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Il primo uomo, la Storia che sta in un pugno | Fuori le Mura

Il primo uomo, la Storia che sta in un pugno

23 aprile 2012

di Erika Di Giulio

Il bambino è il germoglio dell’uomo che diventerà, parola di maestro. Dall’omonimo romanzo incompiuto di Albert Camus, un film necessario che è un atto d’amore

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È il 1957 e Jacques Cormery (Jacques Gamblin – Nino Jouglet) è ormai uno scrittore famoso e controverso in Francia. Dopo aver visitato la tomba del padre, decide di tornare nella sua patria d’origine, l’Algeria, a riguardare in faccia il passato. La questione politica è irrisolta e ancora tutta aperta, i musulmani e i francesi si contendono i natali nella stessa terra, gli indipendentisti fanno rumore e le bombe continuano a esplodere. Jacques ritrova sua madre, invecchiata e bellissima (Catherine Sola – Maya Sansa in gioventù) e rivive la sua infanzia in un viaggio discreto e profondo, in un Paese diviso, complicato, affascinante, a ritroso nei luoghi sacri della memoria. Gli anni ’20 della formazione e la scoperta della sensibilità artistica. Anni difficili, al tempo mitico in cui i maestri di scuola qualcuno ancora li rispettava e le scarpe guai a sciuparle troppo.

Il primo uomo è la ruga profonda del matriarcato nella terra di sabbia e vento, illuminato e steso ad asciugare al sole d’Algeria, bianchissimo e purissimo come il bucato che sa di fresco. Il compagno arabo, la granata nella scatola di
biscotti e a letto dopo pranzo. La prima e l’ultima paglia con zio Etienne, che adesso si riposa i nervi buoni in istituto, il nome di tuo figlio che non lo sai leggere, ma che tremi a ricopiarlo, la fierezza delle donne, mani grandi, quando all’esame preferisci la poesia alla Storia.

Nell’approccio rispettoso e delicato Gianni Amelio neutralizza le insidie dell’autobiografismo paralizzandone clamori e tentazioni ageografiche, evitando appendici manieristiche e verbose illustrazioni. Laddove la Storia ufficiale passa al setaccio di quella personale e il grande cede sempre al piccolo, nel cortocircuito di passato e presente, nell’articolazione significante dei piani, nel flusso spedito e solenne delle immagini, le parole servono solo quando parlano per davvero, il tono si abbassa e la vena si gonfia d’intimo.

Il primo uomo è la disobbedienza a colpi di frusta perchè quella la paghi tutte le volte, un sorriso di bambina, l’analfabetismo, la povertà (“Chi sono i poveri mamma?” “Noi”), quando ti tocca imparare un mestiere da piccolo che la guerra ti ha portato via papà e nonna non campa per sempre (e meno male severa com’è!).

Il confltto elude i libri di Storia e passa attraverso le pagine dei grandi romanzieri per diventare il pubblico e il privato di ciascun individuo. Del primo uomo che è tutti noi, oggi come ieri. E l’obiettivo non cerca altro. Altezza uomo, altezza bambino, alle spalle, fuoco discreto e amico, sempre e ovunque, privo di compiacimenti. Allora i volti nell’uditorio scolorano, le voci si perdono. Evocativo e poetico, di estrema pulizia stilistica e formale, magistralmente illuminato da Luca Bigazzi e con un cast degno della verità più assoluta. In punta di piedi si cammina meglio. Amelio lo ha sempre saputo.

Immagine anteprima YouTube

Il primo uomo
Le première homme
Regia: Gianni Amelio
Sceneggiatura: Gianni Amelio
Cast: Maya Sansa, Jacques Gamblin, Nino Jouglet, Régis Romele, Elsa Levy, Catherine Sola
Paese: Italia, Francia, Algeria, 2011
Genere: Drammatico
Durata: 100′
Produzione: Cattleya – Soudaine compagnie – RAI Cinema
Distribuzione: 01 Distribution
Data di uscita: 20 aprile 2012

 

 

 

 

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