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Soffocati dal cemento. Zenobia, cronache di un’Italia in malora : Fuori le Mura


Soffocati dal cemento. Zenobia, cronache di un’Italia in malora





25 febbraio 2013 |



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zeno2Il libro per me inizia con questa frase. E’ nella pagina successiva alla dedica, tra citazioni di Lombroso e di Calvino. Questa, più delle altre, mi spaventa. La frase è stata scritta sul New York Times. Non è solo la consapevolezza d’oltreoceano del nostro fallimento e l’ignoranza di mattanze che sono tutti i giorni sotto i nostri occhi, quanto l’inerzia con cui lasciamo che ciò accada.

Zenobia è un meraviglioso e agghiacciante report sulle stragi causate dalla collusione tra ‘ndrangheta e imprese. Stragi di ogni genere, le cui vittime non si circoscrivono agli operai che lavorano in quei cantieri ma colpiscono le loro famiglie, le famiglie di chi quel lavoro non l’avrà mai perché sceglie di non fare compromessi, le famiglie di chi rimane ucciso in un incidente stradale sulla Salerno-Reggio Calabria, di chi prende strade alternative altrettanto pericolose. Di chi si piega, di chi è costretto ad andarsene. Le vittime di quelle stragi siamo noi che, coprendoci gli occhi, finanziamo uno sterminio.

Salvatore ha 50 anni, reggino. Lavora nel cantiere di Palmi, vicino la sua città. Si occupa della betoniera. Il suo compito è riempire le parti interne del pilone con il cemento. Sono le 20, è tardi. Il piano su cui sta lavorando è una gabbia di legno, la stessa che deve essere riempita di calcestruzzo per fare il pilone. La gabbia di legno cede, il piano si apre sotto i suoi piedi. Salvatore sprofonda nel cemento che lo soffoca fino a morire. Nel libro si raccontano e si intrecciano diverse storie, di Imprese, di magistrati, di imprenditori, di sindacalisti. La vicenda di Salvatore è quella che meglio descrive il nostro stato. In Italia viviamo soffocati dal cemento. Non mi riferisco unicamente all’espansione edilizia che ci divora e che troppo spesso si trasforma in speculazione, ma intendo quell’effetto narcotizzante del capitalismo estremo, la legge secondo cui ogni cosa si espande fino al limite e ogni cosa è sfruttata fino all’osso.

Ci sono espressioni molto mediatiche e molto poco calzanti per descrivere quest’orrore come “cantieri killer” e “infiltrazioni mafiose”, che servono a descrivere una piccola parte del problema e in maniera fuorviante. Gli incidenti mortali hanno una serie di caratteristiche in comune, un leit motiv di morte: le vittime lavorano in ditte subappaltatrici del Contraente Generale. Gli incidenti più gravi avvengono nei territori maggiormente controllati dalla mafia. Gli incidenti avvengono in orari inconsueti. Di notte o all’alba. Perché le imprese subappaltatrici devono fare in fretta per consegnare il lavoro al Contraente Generale. E i sindacalisti? Nel 2007, al termine della più importante inchiesta giudiziaria sulle autostrade denominata Arca si concluse anche “sono accusati in qualità di sindacalisti. Favoriscono l’assunzione di lavoratori del luogo legandoli da un punto di vista clientelare. Garantirono che sui cantieri non vi fossero problemi sindacali”.

E le imprese sono vittime o complici? Michele Prestipino disse “le imprese mafiose interferiscono sul mercato attraverso l’assunzione di manodopera, nelle forniture, nei noli a basso profilo specialistico e tecnologico. Per intenderci se è difficile trovare un’impresa mafiosa che abbia ‘i titoli’ per realizzare le gallerie, il settore del movimento terra è invece più facilmente infiltrabile”. In altre parole le imprese pagano il pizzo in cambio della sicurezza sul lavoro. E’ la famosa “tassa ambientale” che ammonta al 3% che le imprese se vogliono lavorare in quel territorio pagano al boss di turno, spesso un accordo del tutto tacito. Come è risaputo che lavorando su quel territorio l’impresa proviente da fuori, basta anche un paese limitrofo, è costretta ad assumere manovalanza del luogo.

La Salerno-Reggio Calabria attraversa tre regioni ed è al centro di interessi economici enormi. Attualmente sulla A3 lavorano le principali aziende italiane, non solo piccole ditte. Mangano la mette in relazione con il progetto del Ponte sullo Stretto. Sono numerose le analogie tra A3 e il Ponte sullo Stretto di Messina: entrambe società per azioni partecipate al 100% dallo Stato o da enti statali. Da una parte c’è l’Anas, dall’altra la società Stretto di Messina (all’interno della quale la quota societaria di Anas è dell’81,8%). Al vertice di entrambe c’è Pietro Ciucci (presidente Anas). Per le imprese il quadro è lo stesso. La parte terminale dell’autostrada è costruita da Impregilo e Condotte e, carramba che sorpresa, l’appalto per il Ponte lo ha vinto Eurolink, capeggiato dalle stesse ditte.

Una frase riassume perfettamente questo meccanismo: “Cu non voli i pulici non si cucca chi iatti”. “Chi non vuole le pulci non va a dormire con i gatti”. Con questa metafora un mafioso spiega a un imprenditore finito in carcere che se l’è andata a cercare.

Antonello Mangano, un lottatore di razza, è l’autore di questo libro. Fondatore della casa editrice Terrelibere.org e autore di Gli africani salveranno Rosarno.

Zenobia
Autore: Antonello Mangano
Casa editrice: Castelvecchi Editore, 2013
Collana: RX
Pagine: 175
Prezzo: 16,00 €

 



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Category: Libri