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Il Novecento Rom (e non solo) secondo Sergio Pretto : Fuori le Mura


Il Novecento Rom (e non solo) secondo Sergio Pretto





8 ottobre 2012 |



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Procediamo per associazione di idee. Pronuncio il termine ‘rom’ ed automaticamente, come un sinonimo, gli si accosta la parola ‘zingaro’, la si declina al plurale e assume uno squallido valore dispregiativo. Allo stesso modo di ‘villano’, l’uso popolare e improprio ha fatto perdere al termine il vero significato, a causa di superstizione, xenofobia e ignoranza che si sono solidificate intorno al popolo Rom tutto.

Il romanzo Novecento Rom di Sergio Pretto è un tentativo arduo per cercare di fare breccia tra luoghi comuni e dicerie a colpi di conoscenza, storia e passione. La firma è autorevole. Giornalista RAI di lunga data, viene introdotto al mondo letterario ancora ragazzino da Pier Paolo Pasolini, che ne diventa sin da subito maestro di vita, più che di scrittura. Nonostante questo sia il primo romanzo di Pretto, i tratti in comune con Pasolini sono rimasti invariati negli anni. L’attenzione per coloro che sono dimenticati dalla storia, un notevole lirismo nella prosa, lo stretto rapporto interpersonale, l’amore per l’umanità, tanto da portarlo a vivere per mesi nel campo di Craiova, in Romania.

L’indagine, la conoscenza, lo scambio culturale hanno portato l’autore a comporre più che un romanzo. Oserei scrivere: un’Enciclopedia Rom in miniatura.

È il 17 dicembre 1989, da qualche giorno i malcontenti dei rumeni iniziano a concretizzarsi e in un quartiere di Timisoara esplode la rivolta che porterà alla caduta della dittatura di Nicolae Ciausescu, addì 22.
Decebal vive nella periferia di Craiova, a sud della Valacchia, nella sua comunità rom.
La sua famiglia è composta dal padre Semplon, la madre Izvoranka e il fratellino Chestor. Ma la famiglia rom, si sa, è numerosa, coesa, non si limita solo ai rapporti di sangue e ha una struttura tribale, dove gli anziani godono di grande importanza, depositari di saggezza e tradizioni. Alla pari le donne hanno il dono di leggere le stelle, le carte, il vento, cogliere i presagi. E le premonizioni arricchiscono il romanzo di poesia, affiancandosi con delicatezza alla fredda storia dell’umanità (il ferimento di Jonela, la fine del nazismo, la nascita del terzo figlio di Decebal)

L’aumento di intensità della rivoluzione dicembrina spinge la comunità rom di Craiova, in particolar modo la famiglia di Decebal, a prendere seriamente in considerazione l’eventualità di partire verso un luogo più sicuro. La motivazione è l’incognita del loro futuro. A livello sociale, soprattutto. I sommovimenti inizialmente non ebbero una chiara identità partitica o programmatica. Erano un misto tra esasperazione popolare e rivolta intestina nei quadri della dittatura, infatti alla caduta di Ciausescu prese il suo posto Ion Iliescu, appoggiato da militari dissidenti. Il rischio era che venendo a mancare la “protezione” della dittatura, il nuovo corso degli eventi li portasse a subire l’intolleranza del resto dei rumeni, in quanto consideravano i rom come ladri e mendicanti (in Romania era il 1989).

Fu la morte di Jonela a calmare le acque dei dubbi dei padri rom e a far prendere la rotta per il largo alla famiglia di Decebal. Jonela era una giovane rom, iscritta al partito comunista. Dal carattere forte, fiero, vestiva le sue gambe con jeans e non con la tradizionale gonna lunga delle loro donne. Entrava spesso in contrasto con gli anziani della comunità durante le riunioni. Ella rappresentava il nuovo. La tradizione rom che si integrava con la modernità. I due aspetti coesistevano, l’uno non assimilava l’altro o viceversa.
Decebal ne era segretamente innamorato, ma più che altro era affascinato dal suo modo di agire e pensare. Questa nuova concezione del popolo rom, gli piaceva.

Da buon romanzo enciclopedico quale è Novecento Rom, c’è sufficiente spazio per apprendere della tragedia, del porrajmos, la deportazione nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale. Il perché e il come dell’imbroglio. Una vera e propria vendita umana, sacrificati per la salvezza della nazione rumena, come se i rom non ne facessero parte, pura e semplice merce.
Ovviamente, non è un semplice aneddoto per accarezzare il cuore del lettore. Fa parte del lungo flashback durante il quale Semplon racconta la storia della loro famiglia, di suo padre Ofiter e sua madre Limpiana. Una lezione di vita che insegna e sprona Decebal e famiglia a lasciare Craiova, per dirigersi verso due mete diverse.

Il giovane si sposterà verso il centro Europa, lungo la via ospite di altre famiglie rom. Giungerà a Francoforte dove troverà, prima, lavoro come pizzaiolo e, poi, l’amore.

Nel suo peregrinare cercherà di mantenere sempre quel modus vivendi appreso da Jonela. E con lo stesso spirito giungerà in Italia, a Roma. La sua strada si incrocerà brevemente con Casilino 900, il campo sgomberato il 20 febbraio 2011 per ordinanza comunale, ma questa è storia recente, la si conosce bene. Decebal è ormai maturo. Il finale non lo svelo, ma da buon capofamiglia, egli iniziò a raccontare.

Non si può imbrigliare una storia millenaria come quella dei rom in un libro. Per di più in un romanzo. Pretto, però, riesce a dare spunti di riflessione su questo tanto criticato popolo e inoltre, come un acido, scioglie le convinzioni contemporanee false e xenofobe.
Il romanzo mantiene un continuo equilibrio tra la dicotomia tradizione-modernità. L’odio esterno si ripercuote sui rom, i quali chiedono solo di essere accettati e allo stesso tempo riflettono sul cambiare dei tempi, su come loro possono interagire con i gagè, senza mai perdere la loro essenza.

 

Novecento Rom
Autore: Sergio Pretto
Casa editrice: Cartacanta
Pagine: 420
Prezzo: 18€

 



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Category: Libri