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Soccorso in rosso | Fuori le Mura

Soccorso in rosso

28 maggio 2012

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Tra le macerie emiliane avanza una discutibile riforma della Protezione Civile

Molti di noi si ricorderanno a lungo di questo sciagurato fine settimana di maggio. Due giorni segnati dalla violenza in tutte le sue forme: quella umana nell’ancora indecifrabile attentato di Brindisi e quella della natura che ha sconvolto l’Emiliano con una serie di terremoti, dove nel lento sbriciolarsi della torre dell’Orologio di Finale Emilia si potrebbe riconoscere l’icona della nostra fragile Italia. Perché in un paese da parecchio, troppo tempo con i nervi a fior di pelle coincidenze di questo tipo sono come il sale sulla ferita e solo il pronto intervento dello Stato può impedire che l’equilibrio venuto a mancare produca conseguenze ancor più devastanti.

Parlando soprattutto delle calamità naturali le istituzioni non possono certo sanare tutte le ferite, quelle interiori e a volte neppure quelle materiali se si considerano i numerosi casi di sfollati che attendono da anni (se non decenni!) una sistemazione definitiva. Ma è pur sempre un conforto per le vittime dei disastri, che senza gli aiuti e le agevolazioni che gli vengono accordate non avrebbero granché possibilità di riprendersi. Le cose tuttavia sembrano destinate a cambiare, in peggio.
Il caso vuole che alcuni giorni prima del terremoto in Emilia sia stato pubblicato il decreto n.59 sul riordino della Protezione Civile, che proprio a causa della catastrofe ha attirato immediatamente su di sé molta attenzione e un fiume di polemiche e d’indignazione sulla stampa e i social network. La suddetta riforma contiene infatti più di un aspetto controverso, il principale dei quali sarebbe l’interruzione dei risarcimenti statali per spostare l’onere della ricostruzione direttamente sul cittadino attraverso la sottoscrizione di una relativa polizza assicurativa.

E lo Stato che fine fa in tutto ciò? Secondo la riforma il suo intervento sarà circoscritto nei primi cento giorni (nello specifico 60 giorni, più altri 40 di proroga), dopodiché viene a decadere lo stato d’emergenza e la parola passa agli enti locali che avranno facoltà (una volta era obbligo) di reperire nuovi fondi con un aumento delle accise sulla benzina fino a 5 centesimi. Sarà comunque il cittadino a sobbarcarsi il costo maggiore con una polizza che secondo le prime stime ammonterebbe a 100 euro all’anno per immobile. Sono in pochi però a credere che le compagnie assicurative si accontentino di una cifra così irrisoria, specialmente nelle zone considerate a rischio, a meno di non imboccare la strada del fallimento. Lasciando quindi agli abitanti la scelta tra lo stipulare contratti a dir poco proibitivi o sperare che non si ripeta mai più un evento simile. Un vero dilemma.
Per il momento il nuovo sistema non è ancora entrato in vigore, essendo previsti 90 giorni di regime transitorio perché manca ancora un regolamento che disciplini il settore assicurativo in materia. Intanto per rassicurare gli emiliani il governo si è impegnato a rimanere anche dopo la scadenza dello stato d’emergenza, forse l’ultima e dovuta eccezione prima di un cambiamento giudicato da buona parte dell’opinione pubblica come un atto semplicemente iniquo.

A chi chiede spiegazioni viene risposto che non ci sono più i fondi e che il governo non si può permettere anni di sprechi com’è avvenuto in altre sciagure simili. Eppure per un cittadino che sente il costante aumento della pressione fiscale è difficile trovare un senso in questo discorso. Non capisce allora a cosa servano i suoi sacrifici se i diritti e servizi, persino quelli più fondamentali, che sperava di mantenere con essi vengono ugualmente meno. Che senso ha allora per lui uno Stato che chiede tanto e restituisce poco?

Se non vi fosse stata una tragica coincidenza degli eventi probabilmente non sarebbe scoppiato nessun caso sulla Protezione Civile, non immediatamente almeno e magari a riordino già completato. Forse è anche questo a rendere la faccenda più indigesta per il pubblico e a mettere in imbarazzo un governo già impopolare a causa di decisioni analoghe. La tragedia invece di unire diventa l’ennesima occasione per dividere: non proprio il genere d’attenzione che chiedono i poveri emiliani.

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