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Contest di graffiti a Casapound, lo sdegno dell’hip hop: “Giù le mani dal writing” | Fuori le Mura

Contest di graffiti a Casapound, lo sdegno dell’hip hop: “Giù le mani dal writing”

28 maggio 2012

di Eleonora Pochi

Il movimento neofascista promuove i graffiti al servizio della politica, ma i writers non ci stanno e contestano a colpi di spray

Un anno fa il movimento presieduto da Iannone organizzò il primo contest di street art fascista, che suscitò lo sdegno della totalità dei writers capitolini, i quali si riunirono in una grande  jam di protesta. Lo scorso 26 maggio, Casapound ha riproposto l’iniziativa, questa volta annunciandola esclusivamente attraverso un volantino, evitando di divulgare un comunicato stampa. Evidentemente, la nota pubblicata l’anno passato suscitò fin troppo scalpore: “Se quando lo fa Bansky è arte e quando lo fai tu è degrado, se vuoi avere voce in capitolo e metodi di espressione, passa allo stadio superiore e unisciti a noi”. Sarebbe, tra l’altro, interessante capire a quale stadio superiore si allude. “Per chi non ha una crew, ma ha i camerati” era uno degli slogan che promuovevano un reclutamento di camerati attraverso l’arte, spronandoli a partecipare fissando un premio di circa 300 euro. D’altra parte, la risposta dei writers non s’è fatta attendere neanche quest’anno. Gli artisti hanno dipinto la lunga murata di piazzale Pino Pascali a Roma, sostenuti dal rap di varie crew ed mc arrivati nella Capitale per sostenere la jam, che hanno accompagnato con un concerto la giornata. “Abbiamo scelto di organizzare quest’evento – spiega il writer Paolo Colasanti, in arte Gojo – per manifestare il nostro dissenso verso ciò che sta tentando di fare Casapound. L’hip hop non farà la fine dell’oi! o degli skin, questioni di cui si sono appropriati, travisandole. L’hip hop non è rappresentato da una bandiera, tantomeno da quella di Casapound – sottolinea Paolo – che fino a poco tempo fa classificava noi writers come vandali.  Ha addirittura sottoscritto campagne contro i graffiti, definendoli una forma di degrado urbano. Ora che va di moda, organizza i contest”.

Non si tratta di visione politica, ma d’incompatibilità di intenti. Il cardine della questione è se un movimento di estrema destra possa appropriarsi così volgarmente delle discipline costituenti l’hip hop.  Sarebbe bene chiarire anzitutto cosa c’è alla base dell’hip hop, e quindi del writing, del rap e del resto. “L’hip hop nasce nei ghetti statunitensi – sottolinea D. Skills, mc e dj – ripercorrendo, in diverse condizioni sociali, le origini del Blues. Una musica per esorcizzare la crudeltà dei potenti, che fa divertire ma al tempo stesso fa riflettere. Ed è proprio per la forte componente afroamericana che ha generato l’hip hop – spiega Daniel -, che non può avere nulla a che fare con Casapound e con chi paradossalmente rivendicava la superiorità della ‘razza ariana’. Lo sdegno che la gente nera comunicava tramite l’hip hop verso i politici tutti, non ha bandiere e quindi tuttora non può essere strumentalizzato da alcuna parte politica.”
Nel 2001 è stata presentata alle Nazioni Unite la Dichiarazione di Pace dell’hip hop, un documento che lo riconosce come “cultura internazionale il cui obbiettivo è la diffusione di pace”. Attraverso diciotto principi, la dichiarazione spiega come sostenere e mantenere un atteggiamento consono verso ciò che rappresenta l’anima del movimento underground. “Hip Hop è un termine che descrive la nostra coscienza collettiva, in constante evoluzione. Si esprime attraverso elementi quali breakdance, mciing, writing, djing, beatboxing, la moda di strada, il linguaggio, la cultura di strada”. Un documento che evidenzia la manifesta contraddittorietà con la linea di pensiero adottata dai militanti di Iannone. “L’hip hop si impegna a non ledere la dignità e rispettare la vita di ogni essere umano. La dignità e l’inviolabilità della vita sono fondamentali e vanno rispettate senza discriminazioni o pregiudizi”.

Writer in piazzale Pino Pascali ( pics by Simone Ferrantini)

Dietro uno spray, un giradischi, un cappellino new era, ci sono chiari capisaldi: “La comunità hip hop esiste come cultura internazionale basata sul riconoscimento di tutte le razze, tribù e religioni ed prende vita da molteplici ambiti culturali, tutti impegnati a stabilire e a sviluppare la pace”.
Cosa c’entra Casapound con questo movimento culturale, che fa quadrato attraverso il ripudio di ogni forma di violenza, razzismo e intolleranza? La rivoluzione espressa attraverso il writing è pacifica e vive attraverso le bombolette, che non potranno mai essere accostate alle mazze con cui i fascisti del terzo millennio praticano il loro squadrismo. Somiglia alla storia del bambino capriccioso che scruta dalla vetrina un oggetto a lui inappropriato, ma che vuole a tutti i costi. Sarà che sono talmente viziati dall’amministrazione comunale da volersi appropriare proprio di tutto?

 

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