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The Umbrella Academy, chi ripara l’ombrello dalla tempesta? | Fuori le Mura


The Umbrella Academy, chi ripara l’ombrello dalla tempesta?

9 luglio 2012

di Flavio Camilli

Superpoteri e super responsabilità: una ‘famiglia’ disfunzionale alle prese con il peso di dover salvare il mondo e non saper proteggere se stessa. Dal cantante dei My Chemical Romance, Gerard Way, e Gabriel Bà

Cos’è un ombrello?
Quell’oggetto utilissimo, sulla carta, che ha la funzione di riparare dalle intemperie. E il misterioso potere di rimanere a casa quando scoppiano improvvisi temporali.
Non è così contraddittorio, quindi, che un’umbrella (english version, of course) sia anche il simbolo della scuola meno protettiva della storia del fumetto.
I malcapitati studenti sono 7 bambini speciali: nati assieme ad altri 36 in un punto casuale di un imprecisato anno del ventesimo secolo da “donne single che non avevano mostrato segni di gravidanza”, dotati di incredibili capacità paranormali e adottati dall’inquietante Sir Reginald Hargreeves, alias il monocolo, “scienziato di fama mondiale e ricco imprenditore” nonché alieno spaziale, padrone dell’Umbrella Academy, fermamente convinto di poter/dover salvare il mondo. Addestramenti e battaglie, traumi e sconfitte e l’imprevedibilità della vita in mezzo a disperdere le ultime unioni.

Dopo anni di lontananza, in occasione del funerale del padre adottivo, un despota e un opportunista, ma pur sempre un genitore, Spaceboy è ormai un alieno, corpo di gorilla e mente sopra l’atmosfera, non sa come vivere la vita di tutti i giorni; La Voce cerca la normalità nel divorzio e negli occhi della figlia (per quanto sia possibile se le tue menzogne prendono vita), Kraken combatte i criminali per le strade, un occhio e molti scrupoli in meno di un tempo; Numero Cinque è appena tornato da un viaggio nel tempo durato cinquant’anni o un battito di ciglia, la sanità mentale intrappolata in qualche portale interdimensionale. Horror è morto da un ragionevole numero di giorni perché gli venga dedicata una statua, Medium scherza sempre, anche se le migliori chicchierate se le fa con i morti e Vanya è Il Violino Bianco, rancoroso araldo di un’apocalisse invocata grazie a un archetto e a una spietata melodia. È una famiglia questa?
Tra confronti all’ultimo sangue e all’estrema confessione, legami e arti spezzati, volti e cuori tumefatti, assassinii storici evitati e non, monumenti parlanti e perfino il Vietnam, l’Accademia salverà il mondo svariate volte, mentre gli affetti si logorano (solo in apparenza?) e l’avventura procede all’ombra di quel che avrebbe dovuto/potuto essere.

The Umbrella Academy è uno dei pochi fumetti in cui davvero tutto è sempre possibile: in una manciata di episodi Gerard Way, cantante e fondatore della band My Chemical Romance, scrive di cambiamenti epocali nell’esistenza dei suoi personaggi ancor prima che il lettore possa avere l’impressione di conoscerli. Piuttosto, viene proiettato nel bel mezzo di una storyline che ha fatto a lungo a meno del suo sguardo, impegnato a leggere altro. Si ha l’impressione, infatti, di essere l’imbucato al party di compleanno di un amico del fratello della gemella della zia della nonna, un’inadeguatezza che è in realtà un colpo di genio e l’unica pretesa di verosimiglianza della serie: tutte le persone si incontrano “a un certo punto” della propria e della loro vita. È un capriccio assurdo voler sapere cosa è accaduto prima, almeno quanto prevedere ciò che sarà.

Questa sensazione di non detto, solo parzialmente colmata dall’incedere delle issue, può sembrare un modo per driblare spiegazioni dovute. Può darsi, oppure l’attesa renderà più dolce la soluzione. Per il resto, niente è plausibile: le reazioni dei personaggi sono esagerate, i dialoghi sopra le righe, gli avvenimenti non sempre causalmente concatenati. Così entrambi i volumi risultano freschi, suggeriscono di essere qualcosa di totalmente nuovo nonostante non si faccia mistero degli evidenti debiti come delle trovate originali. Way è a suo agio: crea un universo finzionale personalissimo in cui molte delle caratteristiche del fumetto supereroistico mainstream, di cui sarà sicuramente ghiotto, vengono portate all’eccesso e all’interno delle dinamiche del gruppo. Un piccolo incendio si estremizza in bomba atomica e finisce direttamente nelle budella dei protagonisti. I figli di Hargreeves, cresciuti velocissimamente, non hanno bisogno di nemesi agguerrite: sono loro stessi il nemico, preda della follia o dell’isolamento. Una visione radicale ma credibile del proverbiale “difendere un mondo che li odia e li teme”.

La citazione dagli X-men prima maniera non è un caso: Spaceboy e soci sono segnati dalle enormi aspettative di un professore che predica bene e razzola male sacrificando la giovinezza di bambini amati, mandati alla guerra senza riserve. La diversità è, anche in questo caso, genetica e erroneamente scambiata per superiorità. Tuttavia l’atteggiamento non si traduce in volontà di dominio sul prossimo, ma nella convinzione di non poter essere compresi se non dai propri simili, sfortunatamente gli unici individui da cui col tempo si sono prese le distanze.
La tragicità della premessa, a fasi alterne ripresa nella decennale storia dei figli dell’atomo e con la stessa facilità spesso dimenticata a favore di altri approcci, è invece irrinunciabile nell’opera di Way. Nel tripudio di saturazione l’autore è il primo a non avere pietà né compassione degli eroi: un dio un po’ carogna, divertito dalle disgrazie che infligge o inorgoglito da come, pur acciaccati, i suoi riescono a venirne fuori.

Alle matite Gabriel Bà e ai colori Dave Stewart e il miracolo pop si realizza. Molto più di altre produzioni, The Umbrella Academy deve molta della sua peculiare identità alla coerenza e coesione delle facciata, ai disegni spigolosi e concreti, alle deformazioni anatomiche, alla plasticità dei movimenti e all’imprevedibilità dello storytelling di Bà (perfetto erede per Mignola), e alle tinte piene, quasi cinematografiche, di Stewart, entrambi soggetti a sensibili miglioramenti con il procedere delle vignette.

Che Gerard Way la finisca di gironzolare per il mondo: deve continuare a scrivere. Inchioda la chitarra, Gerard, e brandisci la penna. Cosa accadrà dopo La suite dell’Apocalisse e Dallas (prime due miniserie pubblicate da Dark Horse e riproposte in Italia dall’infaticabile MagicPress)?
Vorremmo davvero saperlo, grazie.
Basta fare la rockstar, potrebbe venir voglia di rimangiarsi le belle parole e affidare tutto alla sospensione del giudizio, ché senza una “fine”, le migliori premesse perdono mordente.

The Umbrella Academy
id.
Autori: Gerard Way, Gabriel Bà, Dave Stewart
Casa Editrice: MagicPress

Vol. 1
La suite dell’apocalisse
Pagine: 180
Prezzo 15,5 €

Vol. 2
Dallas
Pagine: 196
Prezzo: 16 €

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