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Ippolito | Fuori le Mura

Ippolito

6 febbraio 2012

di Elisa Carifi

La contemporaneità del teatro greco nella tragedia di Euripide

Dal 31 gennaio al 5 febbraio debutta al Teatro Sala Uno di Roma la celebre tragedia di Euripide Ippolito, una rappresentazione prodotta dall’ Associazione Culturale La Fonte di Castalia. Gli altisonanti temi affrontati dal teatro greco hanno saputo scavalcare i secoli giungendo a noi con una sconcertante modernità, le emozioni più profonde, gli intimi drammi umani, gli atroci intrecci degli eventi costruiscono attorno alla vita scenica dei personaggi una visione del mondo inesorabile che trascina uomini e Dei nel caos emotivo, appesi ai fili del destino. L’adattamento e la regia affidata al talento di Marco Blanchi, scavano in questa pièce la profondità della natura umana quando questa si trova in bilico tra coscienza e sentimento irrazionale, quando bene e male portano la stessa maschera confondendo i ruoli di vittima e carnefice che si uniformano  in un unico stato d’animo inquieto.

La tragedia ruota intorno alle vicende di Ippolito, figlio di Teseo re di Atene e della amazzone Antipo e della sua matrigna Fedra vittima di un’insana passione per il giovane suscitata dal volere vendicativo di Afrodite.  Ippolito mantiene una vita pura dedicata solo alla caccia e alla devozione della dea Artemide e ripudia la mondanità per scegliere la rettitudine che egli percepisce nella strada della verginità e purezza di spirito, ma trascurando completamente tutto ciò che riguarda le donne, la famiglia, la sessualità e di conseguenza non onorando in modo adeguato la dea Afrodite, egli scatena inavvertitamente la sua ira che si tramuterà in una intrigante vendetta. Così la Dea dell’amore insinua nel cuore di Fedra, moglie di Teseo, un amore folle e incontrollabile nei confronti del giovane che la fa apparire malata e sconvolta agli occhi di tutti. Già da una panoramica iniziale delle vicende si intuisce come sia forte in questa tragedia il gioco delle contrapposizioni. Gli uomini in balia dei capricci o delle passioni degli Dei non sembrano che fantocci mossi dalle loro emozioni verso il destino che il “divino” ha scelto per loro.

Una visione dei fatti dove il libero arbitrio non sembra un dono ma una catena invisibile capace di legare tutti i protagonisti a un’unica inevitabile conclusione. Artemide e Afrodite, Selene e Cipride, metaforicamente intuite come simbolo di verginità per la prima ed eros per la seconda, nelle vicende narrate da Euripide si confondono con i loro opposti e orgoglio e tormento  dominano la storia in tutte le sue fatali evoluzioni. L’Ippolito di Blanchi sembra voler approfondire proprio questo aspetto e traduce in movimento scenico, attraverso l’angoscia rappresentata nell’interpretazione dei suoi attori e colori emblematici, lo scontro tra spiritualità e materia che lottano senza trovare un lieto fine quando non riescono a equilibrarsi nelle vicende umane. Non riuscendo più a gestire il segreto, Fedra si confida con la propria nutrice; quest’ultima, tentando in buona fede di aiutarla, rivela il segreto a Ippolito, dietro suo giuramento di non parlarne con nessuno. Ma la rettitudine del giovane lo porta ad avere una violenta reazione  a fronte delle scabrose rivelazioni dell’Ancella e Fedra, sentendosi umiliate e senza via d’uscita verso il disonore suo e dei suoi figli, decide di uccidersi escogitando però una vendetta – lascia  un biglietto in cui accusa Ippolito di aver abusato fisicamente di lei. Quando Teseo scopre il biglietto e il cadavere della moglie, decide di scagliare una delle tre maledizioni concessagli da Poseidone contro Ippolito e lo bandisce da Trezène. L’atroce anatema si compie puntuale uccidendo il giovane da un  mostruoso toro uscito dal mare che fa imbizzarrire i cavalli e scaglia il suo carro contro gli scogli.

Non è un tragedia semplice da interpretare l‘Ippolito, le tematiche che emergono in superficie lasciano trapelare un intreccio a tinte forti, dove le passioni contrastano energicamente con la ragione e con le ragioni dei protagonisti che rimangono velate da motivazioni inconsce. Nel contesto teatrale suggerito da questo adattamento si offrono più chiavi di lettura volte a sensibilizzare il pubblico verso una propria interpretazione del testo ma dove un ardito messaggio intellettuale più di altri aleggia lungo tutta la pièce: in una storia come questa, dove anche gli Dei sono imprigionati dai loro sentimenti, dove le preghiere e le speranze degli uomini sono riposti nella ricerca della vendetta e nel caos delle scelte di vita, chi è il vincitore? Chi il vero colpevole di un finale tragico? Forse questo spettacolo ci può dare una risposta adeguata: non ci sono ne vinti ne vincitori quando si perde il senso di se stessi. E questa morale, se si vuole prendere in considerazione, avvicina una tragedia greca  pericolosamente alla nostra contemporaneità. Il teatro Sala Uno – grazie alla sua struttura fatta di archi e colonne – arricchisce quest’opera di suggestione e la scenografia – composta da grandi vasi grechi pieni d’acqua e grazie a giochi di luce – permette la completa immedesimazione in atmosfere antiche dal respiro tipicamente ellenico. I costumi invece, scelti con una cura minimalista ma efficace, danno un’impronta quasi medioevale ai personaggi che avvolti in tuniche azzurrine, giocano a coprire il capo in momenti intimistici del testo e svelano i corpi quando essi si rivelano più vulnerabili alla sorte. Inoltre accessori supplementari come bende rosse che vengono usate come elemento incisivo d’interpretazione, vengono sapientemente utilizzate per unire il coro in un unica sorte scenica e nella coralità per l’appunto del dolore comune, così come la giacca di pelle  fatta indossare a Teseo costringe a intuire la durezza d’animo dietro un personaggio facilmente colpevolizzabile per la sua ottusa visione dei fatti. Lo spettacolo è poi enfatizzato da movimenti scenici che strizzano l’occhio al teatro danza e accrescono la suggestione di corpi che si muovono ritmicamente e coreograficamente nel destino che imprigiona, se non le loro azioni, il loro spirito.

Ippolito
Di: Euripide
Traduzione, adattamento e regia: Marco Blanchi
Cast: Siddhartha Prestinari, Ivan Ristallo, Marika Murri, Francesco Marzi, Rebecca Valenti, Valeria Longo, Fulvio Barigelli, Rossella Giammarinaro, Giulia Oliva, Tiziano Ferracci, Giacomo Mattia
Costumi: Cinzia Falcetti
In scena dal 31 gennaio al 5 febbraio
Dal martedì al sabato alle 21, domenica alle 18
Teatro Sala Uno
Piazza San Giovanni in Laterano 14, Roma
Prezzo: 13 euro
Per informazioni e prenotazioni: telefono 06/7009329

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