattia e che con lui porterà alla fine definitiva della discendenza, alla figlia Sybil, bella e voluttuosa per la quale Olivia spera in un matrimonio d’amore lontano da quelle desolate lande di perbenismo. Il destino della donna sembra votato ormai ad un’esistenza molle, sente che ormai tutto è finito per lei, certa che il tramonto della vita sia l’unica cosa che le resti, ma l’arrivo di un brillante e affascinante uomo politico di belle speranze, più giovane di lei, Michael O’Hara – che la famiglia considera un volgare arrampicatore sociale -, un self made man irlandese passionale, vigoroso e sincero, forse un po’ rozzo, risveglierà in Olivia la speranza ormai perduta dell’amore e del futuro.

Autunno rientra perfettamente nei canoni del romanzo borghese attraverso l’analisi sociale dell’epica delle ricche famiglie dell’alta società americana, fra ipocrisie e segreti inconfessabili. L’opera trova ovviamente schemi di paragone con l’opera di un Henry James (pensiamo a Gli europei, Daisy Miller o Le bostoniane) o di una Edith Wharton (in particolare con L’età dell’innocenza), che è stata grande amica di Bromfield. Ma a differenza della Wharton, che scrive il suo capolavoro in tarda età, la crudeltà e la mestizia di Bromfield si rivelano con questo splendido esempio di scrittura già alle soglie dei trent’anni. Il racconto di un mondo che gioca secondo le proprie regole, dove chi non le rispetta è destinato ad essere messo al bando, dove i sentimenti non sono il motore che muove il senso dell’esistenza, ma lo è il denaro e gli schemi preordinati dei comportamenti di una classe precisa. La vecchia America contro la nuova, un mondo in completa evoluzione che si trascina ancora una carcassa moribonda di ideali trasformati in finzione. Bromfield ovviamente svuota il vaso di Pandora di quell’ambiente che nasconde frustrazioni sessuali, tradimenti, abuso di droghe, omosessualità latente, dove la rispettabilità è solo una maschera traballante destinata a cadere. Ma la terribile analisi dell’autore porta ad un altro aspetto molto importante: dietro tutti questi finti moralismi si nasconde la volgarità del denaro, da sempre facente parte del vero metro di giudizio del valore di una persona e/o di una famiglia.

I codici della borghesia sono letti senza ipocrisia, senza giri di parole, con toni anche crudi per l’epoca, in un mondo dove sono le donne a voler ribellarsi ai canoni, alle trappole instillate da paradigmi che si trascinano da troppo tempo, i cui puri ideali si sono trasformati da tempo in finzione. Non a caso la ribelle cugina Sabine si riferisce al vecchio suocero di Olivia come “l’ultimo dei grandi puritani”. E aggiunge: “Non ce ne sono più. Noi non crediamo a nulla… fingiamo soltanto.” Un racconto all’apparenza così lontano nella sua forma, nella sua visione non è mai sembrato così contemporaneo. Questo rende potente l’opera di Louis Bromfield. Per di più perfettamente cesellata in una scrittura elegante, precisa, circolare. Qualcuno potrebbe suggerire che dalla trama non sembra una storia poi molto originale quella di una ricca famiglia borghese in decadenza. Ma a questo punto si dovrebbe dubitare dei cardini della letteratura mondiale e di lavori come I Buddenbrook di Thomas Mann, Madame Bovary di Flaubert, L’età dell’innocenza di Edith Wharton, Casa Howard di Edward Morgan Forster, etc., etc. Può essere possibile?

Autunno
Early Autumn
Autore: Louis Bromfield
Traduttore: Luigi Somma
Casa editrice: Elliot, 2013
Collana: Raggi
Pagine: 256

 



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Category: Libri