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Il tempo nella mente e il tempo nel cervello, lectio magistralis di Lera Boroditsky | Fuori le Mura

Il tempo nella mente e il tempo nel cervello, lectio magistralis di Lera Boroditsky

22 gennaio 2012

di Michele Lupo

Sabato 21 gennaio all’auditorium l’esperta di scienze cognitive Lera Boroditsky, coadiuvata da Alberto Oliverio, illustra le connessioni tra l’organizzazione mentale del tempo e la linguistica attraverso la ricerca sperimentale

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Fuori le Mura ha seguito la VII edizione del Festival delle Scienze di Roma. Il tema affrontato quest’anno è stato il tempo. Una dimensione che trascende la natura umana e, proprio per questo, ha creato problematiche in molti ambiti della conoscenza: nell’astronomia, nella fisica, nella psicologia, nella biologia, nell’antropologia, ma anche nella religione, nell’arte e nella filosofia. FLM ha assistito alle lectiones magistrales degli esperti che hanno provato a spiegarne il carattere e la struttura, e ha cercato di esporre in maniera esaustiva il loro pensiero in proposito.

Con questa lectio magistralis, tenuta sabato 21, Lera Boroditsky spiega come il cervello umano percepisce il fluire del tempo. L’introduzione di Alberto Oliverio ricostruisce come gli uomini riescano ad avere interazioni con elementi astratti, come è il tempo. Queste nostre concezioni non sono infatti congenite: i bambini non hanno ancora il concetto di tempo ben sviluppato. Secondo lo psicologo e pedagogista Jean Piaget per i bambini la concretezza è più importante dei dati astratti: non riescono a cogliere il concetto di tempo. Se infatti dite ad un bambino che può giocare con un giocattolo appena comprato non in breve tempo, ma solamente il giorno successivo, non accetterà la realtà e la vivrà con passione.

La cognizione del tempo passa, in primo luogo, per la motricità. Con la sequenza dei movimenti e delle causalità si entra infatti in un campo fondato sul prima e dopo. Proprio perché la dimensione temporale ha bisogno di uno sviluppo per poter essere percepita, è fondamentalmente di natura individuale e può variare a seconda delle situazioni che si vivono. Per quanto concerne la relatività del tempo è ineluttabile la massima di Einstein: “Quando un uomo siede un’ora in compagnia di una bella ragazza, sembra sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora”. Questo concetto è ben espresso dalla psicofisiologia con la legge di Weber-Fechner e dalla ricerca sperimentale. Gli scienziati infatti sono riusciti a dimostrare che ogni individuo ha una percezione differente del tempo, facendo scandire il tempo con le mani, una tecnica simile a quella usata dai musicisti, chiamata tapping. Ebbene con questo metodo si è notato che ogni persona compie degli errori durante un intervallo di tempo regolare, che coincide con la propria percezione temporale.

Dopo questa lunga introduzione, Lera Boroditsky inizia il suo intervento con il quale si propone di dimostrare che il linguaggio e la cultura di un popolo incidono sulla percezione individuale del tempo. A livello concettuale il tempo è problematico, in quanto è sì astratto, ma anche il tessuto stesso della nostra esperienza. Sul tempo, d’altronde, non disponiamo di dati fisici. Platone sosteneva che le idee astratte come la virtù, ma anche il tempo,- idee eterne – non si imparano ma sono instillate nella nostra anima, e che noi possiamo riscoprire nel nostro intelletto attraverso un processo di reminescenza. Anche il linguista contemporaneo Noam Chomsky ritiene che le idee astratte non sono apprese, ma sono congenite all’uomo. Secondo Boroditsky questa concezione sarebbe ottima perché risolverebbe molti problemi, ma non verosimile. Infatti l’esperta si occupa di ricerca sperimentale e sa bene che ogni popolo e ogni cultura ha una concezione differente del tempo. Tuttavia sa pure che la parola tempo è la più utilizzata dalla popolazione anglofona. Ma allora come facciamo noi ad avere la nozione di tempo?

Per rispondere a questa domanda l’esperta formula una sua teoria, secondo cui noi disponiamo di un certo tipo di concezione del tempo in base alle rappresentazioni spaziali che ne diamo, alle metafore nel linguaggio e al nostro sistema di scrittura. Per quanto riguarda il tempo come spazio immaginario, la studiosa fa notare come noi in genere parliamo del tempo come un sentiero, un percorso. Ciò è facilmente osservabile nelle espressioni “le vacanze si avvicinano” o “non ci pensare, guarda avanti!”. Tuttavia si può sia immaginare noi che inseguiamo il tempo, sia il tempo che insegue noi. Questo è stato dimostrato attraverso ricerche sperimentali; la più semplice è consistita nel porre la domanda: “La riunione di mercoledì sarà spostata di due giorni. In che giorno si terrà la riunione?”. La metà dei partecipanti ha risposto lunedì e l’altra metà venerdì. Per capire se siamo noi che seguiamo il tempo o il contrario, basta considerare che tipo di disposizione spaziale del tempo abbiamo. In genere questa è data dal nostro sistema di scrittura. Così mentre noi che usiamo l’alfabeto latino tendiamo a organizzare gli eventi nel tempo da sinistra a destra, i popoli arabi o gli ebrei faranno il contrario.

Un altro studio interessante della Boroditsky è quello del rapporto tra tempo e linguaggio nell’idioma Kuuk Thaayorre, parlato da alcuni aborigeni australiani. Questo popolo infatti possiede un raffinato senso dell’orientamento, al punto da sapere sempre il punto cardinale verso cui si è rivolti, e tanto che chiedere dove si è diretti è entrato nelle formule di cortesia e di saluto, come il nostro “come stai?”. La loro disposizione spaziale dell’ordine cronologico è ancora diversa: sono soliti infatti sistemare sempre da est a ovest, così quando è stato chiesto loro di disporre degli oggetti in ordine cronologico, li hanno posizionati da sinistra a destra quando erano rivolti a est, da destra a sinistra quando volgevano verso ovest e dall’alto in basso quando stavano a sud!

Per quanto riguarda le metafore del linguaggio la studiosa ha analizzato i modi in cui i popoli guardano al passato e al futuro. Se infatti noi siamo abituati a pensare il futuro avanti e il passato dietro -basti pensare alla frase “mettiti tutto alle spalle” – molti popoli pensano esattamente il contrario, immaginando il futuro come qualcosa che non possiamo vedere, e che quindi sta alle nostre spalle, e il passato davanti a noi. È questo il caso degli antichi greci e della popolazione Maran della Bolivia. La studiosa ha preso poi in rassegna i problemi nella concezione temporale di chi soffre di eminattenzione. Questa patologia è un disturbo della cognizione spaziale derivato da una lesione cerebrale, per cui il soggetto che ne è affetto non riesce a controllare lo spazio controlaterale alla lesione e non è consapevole degli stimoli presenti in quella porzione di spazio esterno o corporeo. Questi studi dimostrano come la percezione dello spazio e del tempo in un individuo siano strettamente correlati.

Lera Boroditsky in questa conferenza ha validamente comprovato come la percezione del tempo sia intimamente connessa alla lingua e alla cultura e quindi ai molti modi di immaginare il tempo nei circa 7mila idiomi parlati sulla Terra.

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