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Tsamina mina zangalewa: it’s time for Africa | Fuori le Mura

Tsamina mina zangalewa: it’s time for Africa

28 maggio 2012

di Nicolamaria Coppola

Il Continente Nero è una fucina di idee per il fashion design. Sono tanti gli stilisti e i marchi emergenti da ricordare e sono diverse le capitali della moda nella culla dell’umanità

Due anni fa Shakira ne aveva esaltato la voglia di riscatto e di rivincita dopo secoli di sfrenato colonialismo europeo nella celebre canzone che fece da colonna sonora ai Mondiali in Sudafrica. “Le persone stanno alzando le loro aspettative”, cantava la giovane colombiana davanti a milioni di persone durante la cerimonia di apertura dei giochi, e urlava, sculettando a ritmo di musica, “è arrivato il momento per l’Africa”, quasi a voler sottolineare la necessità, per il Continente Nero, di cominciare un nuovo corso storico tutto in ascesa. Per estensione del territorio l’Africa è il terzo continente dopo l’Asia e l’America, è costituito da 54 Stati indipendenti dei quali l’Algeria è il più grande mentre quello più piccolo sono le Seychelles. “Tutti dovrebbero visitare l’Africa”, sostiene Ozwald Boateng, acclamato fashion designer anglo-ghanese nonché attivista dai numerosi riconoscimenti. “Vi è ancora una grande percentuale di persone che pensa che l’Africa sia un Paese e non un Continente”, ha dichiarato lo stilista a Vogue. “La percezione sottintesa è che la gente stia morendo di fame e che tutti gli africani siano malati di Aids. Queste sono le immagini che vengono mostrate al mondo. Ciò che nessuno dice, invece, è che il Continente possiede il 50% delle risorse naturali nel mondo e che, in sostanza, l’Africa è il più ricco Continente del Pianeta”.

Quando si parla di moda si pensa subito alle blasonate sfilate di prêt-à-porter di Milano, New York e Parigi, si pensa immediatamente a stilisti del calibro di Giorgio Armani, Valentino, Christian Dior e Chanel e si osanna il Made in Italy e la sartorialità italiana. Nessuno si è mai soffermato, per esempio, sugli elementi che influenzano le collezioni dei couturiers internazionali e sulle idee dalle quali essi traggono la loro ispirazione. È opinione diffusa che oltre al Made in Italy e alla moda occidentale non esistano altri brand né stilisti provenienti da altre parti del mondo né Settimane Internazionali  della moda oltre a quelle note ai più, ma in Africa, in Asia e nel Sud America la creatività rappresenta un importante motore da sfruttare, capace di muovere idee e capitali. Da sempre l’estetica del Continente africano influenza i grandi stilisti: il direttore creativo di Burberry Prorsum, Christopher Baily, per esempio, per la sfilata uomo di questa stagione si è ispirato fortemente all’Africa e alla sua cultura. Se lo stile di questo Continente è stato per tanti una grande fonte di ispirazione, non si sa molto della moda africana vera e propria. Basta poco, però, per scoprire quanto sia incredibilmente fervente, con una grande quantità di brand e designer, realtà sostanzialmente piccole ma in pieno sviluppo.

Nel giro di pochi anni molti stilisti africani hanno conquistato il fashion system ispirandosi alla cultura del loro Paese e facendo conoscere a tutto il mondo le ricchezze dell’Africa, dalle stampe caleidoscopiche ai ricami più pregiati. Oggi la priorità di questi designer è quella di espandersi, permettendo al Made in Africa di rappresentare appieno le eccellenze locali fatte di abilità, pazienza ed entusiasmo. In molti concordano sul fatto che la moda potrebbe rappresentare una delle chiavi di svolta di questa terra: John Atta Mills, terzo Presidente della Quarta Repubblica del Ghana, Jonathan Goodluck, Presidente della Nigeria, Janet Kataaha Museveni, First Lady dell’Uganda, Sylvia Nagginda, Regina di Buganda e lo stesso Ban Ki-moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite, pensano che ridare energia alle tradizioni tessili del Continente potrebbe significare veder realizzato il successo dell’Africa. Santa Anzo, firma del brand Arapapa, ha introdotto nel 2003 la “Fashion Week Uganda”, un progetto internazionale mirato a sviluppare e potenziare il settore della moda e del tessile nel Paese, mentre Tsoseleto Magang e  Mpho Kuaho, designer del Botswana, lo scorso anno hanno istituito la “Colour in the Desert”, la settimana annuale della moda del loro Paese i cui principali scopi sono la condivisione e il networking.

“La mia moda è autenticamente africana”, ha dichiarato con orgoglio Stella Mercy, designer ugandese affermata in patria. Stella ritiene che l’arte debba poter spiegare la cultura di un popolo e attraverso le sue opere questa giovane artista sta cercando di mostrare al mondo il vero volto del suo Paese. Stella ha disegnato abiti per molte celebrità ugandesi e ha organizzato sfilate per raccogliere fondi per l’ospedale di Kampala. Le sue collezioni sono complete e comprendono outfit sia da giorno che da sera in cui si nota una grande ricerca per i tessuti rigorosamente africani. Gli stilisti Wambui Njogu e Carol Wahome nel 2002 hanno fondato il loro brand Moo-Cow col quale si sono imposti nel loro Paese, il Kenya, come designer all’avanguardia ma in grado di coniugare tradizione con nuovi materiali e tecniche. Nel loro curriculum ci sono la “Fashion Week di Città del Capo” e il “Fafa”, Festival for African Fashion and Arts che si tiene ogni anno in Kenya. La designer Patricia Mbela, vincitrice nel 2011 dell’East African Design Award, ha disegnato le uniformi della Kenya Airways. Le piace “mescolare la (sua) conoscenza dell’Occidente con i tessuti africani” perché alla fine “è un melting pot di culture”. La ghanese Nina (in onore di Nina Ricci) Baksmaty ha creato nel 2010 il suo marchio Koshie 0: i capi e gli accessori sono realizzati a mano in un laboratorio di Accra, con grande attenzione per i dettagli e una predilezione per le forme sinuose. Anche qui i tessuti coi motivi tradizionali sono imprescindibili, ma l’aspirazione e quella di giungere a una mediazione tra elementi tradizionali e le tendenze occidentali.

L’Africa è una fucina di idee e un crocevia inarrestabile di tradizioni e culture; questo Continente sta dimostrando di poter stare al passo con l’Occidente e di poter competere con la creatività di Dolce&Gabbana e con la qualità di Laura Biagiotti. Shakira sarebbe davvero contenta di urlare “Tsamina mina zangalewa, ci siamo: questo è davvero il momento per l’Africa”.

 

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