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Il ritratto di Dorian Gray | Fuori le Mura

Il ritratto di Dorian Gray

30 gennaio 2012

di Elisa Carifi

Ritratto teatrale di una storia, un personaggio senza tempo

Il Teatro Trastevere ha ospitato un’interessante trasposizione teatrale diretta dalla giovanissima regista Ylenia Petrelli –  Il ritratto di Dorian Gray, l’opera forse  più famosa del grande scrittore, drammaturgo e poeta irlandese Oscar Wilde. Un romanzo coinvolgente dal respiro dark che fece scalpore quando, in piena epoca vittoriana, mise in luce temi scandalosi usando una narrazione piena d’arguzia ed eleganza che mostrava le ombre grottesche della classe borghese inglese, ponendosi così fin dal suo esordio come uno degli esempi più tipici del decadentismo estetizzante.

“Ci sono peccati il cui fascino sta più nel ricordarli che nel compierli: strani trionfi che gratificano l’orgoglio più della passione e danno all’intelletto un intenso senso di gioia, maggiore della gioia che offrono, o possono offrire, ai sensi.” Anche da queste poche righe tratte dal celebre romanzo in questione si può cogliere lo spirito che aleggia lungo tutto il percorso narrativo. Wilde volle affrontare con spudoratezza ma eleganza temi quali l’elogio della giovinezza, il rapporto tra arte e vita, l‘ambiguo gioco della doppia morale, pubblica e privata, scendendo, con il suo tratto dandy della vita, in profondità capaci di mettere sotto accusa tutta un’epoca, e forse riuscendo a rimuovere una polvere di tabù anche nello smaliziato animo della nostra modernità. La storia di questo romanzo è nota ai molti e tema portate della sue vicende è l’ossessione verso una ricerca smodata del bello, dell’arte fine a stessa in quanto manifestazione di genio estetico e soprattutto della giovinezza come unica esperienza e dono perché “la giovinezza è l’unica cosa che vale la pena di avere.”

Dorian Gray è un ragazzo affascinate, bello e giovane quanto ingenuo fino a prima dell’incontro con Lord Henry Wotton che con il suo malsano carisma lo spingerà sopra ogni suo limite morale, partendo da un terribile patto: affidare la sua anima a un quadro che lo raffigura per rimanere così eternamente giovane e bello a dispetto del dipinto che invecchierà per lui e conserverà i tratti della corruzione del suo animo e delle nefandezze dei suoi comportamenti. Da questo emblematico intreccio si possono scorgere molte riflessioni sapientemente sviscerate da Wilde. La volontà nello sperimentare le più coinvolgenti sensazioni senza porsi necessariamente limiti, la repulsione verso ogni dogma morale che ingabbi la ricerca del piacere estetico e fisico, l’arte e in se l’artista sopra ogni convenzione sociale e pressione borghese,  i valori che si tramutano plasmati dalla passione di effimeri momenti di puro godimento. Il pentimento e la redenzione rappresentata nel finale con la morte di Dorian che distrugge il quadro con le sue mani, riacquistando così l’anima che torna ad abbellire il ritratto e rende mostruoso il suo corpo, racchiude appieno il punto di vista o chiave di lettura dell’autore che pur non condannando esplicitamente il personaggio, vuole porre in negativo la  sregolatezza senza limiti di una vita vissuta solo nella frivola ricerca del piacere.

La trasposizione teatrale offerta dalla pièce del teatro Trastevere, evidenzia una rilettura interessante su più livelli. La scelta registica più incisiva è stata quella di ambientare la storia negli anni ’80, giocando sulle epoche reali del romanzo, 1890, e una più coinvolgente modernità 1980. Invertendo i numeri cambiano gli anni, i contesti in cui si muovono i personaggi ma non l’intento di rappresentare gli stati emotivi, i desideri e le paure di generazioni che si tramandano di epoca in epoca. La selezione musicale scelta per lo spettacolo che attinge proprio dai brani più evocativi dei nostri anni ’80, si sposa bene con lo stato d’animo inquieto e desolato dei personaggi, che pur recitando il testo originale in abbigliamento che ricorda un tardivo stile Teddy boy, riescono a riprodurre l’atmosfera dandy vittoriana. La rivisitazione in questione si snoda sulla caratterizzazione dei quattro personaggi chiave del romanzo, Dorian Gray, Lord Hanry, Sibil Vane e il pittore  Basil Hallward, senza far emergere un protagonista assoluto. La regista infatti gioca con i ruoli degli attori che prendono spazio e spessore in scena a seconda dei momenti concettuali più significativi, creando così un contesto che da luce ai vari aspetti del testo, scendendo in intimità con lo stato d’animo di ogni singolo personaggio. A questo risultato contribuisce anche un cast giovane ma in grado di sostenere la complessità del testo e la recitazione che impone  passaggi drammaturgici ardui. Uno spettacolo che pur mostrando tratti acerbi in alcune scelte d’adattamento, riesce ad avere un impatto emotivo sul pubblico.

Il ritratto di Dorian Gray rimarrà un’opera che raffigura l’essenza di uno stato d’animo che ci rincorre nei secoli, adattandosi a epoche e contesti ma con la stessa spinta verso il basso dei nostri desideri. “Il più coraggioso di noi ha paura di se stesso” diceva Hanry al giovane Dorian cercando di convincerlo che: “Ogni impulso che cerchiamo di soffocare fermenta nella nostra mente e ci avvelena”.  Così nella nostra modernità spesso può capitare di sentirsi come Dorian, sedotti da un mondo che impone i suoi idoli di bellezza e cerca di intrappolare l’anima in ritratti di perfezione mediatica. Ma se nel mondo esisterà sempre un Hanry pronto a influenzare i nostri sensi, esisterà anche un Basil, che cercherà di vedere la bellezza come fine di creazione artistica e credere nei valori più alti dell’amicizia e dell’amore. Forse anche a questa riflessione porta una trasposizione teatrale ben riuscita.

Il ritratto di Dorian Gray
Regia: Ylenia Petrelli
In scena dal: 26 al 29/01/2012
Dal martedì al sabato ore 21:00, domenica ore 17:00
Teatro Trastevere
Via Jacopa dei Settesoli, 3 – Roma
Prezzo: 10 euro (intero) , 8 (ridotto)

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