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Into The Amazing Spider… Webb | Fuori le Mura

Into The Amazing Spider… Webb

2 luglio 2012

di Flavio Camilli

Il reboot di Spiderman non delude: prese notevolmente le distanze da Raimi, nel bene e nel male, si concentra su aspetti meno convenzionali del tema supereroistico. Aggiornamento riuscito, il futuro è intimista

È una delle professoresse di Peter Parker (Andrew Garfield) a esplicitare la chiave di lettura dell’intero The Amazing Spiderman, quando afferma, durante l’epilogo, che l’intera storia della letteratura si basa su una sola trama, una domanda: chi sono io?
Non c’è dubbio che Marc Webb, già regista di quel gioiellino che è 500 giorni insieme, abbia tenuto bene in considerazione quelle parole. Il nuovo Spiderman, ribattezzato “Amazing” come la storica testata da cui prende ispirazione, non è solo un reboot, un rifacimento delle origini del supereroe portato alla gloria nella prima metà degli anni zero da Sam Raimi (soddisfacente, per la verità, solo la prima “puntata”), ma una vera riscrittura. Un esercizio di stile, per scomodare Raymond Queneau, sicuramente riuscito, aldilà di alcuni perdonabili inciampi.

Spiderman è un’icona pop di cui difficilmente si ignora la genesi (morso di ragno radioattivo, agilità, ragnatele, peripezie, morte del padre surrogato, responsabilità, poteri, etc. etc.) tanto che ci si è più volte chiesti, allorché la mitologia di Raimi aveva mostrato palesemente la corda, se ci fosse bisogno di un nuovo capitolo. Probabilmente no, ma ora che “il danno è fatto” quasi c’è da rimangiarsi i mugugni pregiudiziali.

Il cambiamento più significativo è di coordinate: l’occhio di bue è puntato sulle debolezze adolescenziali di Peter e identifica nella sua trasfomazione nello “stupefacente Uomo Ragno di quartiere” la soluzione a queste inquietudini. Mai come nell’interpretazione di Webb e soci il potere è correlato alla crescita, all’assunzione di responsabilità, alla comprensione del valore dell’altruismo in antitesi alla mera soddisfazione di una vendetta personale, alla tragicità di tenere lontani gli amati per il timore di vederli coinvolti, alla ricerca del proprio posto nel mondo, della propria identità.
Pur non rinunciando totalmente alla vena comica del personaggio, il Peter Parker di Webb deve necessariamente essere ritratto nelle sue caratteristiche più drammatiche, forse parzialmente lontane dal nerd perdente degli anni ’60 inventato da Lee e Dikto, ma sicuramente più vicino ai nerd di questi anni in cui anche l’emarginazione adolescenziale ha cambiato volto. L’evoluzione del character, dunque, è ben argomentata a partire dal focus sulla perdita dei genitori: per quanto adorabili e retti, zia May (Sally Field) e il mai troppo compianto zio Ben (Martin Sheen), sono dei sostituti il cui amore incondizionato non basta a tacere il senso di abbandono e inadeguatezza, inevitabilmente tradotti in rifiuto del mondo, della socialità e delle convenzioni ben prima che questi possano ferire a loro volta. Peter, in questo senso, è un adolescente stereotipato e quantomai realistico, tanto nella rabbia incontrollabile che lo contraddistingue, quanto nell’entusiasmo che la annienta (poetica e simbolica a tal proposito la scena delle evoluzioni sullo skateboard con la bellissima Til Kingdom Come dei Coldplay in sottofondo).

In The Amazing Spiderman a mutare è soprattutto il mood, l’approccio al tema supereroistico, per certi versi fortunatamente trascurato. Webb non vuole una pellicola fumettosa, piuttosto fumettistica. Allontana l’estetica pop inseguendo la mimesi e la verosimiglianza; opera un intelligente rinnovo del franchise trasportando i criteri del linguaggio della nona arte (immediatezza della comunicazione, sintesi visiva) al cinema.

Dimostra, inoltre, di conoscere le tendendenze e la storia del fumetto statunitense: nonostante la politica di continuo rilancio delle due major Marvel e DC – che impoverisce molte produzioni con grandi potenzialità – negli ultimi venti anni i comics sono innegabilmente andati incontro a una progressiva drammatizzazione e perdita d’ingenuità evidente nella volontà autoriale di approfondire i caratteri e le sfaccettature psicologiche.

Fatto salvo il fisiologico rimaneggiamento degli elementi portanti delle origini di Spiderman, la fedeltà ai principi ispiratori e ai leit motiv della controparte cartacea è assicurata e anzi apprezzabile proprio per l’originalità attraverso cui è esercitata
: ad esempio, non sono importanti le circostanze della morte di zio Ben, quanto il fatto che Peter avrebbe potuto facilmente evitarla; si individuano i punti d’approdo, riservandosi una certa libertà superficiale nel tracciare le strade che vi conducono.
Per lo stesso motivo la nemesi paterna e l’amore conflittuale sono mantenuti ma diversamente incarnati: fuori Norman Osborn (sarebbe stato davvero difficoltoso confrontarsi con la bella interpretazione di Willem Dafoe) e la non rimpianta Mary Jane Watson di Kirsten Dunst, dentro il troppo blando villain Lizard (Rhys Ifans), alterego rettile dello scienziato Curt Connors e purtroppo triste eccezione alla regola che vuole la grandezza degli eroi proporzionata a quella dei propri nemici, e la graziosa ma decisa Gwen Stacy (Emma Stone), parzialmente vendicata rispetto all’ultima desolante trasposizione in Spiderman 3.

Il film, comunque, non è esente da difetti: la recitazione, seppur di buon livello (molto adatto Garfield), è generalmente sottotono, l’eccessivo concentrarsi su azioni e reazioni del protagonista proietta un’ombra troppo ingombrante sugli altri personaggi, qualche forzatura di troppo nella sceneggiatura fa storcere il naso, gli effetti speciali sono gradevoli ma non stupiscono (per scelta o per budget?) e il 3D è davvero superfluo. Tuttavia The Amazing Spiderman rimane un ottimo cinecomic perchè sa capire e carpire l’essenza tragicomica dei fumetti di supereroi, perché inscena con delicatezza e senza pretese eccessive il passaggio dall’infantile infatuazione per le grandi possibilità del potere all’adulta consapevolezza della sua connessione con i doveri, perché non si inchina alla spettacolarità sterile più del necessario e riesce a rendere credibile e originale, anche se non indolore (ma crescere fa male), il viaggio dalla vignetta all’inquadratura.

Immagine anteprima YouTube
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The Amzing Spiderman
Regia: Marc Webb
Sceneggiatura: James Vanderbilt, Alvin Sargent, Steve Kloves
Cast: Andrew Garfield, Emma Stone, Rhys Ifans, Denis Leary, Campbell Scott, Irrfan Kham, Martin Sheen, Sally Field
Produzione: USA, 2012
Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia
Durata: 136′
Uscita: 4 luglio 2012
Sito ufficiale

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