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Come l’aria | Fuori le Mura

Come l’aria

23 luglio 2012

di

Un doloroso ritratto di identità e immigrazione attraverso la voce di Melinda Nadj Abonji, scrittrice e musicista serbo – svizzera

“Quando finalmente arriviamo con la nostra macchina americana, una Chevrolet marrone scuro, cioccolato si potrebbe dire, il sole batte impietoso sulla città di provincia, ha divorato quasi del tutto le ombre delle case e degli alberi, è a mezzogiorno che arriviamo, allunghiamo il collo per vedere se c’è ancora tutto, se tutto è rimasto come l’estate scorsa e gli altri anni prima.” Questo splendido incipit di Come l’aria, secondo premiato romanzo della scrittrice serbo-ungherese naturalizzata svizzera Melinda Nadj Abonji, racchiude in sé tutta la natura di una storia che fa i conti fra le diverse identità di un’Europa in continuo mutamento, che vorrebbe essere ben ancorata alle sue identità e al suo passato, ma non può più farlo. L’identità e il passato in questo caso sono quelli di Ildikó, nata, insieme alla sorella Nomi in Voivodina, la regione a nord della Serbia dominata da popolazione ungherese, che ha dovuto abbandonare ancora bambina per seguire i genitori in Svizzera, immigrati in cerca di un destino migliore, rappresentato prima da una modesta lavanderia e poi da un’elegante caffetteria sul lago di Zurigo.

L’integrazione con la cultura elvetica sembra ormai una certezza per questa famiglia dai legami solidi, retti e forti lavoratori, ma dietro l’educazione della popolazione locale, i formalismi di una classe sociale ricca e distinta forse si nasconde qualche baccello di intolleranza acuito dalla Guerra dei Balcani all’inizio degli anni Novanta. E quel desiderio di integrazione per tutta la famiglia Kocsis, e in particolare per Ildikó, si trasforma in una consapevolezza dolorosa, che nasconde il disagio di non appartenere più a niente, né ai luoghi delle proprie origini tantomeno al Paese d’adozione. La scrittrice, che trae ispirazione in parte dal suo vissuto e scrive nella lingua d’adozione (il tedesco), non segue una linea narrativa precisa, tantomeno cronologica, sviluppando attraverso il discorso libero indiretto e il flusso di coscienza dialoghi e descrizioni che oscillano nell’arco di circa vent’anni.

È una scrittura estremamente musicale, volutamente confusa quella di Melinda Nadj Abonji, che si avvale anche della sua esperienza di musicista per costruire una narrazione che fa della lingua il mezzo preciso ed essenziale per mettere in evidenza questa confusione identitaria; gli errori, le storpiature linguistiche dall’estetica estremamente poetica indicano un’altra forma d’identità che è quella propria, personale, combattuta, voluta, ottenuta. A caro prezzo.

Nel romanzo anche gli eventi non sono cronologicamente precisi e sono innescati da altre situazioni: i ricordi dell’infanzia in Serbia si alternano alla vita quotidiana svizzera, l’infanzia all’età adulta. La nostra protagonista si sente diversa dai suoi parenti rimasti in patria, dai sui amici svizzeri, dai suoi genitori, onesti e operosi lavoratori. Ed è proprio questo scollamento identitario che domina tutta la narrazione nella quale si concentra una forte malinconia di affetti e ricordi, in particolare verso la nonna paterna Mamika, che generano un rimpianto universale verso la perdita delle proprie radici e del proprio senso di appartenenza.

Sono infatti i ricordi delle estati passate nella patria di origine, le visite alla nonna a generare un ponte fra passato e presente, vecchio e nuovo mondo, a definire che nulla potrà essere uguale a prima, che tutto è diverso… e le cose acquisiscono una priorità differente a seconda di dove ci si trova. Un romanzo che si legge tutto d’un fiato, ricco di sentimenti privati che si amplificano nel ritratto di uno dei momenti più dolorosi della Storia dei Balcani dove, a voler ascoltare il messaggio cifrato dell’autrice, il paradosso è una guerra infame e crudele scatenata sulla scusa di un numero infinito di identità che non ha fatto altro che distruggerle tutte e lasciare orfana così una memoria ricca di storia e di cultura. Una diaspora, ancora oggi come vent’anni fa, dolorosa per coloro che vi erano dentro come per coloro che erano lontani.

Come l’aria
Tauben fliegen auf
Autrice: Melinda Nadj Abonji
Traduttrice: Roberta Gado
Casa editrice: Voland, 2012
Collana: Amazzoni
Pagine: 256
Prezzo: 14,00 €