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La nausea esistenziale dell’Ecuba di Reim | Fuori le Mura

La nausea esistenziale dell’Ecuba di Reim

23 aprile 2012

di Tania Marrazzo

Può un personaggio della tragedia greca divenire simbolo universale del male di vivere? L’Ecuba di Riccardo Reim ci prova unendo insieme passato e presente, realtà e finzione

Sono le rovine della città di Troia, quelle del disastro nucleare di Hiroshima e Nagasaki, della striscia di Gaza, sono le rovine di edifici e i cumuli di cadaveri dell’Olocausto, sono le rovine dell’umanità a fare da sfondo a questo libero riadattamento delle tragedie Ecuba e Troiane di Euripide. In principio un’anacronistica Troia vegliata dall’alto da una Cassandra posta su mura simboliche che hanno le fattezze di una scala, al centro del palco carrelli per la spesa ricolmi di rifiuti e fra essi una figura che giace inerte riversa in terra: è Ecuba, seconda moglie di Priamo e madre di una copiosa prole, forse 14, forse 19 o addirittura 50 figli, le fonti sono discordanti. Nell’angolo a sinistra il cavallo di legno usato dai greci per tendere l’ingegnoso inganno architettato da Ulisse. Dopo una lunga guerra la grande Troia è caduta per la troppa leggerezza dei suoi abitanti, gli uomini sono morti e le donne attendono di essere assegnate ai vincitori come schiave e concubine.

La lamentatio di Ecuba prende via dalla rievocazione dei tragici avvenimenti del passato principalmente attraverso l’incontro con tre figure femminili mitologiche. In primis Cassandra, figlia di Ecuba, colei che inascoltata aveva predetto la fine di Troia e le successive sciagure; poi Andromaca, moglie del defunto Ettore, distrutta dall’omicidio del figlio Astianatte; infine Elena, la donna considerata la causa scatenante della guerra di Troia, per questo maledetta e ripudiata. Sulla scena anche il messaggero Taltibio che in uniforme da SS fa da collante enunciando il non visto in modo da dipanare lentamente il filo della matassa che lega i vari elementi della narrazione. Nella libera rielaborazione scritta da Riccardo Reim la tragedia perde i suoi connotati di classicità per divenire moderna e postmoderna. In un luogo senza tempo si uniscono – viaggiando su un binario parallelo – il dramma di Troia e quello della Seconda guerra mondiale con la sola fondamentale differenza che il primo è un racconto di finzione mentre l’altro è un evento storico.

La trasgressione non sta tanto nel fatto che Cassandra, Andromaca ed Elena siano tre uomini e nemmeno nel miscuglio di registri linguistici utilizzati dai personaggi (che si barcamenano con destrezza dall’aulico al grottesco) quanto nella sclerotizzazione di questi ultimi. Sono personaggi schizofrenici in preda a deliri verbali e corporei che si risolvono in esibizioni di simil danza contemporanea, sono fantasmi acconciati a mo’ di transgender che si guardano a uno specchio mentre sono intenti a difendersi dalle accuse dell’umanità. L’Ecuba simbolica di Francesca Benedetti sembra essere in realtà un’attrice, vecchia ormai per interpretare il ruolo della giovane Andromaca, sofferente perché non ha più un camerino, ormai il teatro è bruciato, è morto. Non si tratta più della tragedia per finta, della messa in scena, ma della realtà: il genocidio, i campi di concentramento, le guerre mondiali, le violenze contemporanee, è tutto vero. E allora ciò che lamenta la voce roca di Ecuba è una nausea esistenziale, una fatica di vivere che nasce dall’impotenza e dall’incomprensione del male umano.

Ecuba – La nausea e la strage
Libera elaborazione drammaturgica di Riccardo Reim
Da Ecuba e Troiane di Euripide
Regia: Beppe Menegatti
Cast: Francesca Benedetti, Raffaele, Latagliata, Pier Luigi Pizzetti, Andrea Volpetti, Roberto Bisacco e Giorgio Crisafi
In scena dal 20 aprile al 6 maggio 2012 alle 21
Colosseo Nuovo Teatro
via Capo d’Africa 29/A – Roma
Biglietto 10€. Tessera associativa 3 €

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