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Un museo per non far morire “la città che muore” | Fuori le Mura

Un museo per non far morire “la città che muore”

14 maggio 2012

di Rachele Mannocchi

Un laboratorio naturale dove sperimentare sistemi di monitoraggio e nuove tecniche di consolidamento che pongano, al primo punto, la salvaguardia paesaggistica e la compatibilità ambientale degli interventi. Questo l’intento del nuovo Museo Geologico e delle Frane di Civita di Bagnoregio, nato per contribuire alla tutela e alla valorizzazione dell’antico borgo medioevale dell’alto Lazio

il borgo di Civita di Bagnoregio

Da sempre minacciato da continue manifestazioni franose e crolli, l’antico borgo di Civita di Bagnoregio, collocato su un’ardita rupe tufacea che poggia su fragili argille, rappresenta una sfida, intrapresa ormai da millenni, fra l’uomo che cerca di sopravvivere in un ambiente ostile ma di ineguagliabile bellezza e la natura che, intenta a compiere il suo corso, smantella ed erode tutti i rilievi. Una peculiarità che caratterizza, da sempre, l’affascinante paesino in provincia di Viterbo definito da Bonaventura Tecchi , “la città che muore” e raggiungibile unicamente a piedi attraverso un ponte. Frane e dissesti si susseguono con continuità per l’intera valle, contribuendo  a creare un paesaggio in continua evoluzione che, agli occhi delle poche decine di abitanti e dei visitatori, si presenta ogni volta differente.

Una sala multimediale del Museo

Il Museo Geologico e delle Frane di Civita di Bagnoregio, inaugurato lo scorso 23 aprile, presso la sede di Palazzo Alemanni, ed intitolato alla memoria di Gianfranco Imperatori, fondatore nonché Segretario Generale dell’Associazione Civita per molti anni, nasce proprio con questo intento: documentare l’evoluzione dell’intero territorio in cui riconoscere quell’unione perennemente instabile fra bellezze architettoniche, artistiche e forze della natura. All’interno,  metodologie informatiche innovative e di elevato contenuto scientifico illustrano i processi geomorfologici, di evoluzione del territorio e franosi avvenuti a Civita e nell’intera valle nel corso degli ultimi millenni; documenti, mappe, ricerche scientifiche e progetti in corso  consentono ai visitatori di osservare i “segni” lasciati dalle frane sulla rupe e sulle pendici del borgo, illustrandone le ragioni geologiche che hanno determinato il presente assetto paesaggistico.

Il museo rappresenta, inoltre, un luogo di studio e di riflessione della comunità scientifica nazionale e internazionale dove analizzare problematiche geomorfologiche che hanno velocità e dinamismi raramente riscontrabili in altre parti del mondo e, di certo, non con un tale intimo rapporto fra la sopravvivenza dell’uomo e della città e la velocità di evoluzione del territorio. L’intento è quello di espandere dalla comunità scientifica di settore alla società civile le problematiche relative alla protezione dei manufatti e dei cittadini dai fenomeni franosi; un modo efficace per rendere i cittadini partecipi delle scelte che vengono compiute dalle Amministrazioni centrali e locali in merito alla loro sicurezza.

Sala espositiva dei reperti fossili recuperati nella’area

Così come in passato, ancora oggi, Civita di Bagnoregio rappresenta un laboratorio unico per lo studio e la bonifica del dissesto idrogeologico, dove vengono sperimentate tecnologie e soluzioni che richiedono un’immediata validazione per poter essere poi trasferite ad altre realtà  nazionali e internazionali. “L’intento – come ha affermato il Sindaco di Civita Francesco Bigiotti il giorno dell’inaugurazione – è quello di attivare, anche grazie al patto di intesa con l’Università Iuav di Venezia, lo studio e la ricerca scientifica, al fine di poter contribuire, attraverso le giuste competenze, alla valorizzazione del patrimonio culturale, geologico, ambientale e architettonico di Civita di Bagnoregio”. Un modello di interesse internazionale, quindi, dove coniugare la tutela del territorio con lo sviluppo sostenibile.

 


 

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