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Costa Concordia, rischio di disastro ambientale | Fuori le Mura

Costa Concordia, rischio di disastro ambientale

6 febbraio 2012

di Lorenzo Pasqualini

Oltre alla possibile fuoriuscita del combustibile resta alto il rischio per l’ambiente dovuto alla quantità di sostanze presenti nella Costa Concordia al momento del naufragio

Il disastro del Costa Concordia del 13 gennaio 2012, oltre ad aver causato la morte di decine di persone, alcune delle quali ancora non recuperate, potrebbe causare nelle prossime settimane un disastro ambientale di enormi proporzioni. All’interno della colossale nave da crociera infatti, una delle più grandi al mondo, si trovavano al momento dell’incidente ben 2.280 tonnellate di olio combustibile. Si tratta di un idrocarburo particolarmente denso, che se fuoriuscisse provocherebbe un danno paragonabile a quello di una piccola petroliera, danneggiando i fondali in un vasto raggio intorno all’isola. Le operazioni di svuotamento dei serbatoi sono state affidate ad una ditta olandese, che procederà attraverso una piattaforma galleggiante agganciata alla nave. L’operazione richiederà settimane, e non è ancora iniziata a causa delle condizioni meteo-marine sfavorevoli.

A minacciare l’ambiente non è solo la possibile fuoriuscita di combustibile, eventualità che potrebbe diventare più probabile se la nave si spostasse dalla posizione in cui si trova ora, incagliata sugli scogli a poca distanza dalla costa. La Costa Concordia è un vero palazzo galleggiante, un enorme albergo al cui interno si trovava ogni tipo di attrazione. Ristoranti, cinema, discoteche, piscine. Il rischio viene da tutti quegli oggetti e sostanze che si trovavano all’interno della nave al momento del naufragio, oltre alle sostanze di cui erano fatti gli arredi, le sale, le cabine. Il rischio viene quindi dalle vernici, dai solventi, dalla putrefazione dei prodotti alimentari, dalla dissoluzione in acqua dei detersivi usati per lavare gli ambienti, eccetera.  L’inquinamento è già presente, causato dall’enorme quantità di oggetti già fuoriusciti. Potrebbe diventare ben maggiore se l’operazione di recupero dovesse protrarsi nel tempo.

L’ARPAT (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Toscana), sta eseguendo periodici controlli sulla qualità dell’acqua prelevando campioni in vari punti dell’isola. In particolare vengono monitorati i valori relativi al contenuto in idrocarburi, detersivi, solventi, nitrati, fosfati, oltre ai parametri microbiologici. Per il momento (dati del controllo del 30 gennaio, pubblicati sul sito dell’ARPAT), le concentrazioni limite relative a questi parametri non sono stati superati, tuttavia l’allarme resta alto, visto anche l’allungamento dei tempi di recupero.

Il rischio per l’isola del Giglio e per gli ambienti limitrofi, che fanno parte del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, è quello di un disastro ambientale che comprometterebbe la fauna e la flora locali per anni.

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