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Io e te di Bernardo Bertolucci | Fuori le Mura

Io e te di Bernardo Bertolucci

25 maggio 2012

di Giovanna Barreca

Dalla solitudine che imprigiona, alla rinascita che può far soffrire e provocare lividi ma è apertura alla vita. Bernardo Bertolucci porta fuori concorso a Cannes 2012 la storia di Lorenzo e Olivia, due giovani che devono trovare la forza di immergersi nel mondo.

Bernardo Bertolucci finalmente sta bene dopo un’operazione sbagliata che lo aveva costretto ad un lungo periodo di degenza e all’uso della sedia a rotelle. L’autore è tornato dietro la macchina da presa per Io e te, presentato fuori concorso al Festival del cinema di Cannes. Bertolucci è felice di confrontarsi nuovamente con delle storie emozionanti che tornano su alcuni temi cari alla sua poetica: l’adolescenza, la ribellione, lo sguardo disincantato sul presente. Crediamo che il suo ritorno sia la prima bella notizia da dare anche perché lo stesso regista – a Cannes per la prima volta nel 1964 con Prima della Rivoluzione, all’interno della Semaine de la Critique – ha confessato che la Palma d’oro alla carriera dell’anno scorso gli ha regalato nuovamente, sua affermazione: “la voglia di buttarmi nuovamente in pista”. Per farlo è ripartito dall’Italia (non girava in italiano da trent’anni), da una storia ambientata a Roma che, come per Il conformista, è la trasposizione di un romanzo (in quel caso di Alberto Moravia)*.

Niccolò Ammaniti scrisse Io e te con un finale tragico, Mogol trent’anni fa scrisse le parole di Ragazza triste, ragazzo triste, versione italiana della lirica Space Oddity di David Bowie. Entrambi gli elementi, in egual misura, hanno portato alla scrittura e la messa in scena del film. Una pellicola sulla volontà di un ragazzo, Lorenzo (Jacopo Olmo Antinori) di estraniarsi da una società che lo esclude perché – secondo il giovane – non lo ama e dove “Niente vuol dire niente”, come afferma con convinzione al suo psicologo (Pippo Delbono). Lorenzo vuole star fuori dal mondo/vita ma, amando molto la sua famiglia, non vuole farli preoccupare. Così si inventa che passerà una settimana sulla neve con i compagni di classe e invece si nasconderà nella cantina di casa, locata nel seminterrato del palazzo. La sua ricerca di solitudine dovrà scontrarsi con il dolore che cova nel cuore di Olivia (Tea Falco), sua sorellastra, artista brillante rifugiatasi per anni nella droga perché “quando ti fai nessuno può farti del male”. La ragazza scopre per caso il nascondiglio del fratellastro e avendo bisogno di un posto dove dormire, gli impone la sua presenza.

Il film è il racconto della loro settimana nel bozzolo-cantina, dalla quale usciranno cambiati. Olivia, a differenza di Lorenzo, quando entra ha già iniziato un percorso di ‘rinascita’ e lo spettatore lo può intuire in una sua battuta, successiva a quella riportata prima sulla droga, quando afferma: “Ma mica è una bella cosa! Non lo è perché diventi indifferente a tutto”. Il percorso di Lorenzo invece inizia grazie alla forza della ragazza che lo esorta a non aver paura di cadere: “Se qualche volta caschi non succede nulla. Guarda me, sono tutta un livido”.

Non è una cosa bella non vivere. Sta proprio nel cadere e poi sapersi rialzare la crescita interiore di ogni individuo. Lasciare che il tempo scorra sperando che nulla di bello (e quindi anche di brutto) accada non è vita.
Bertolucci si immerge e lascia che lo spettatore lo segua – attraverso lunghi piani sequenza – nell’universo di Jacopo e Olivia, li pedini, si spaventi, si confronti e si diverta insieme a loro. La regia è attenta nel gioco di contrapposizioni che vuole esaltare seguendo Lorenzo, poi Olivia e poi l’attrazione emotiva che li coinvolge reciprocamente nello spazio claustrofobico di una cantina composta di ogni confort – dal bagno allo scaffale per tenere le provviste, ai letti e vestiti – ma dove tutto è metaforicamente precario e preso in prestito. Interessanti anche i significati che Bertolucci attribuisce alle due “uscite”: Lorenzo che va a recuperare dei sonniferi per far uscire la sorella dalla crisi e quando, per fame, insieme salgono a casa dove la madre di Lorenzo dorme. I ragazzi, nelle due occasioni, possono confrontarsi con l’ostacolo più insormontabile della loro crescita: la famiglia e i contrasti inrisolti che li rendono così inquieti.

Inoltre Bertolucci torna a legare indissolubilmente la sua visione per immagini a testi musicali tanto che afferma: “la cosa bella dei musical è che le virgolette che si aprono permettono tutto, quella libertà di dire cose che con le parole suonerebbero banali, ma con la musica acquistano nuovo spessore”. Infatti Io e te non è un musical ma solo con la musica, durante un ballo a due sulle parole di Mogol, i due ragazzi riconosceranno le loro reciproche solitudini, la visione finalmente delle loro reciproche ‘bestie nere’ che gli permette di prendere coscienza della loro non-solitudine, tanto da capire di poter ricominciare. Alla fine Jacopo, in un fermo immagine che chiude il film, sorride e guarda in macchina. Nella sua speranza c’è tutto Bertolucci.

Io e te
Regia: Bernardo Bertolucci
Sceneggiatura: Niccolò Ammaniti, Umberto Cantarello, Francesca Marciano, Bernardo Bertolucci
Cast: Jacopo Olmo Antinori (Lorenzo), Tea Falco (Olivia), Sonia Bergamasco (Arianna), Veronica Lazar (la nonna), Tommaso Ragno (Ferdinando), Pippo Delbono (lo psicologo)
Produzione: Italia, 2012
Durata: 97′
Distribuzione: Medusa

*Sarebbe stato interessante chiedergli come è cambiato il suo rapporto con gli scrittori dei romanzi dai quali trae le sue sceneggiature dato che nell’ottima intervista rilasciata ad Adriano Aprà l’anno scorso (inserita nel dvd de Il conformista, rieditato in dvd da Raro video) dichiarò di non aver voluto Moravia tra gli sceneggiatori e di avergli detto che avrebbe dovuto tradire il suo romanzo per portarlo al cinema. Per Io e te invece vuole tra gli sceneggiatori l’autore Niccolò Ammaniti, col quale ha concordato il cambio di finale per il film.

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