Un libro d’inchiesta sulle ragioni che hanno portato alla letteratura mondiale
“Un libro per chi ama la letteratura”. La lapidaria frase, sul retro copertina de L’angelo letterario (Cavallo di ferro) di Eduardo Halfon, coglie alla perfezione l’essenza del testo. Uno scritto, in oltre 150 pagine, che nasce dall’idea di uno dei migliori scrittori sudamericani contemporanei, di indagare le ragioni e le situazioni che hanno portato i grandi autori della letteratura internazionale alla penna. Lo si fa, in quattro tempi, mutuando – questa, forse, la più grande ricchezza conservata nel testo – dalle frasi che, quegli stessi autori, hanno vergato per spiegare il magico momento del contatto con l’angelo letterario. Una figura, questa, irreale ed evanescente che, alla fine, rappresenta la stessa creatività che ha impattato con le grandi esistenze di scrittori del calibro di Herman Hesse, Raymond Carver, Ernest Hemingway e Vladimiri Nabokov. Autori, maestri della penna che, nel libro, sono attorniati dalle esperienze vissute da tanti altri mirabili scrittori, nel mondo.
“La realtà non era mai sufficiente: mancava la magia”. Eduardo Halfon sceglie questa frase di Herman Hesse per aprire il primo blocco dello scritto, intitolandolo appunto “mancava la magia”. In questo momento dell’indagine, infatti, Halfon parte dal passato, quello che è appartenuto a Hesse, e ad altri autori, prima di incontrare la scrittura. In questo senso, il pensiero maggiormente diffuso, e offerto al lettore, è che si scriva per l’insoddisfazione derivata dal proprio vissuto e per compiere il grande miracolo di stravolgere la realtà. Herman Hesse, appunto, racconta Halfon, “vuole diventare un mago perché la realtà gli sembra una convenzione ridicola degli adulti. Vuole trasformarla”. La penna, in questa prima sezione, dunque, è lo strumento della fantasia che divenne l’arma di Augusto Monterroso, Sylvia Beach, Ezra Pound, Gertrude Stein e Fëdor Dostoevskij, pure citati nelle prime 30 pagine.
“L’unica cosa che devi fare è scrivere una frase vera”. Ernest Hemingway conduce il lettore de L’angelo letterario in questo terzo momento, quello in cui, cioè, tutti gli autori protagonisti del libro passano all’azione, segnano, nella propria vita autoriale, finalmente, un vero inizio. “Sono diventato scrittore – racconta Horacio Castellanos Moya, autore che fece la conoscenza della lirica attraverso i testi di Bob Dylan e la sua musica – il giorno in cui ho venduto la mia chitarra per potermi comprare una macchina da scrivere”. Nelle pagine di questa sezione, poi, si seguono le vicende, a Parigi, di Ernest Hemigway e si riflette sul significato di “scrivere bene”. Un concetto che, a parere di Halfon, molto differisce dal saper scrivere, nel senso di conoscere le regole della scrittura. Una riflessione che mutua da un brano, vergato da Truman Capote, illuminante. “All’inizio è stato molto divertente. Non lo è più stato quando ho appurato la differenza tra scrivere bene e scrivere male, e poi ho fatto un’altra scoperta, ancora più allarmante: la differenza tra scrivere bene e la vera arte”.
Procedendo nell’indagine, passando per la sezione dedicata alle “strane amicizie”, come influenza di ogni scrittori, si aggiunge alla discussione, intavolata fino a questo punto, l’importanza della dote. “Credo di essere nato così – scrisse Nabokov – un genio precoce, un wunderkind”. C’è, fra gli elementi che accomunano i grandi scrittori, con l’insoddisfazione della realtà e la voglia di scrivere bene anche il saperlo fare, come bagaglio proprio, innato. E così, ci racconta Halfon, Pablo Neruda scrive poesie d’amore, già in tenera età, al posto di un compagno di scuola, con il risultato che la bella corteggiata dona la sua mela cotagna a lui e non al vero innamorato. Un genio, poi, corroborato, in quasi tutte le esperienza, dalla vasta conoscenza dei grandi autori, definiti, nel testo, “indispensabili”: Omero, Catullo, Ovidio, Chaucer, Dante, Flaubert, Stendhal e Harry James.
Il cerchio si chiude quando, superata abbondantemente la centesima pagina, Halfon torna all’angelo letterario, cercando, una volta scandagliati tutti gli elementi utili, di rispondere a una semplicissima domanda: perché, dunque, si scrive? La risposta arriva forse tra le righe, ma mai in una (ardita) definizione delle ragioni dello scrittore. Il testo porta con sé e al lettore molte buone idee, molti nomi, un bel bagaglio per chi si sta facendo la stessa domanda nella propria vita. Un libro frammentato: un po’ diario, un po’ romanzo, un po’ autobiografia, che, alla fine e più di tutto fa venire una gran voglia di leggere. “Le persone entrano ed escono dalla letteratura senza sapere perché. E forse il semplice fatto di chiederselo è avvicinarsi troppo al sole, perché la ragione non potrà mai capire le manifestazioni di uno spirito estetico. Mai. Senza chiedere permesso né perdono, l’angelo letterario si affaccia, ci eleva in modo effimero verso alcuni paradisi e ci trascina verso i nostri stessi inferni, è questo è tutto, e al diavolo”.
L’angelo letterario
El ángel literario
Autore: Eduardo Halfon
Traduzione: Marta Barajas Alonso, Maria Paolo Fortuna, Maria Assunta Palluzzi
Casa editrice: Cavallo di ferro
Pagine: 159
Prezzo: 15,50 €