Pinocchio
Ci sono fiabe che non ci abbandonano mai. Fiabe che regalano momenti sereni, felici; quegli attimi spensierati che ogni volta ci riportano a uno stadio infantile, primordiale, fatto di ingenuità e allegria, di gioia e di sorrisi. Quelle fiabe che uniscono i cuori e gli stati d’animo di grandi e piccini di tutto il mondo, travalicando ogni barriera di lingua, razza e religione. Una di queste è Pinocchio. È passato oltre un secolo dalla sua creazione, ma la favola di Collodi riesce ancora a catturare l’attenzione di chi non ha mai voluto smettere di raccontare. Una di quelle fiabe che sa durare per sempre, andando al di là di quel tempo e di quello spazio che a volte sembra voler strappare via tutto. Una di quelle fiabe a cui il cinema ha saputo e voluto rendere merito e ricordo. Sono 11 i lungometraggi che dal 1936 a oggi si sono ispirate al celebre burattino; oltre alla celeberrima versione in cartoni animati prodotta dalla Walt Disney Co. nel 1940, ha avuto un netto successo di pubblico e critica la trasposizione cinematografica di Luigi Comencini del 1971 trasmessa a puntate su Rai Uno. Un flop al botteghino e recensito negativamente dalla critica invece il Pinocchio di Roberto Benigni (era lo stesso attore toscano a interpretare il burattino). Pellicole che — tutte, nessuna esclusa — hanno avuto comunque il merito e il coraggio di proiettare su schermo una storia solo in apparenza semplice e lineare, ma in realtà foriera di allegorie sui vizi e le virtù dell’animo umano.
Nel 2013 è al volta di Enzo Alò, autore del successo de La Gabbianella e il Gatto, a intraprendere e portare avanti non senza difficoltà la stesura della sceneggiatura ispirata alla gloriosa fiaba. Come affermato in conferenza stampa dallo stesso regista, ci sono volute diverse riscritture, insieme a Umberto Marino, a partire dal 2000, per trovare la giusta chiave di lettura che potesse giustificare il nuovo adattamento e rendere comprensibile il tono moraleggiante dell’opera originale. Chiave che l’autore ha trovato nel dolore per la morte del padre, decidendo di focalizzarsi sul rapporto padre/figlio.
Nonostante i presupposti “tristi” da cui è scaturita la sceneggiatura originale, il suo Pinocchio è molto meno strappalacrime e introspettivo delle versioni già conosciute. Il loud più alto e la velocità della narrazione mirano senz’altro a offrire una versione contemporanea fin dalla rivisitazione dei personaggi. Il burattino è scapestratissimo, dotato di forte adrenalina e energia a cui Geppetto non riesce a porre un limite, se non quello di subirlo fino a stancarsi. La fatina perde il ruolo materno, per diventare una coetanea, di cui Pinocchio si innamora. Il ritratto più interessante e originale è però dato dalla descrizione della Volpe, che assume, per la prima volta in assoluto, le sembianze di una femmina. Provocante, furba, smaliziata, con fare sexy e saudente: la Volpe è indubbiamente il personaggio più allegorico di Alò, d’altro canto non è da sempre la donna a raggirare, grazie a qualche moina e parolina dolci, l’uomo?
Il Pinocchio degli anni 2000 sorprende per l’elevata cura per il dettaglio, la solarità e la voglia di rendere giovane e fresco un protagonista datato fin dall’adattamento Disney. Un lavoro meticoloso e preciso che si evince dalla scelta di far partecipare alla lunga genesi veri talenti nella propria arte, da Lucio Dalla per le musiche a Lorenzo Mattotti per i cartoni animati. Le sue figure, che non vogliono seguire la moda del 3D, regalano un guizzo di colori e vivacità. Permane intatto lo scopo educativo-didattico, ma leggerezza e allegria rendono la fiaba un bell’esempio di intrattenimento intelligente.
Pinocchio
Regia: Enzo d’Alò
Sceneggiatura: Enzo D’Alò, Umberto Marino
Cast voci: Gabriele Caprio, Rocco Papaleo, Paolo Ruffini, Maurizio Micheli, Maricla Affatato, Pino Quartullo, Lucio Dalla
Produzione: Cometafilm, Iris Productions
Walking the Dog, 2D-3D Animations
Distribuzione: Lucky Red
Data di uscita: 21 febbraio 2013
Category: Cinema