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Filosofia dei beni comuni : Fuori le Mura


Filosofia dei beni comuni





3 dicembre 2012 |



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“Garantire la qualità e non la massimazione del profitto, le misure economiche vanno subordinate al bene comune”. Che frase giusta, collettiva, adatta ad ogni società moderna. Eppure, non la si trova all’interno delle costituzioni nazionali, bensì nella Carta di Vienna, lo Statuto Comunale della capitale austriaca sottoscritto dal Sindaco, Michael Häupl, del Partito Socialista Democratico e i Verdi (da non associare a semplici ambientalisti). La città, da sempre roccaforte socialista, è dotata di un Ufficio per la previdenza esistenziale, Dezernat feur Daseinsvorsorge (lett. per l’interesse generale) da non confondere con assistenziale, sotto la cui competenza sono presenti i beni comuni come acqua, salute, servizi sociali, smaltimento rifiuti ed istruzione. Sul sito il cittadino può trovare anche un dizionario dei beni comuni.

In questo esempio, qui appena accennato ma vi invito a dare un’occhiata al sito, è concretizzato il lavoro teorico che Laura Pennacchi ha svolto nel suo ultimo saggio. Laureata in Filosofia a La Sapienza, si è perfezionata negli anni in ambito economico e sociale. Dal 1994 è in Parlamento, prima con il partito DS, attualmente con il PD.
Nel 2008, scrive La moralità del welfare, in cui i presupposti indiscutibili del neoliberismo come la destatalizzazione e privatizzazione, vengono presi in analisi critica, scardinandoli, e mettendo in luce quella che deve essere una nuova presa di coscienza dello Stato senza la quale si rischia di mettere in discussione i capisaldi storici della democrazia, l’eguaglianza fra tutti.

Il suo ultimo libro, Filosofia dei beni comuni, può essere inteso come un ottimo sequel del precedente saggio.
Seguendo una linea storica dei cambianti sociali, la trattazione dei beni comuni, sta assumendo lo status di risposta alle politiche neoliberiste. Nessuna forma di antimodernismo, come spiegato nel primo capitolo del libro, ma una soluzione alla catena tripartita che la Pennacchi illustra (nella seconda metà del saggio) con i termini desocializzazione-rinaturalizzazione-depoliticizzazione. Tre processi che nell’ultimo trentennio si sono espansi a macchia d’olio.

Il libro ha un’ampia trattazione filosofica che fa da base ad una seconda parte più politica. D’altronde l’autrice è laureata in filosofia e come ricorda lei stessa, durante la disamina sulla morale umana, Adam Smith prima che economista era un insegnate di filosofia morale.
In questa prima fase, gli intellettuali Illuministi vengono presi particolarmente in considerazione. Da essi, dopo il periodo del feudalesimo, diviene centrale l’essere umano prima in quanto tale e poi come cittadino. Il periodo dei lumi, come è noto, pone le basi per le due rivoluzioni politiche settecentesche, americana e francese, in cui viene posto l’accento sui concetti di uguaglianza, libertà e fratellanza (a quest’ultima viene dedicato un paragrafo ad hoc).

Concetti che nel XX secolo sono andati sempre più messi al margine, probabilmente non volontariamente. L’indebolimento statale, però, in favore di un economia sempre più deregolata e finanziaria, più che reale, ha provocato un cambiamento nelle logiche sociali, tale da accentuare le diseguaglianze del reddito e accessibilità ai servizi.
L’asserzione “Meno Stato più società civile” di Berlusconi, Tremonti, Sacconi, ha mantenuto inalterata la prima parte, annullandone la seconda in favore di interessi privatistici. Tutto ciò è stato anticipato da Inghilterra e Stati Uniti, andando a ritroso, nelle figure di Blair e G.W.Bush, Thatcher e Reagan.

Capitalismo deregolato, neoliberismo, individualismo economico sono oggi rigettati dalle comunità sociali vittime di questi fantasmi che spesso al cittadino sembrano delle entità astratte. Invece, sono concrete, presenti e regolano la vita del singolo e della collettività. 

La catena tripartita teorizzata dalla Pennacchi, viene in questi anni spezzata in parte. La depoliticizzazione e desocializzazione è contrastata da azioni politiche reali. Si pensi agli oltre 5 milioni di italiani che il 12 giugno 2011 hanno votato al Referendum, raggiungendo il quorum. Basti solo questo dato a far riflettere, visto che l’ultima volta che si raggiunse il cinquanta per cento più uno fu per negare il contributo pubblico ai partiti, una questione che metteva le mani nella saccoccia dei cittadini. Nell’ultimo referendum, invece, ci si esprimeva su acqua e nucleare, nulla di immediatamente economico, di risparmio o guadagno, bensì ambiente, patrimonio dell’umanità e green energy. Oltre la metà, come si sa, votò per la salvaguardia di ciò che è pubblico, di tutti.

Per utilizzare un altro schema, teorizzato da Laura Pennacchi, nella consueta dicotomia tra privato e pubblico si aggiunge “comune”. Tale triangolazione diverrebbe un giusto approccio socioeconomico, ratificato dalla democrazia.

 

Filosofia dei beni comuni – Crisi e primato della sfera pubblica
Autore: Laura Pennacchi
Casa editrice: Donzelli Editore
Collana: Saggine
Pagine: VI-186
Prezzo: 17,00 €



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Category: Libri