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Giustizia e Letteratura : Fuori le Mura


Giustizia e Letteratura





10 dicembre 2012 |



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Torniamo ad occuparci dell‘opera di Jacques Vergès, controverso personaggio franco-vietnamita, definito il più delle volte l’avvocato del terrore, le restanti, invece, l’avvocato del diavolo. Nomignoli che riflettono la clientela prediletta dal Maitre: si passa da Carlos lo Sciacallo a Klaus Barbie, ma anche per i movimenti che hanno contribuito alla decolonizzazione dell’Algeria.

Una presenza dall’aria mefitica, un’intelligenza brillante ed una capacità d’analisi nettamente sopra la media dei suoi colleghi, sono le caratteristiche principali del personaggio Vergès. Sembra uscito da un romanzo di Dostoevskij: lo immaginiamo a difendere l’innocente ed irruento Dimitrij Karamazov, o ad alleviare il senso di colpa profondamente cristiano del buon vecchio Raskolnikov. Il Maitre potrebbe riportare alla ragione persino il guardiano della porta della legge della parabola kafkiana, se ne avesse l’occasione.

Il bello di Giustizia e Letteratura, in cui Vergès analizza le contaminazioni tra il diritto e la trama di un romanzo, è che l’autore stesso, avvocato di professione, è un personaggio eminentemente letterario, di cui ogni scrittore che si rispetti avrebbe voglia di scandagliare l’anima. Un’operazione che rappresenta il non detto delle fatiche del Vergès saggista, che mette in ballo nientemeno che la sua vita. Conosce se stesso e conosce la legge, cui ha dedicato la sua esistenza. Scava a fondo nelle pieghe del diritto, fino a mostrarne l’intrinseca assurdità. L’ha già fatto in aula, elaborando insieme al collettivo di avvocati dell’FLN l’ormai celebre strategia di rottura. Lo scopo ultimo di questa tecnica di difesa è mettere in scacco l’ordinamento giuridico. Si tratta di portare lo stato alla sbarra, di trasformare l’accusato in accusatore attraverso un curioso gioco di sostituzioni, in cui è fondamentale il ruolo dell’opinione pubblica. Quest’ultima, in un tribunale dai confini sempre più incerti, si sostituisce ai cavilli della giurisprudenza, interrompendo il dibattimento dominato dai soli specialisti.

In questo Vergès assomiglia, come già sostenuto da Jacques Derrida nel suo Forza di legge, alla figura del Grande Delinquente. Questi, nel saggio giovanile di Walter Benjamin Per la critica della violenza , suscita l’ammirazione delle folle perché riesce a dimostrare, seppur per un attimo, che è possibile agire anche al di fuori del circolo onnipervasivo e violento creato dal diritto. Certo si tratta di un fuori legge, di un out of law, di un bandito; mentre Vergès è un uomo di legge che cerca di forzare, dall’interno di un’aula di tribunale, le regole di un gioco che conosce a menadito.

Dopo la pratica nell’aula, c’è dunque la teoria per Vergès, che raccoglie quel tesoro d’esperienza che da avvocato ha accumulato nel corso di una vita piuttosto travagliata. In Giustizia e Letteratura egli mostra come, nella trama di un romanzo, sia sempre la “bellezza del crimine” ad attrarre gli spettatori: dall’Antigone a Delitto e Castigo, ogni storia ha inizio con una trasgressione. In questa lotta tra “Dio e Satana”, come affermato da Dimitrij Karamazov in proposito dell’essenza della bellezza, il pubblico, la folla ed il lettore, vivono emozioni che suscitano fascino e repulsione, simili ai Fiori del male narrati da Baudelaire.

D’altronde ogni processo, per converso, ha una sua trama: ci sono dei protagonisti – le vittime – e degli antagonisti – i colpevoli – ci sono degli uomini che difendono l’ordine – i pubblici ministeri – e quelli che lo subiscono – ancora i colpevoli e gli avvocati difensori che sottostanno alle regole del tribunale. Poi ci sono quelli come Vergès, che provano a cambiare le regole, sapienti narratori che cercano di trasformare l’antagonista nel protagonista: una vera e propria strategia di rottura letteraria. Il processo stesso è quel luogo di metamorfosi: qui un’eroina della levatura morale di Giovanna d’Arco entra in una stanza, assiste ad un dibattimento rituale, ed esce di lì trasformata in una strega eretica. Accendere un rogo su cui purificare le sue carni significa creare uno spettacolo imperdibile per la folla. Questo sordido miscuglio di santo e demoniaco può esser creato solo da un’aula di tribunale o, in alternativa, da un buon romanzo.

Spesso ci si meraviglia che programmi televisivi come Quarto Grado e Porta a Porta siano così seguiti. Ma niente è più rassicurante di vedere un assassino in gabbia – dunque un lieto fine, una minaccia all’ordine sventata – dopo che abbiamo segretamente tifato per lui, dopo che quell’attrazione orribile e profondamente letteraria ci ha riempito le viscere di facili emozioni.

Giustizia e Letteratura
Justice et littérature
Autore: Jacques Vergès
A cura di: Serena Sinibaldi
Casa editrice: Liberilibri, 2012
Pagine: 355
Prezzo: 20 €



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Category: Libri