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L’elfo nasone, Il seme della follia e le regole del Fantasy | Fuori le Mura

L’elfo nasone, Il seme della follia e le regole del Fantasy

16 gennaio 2012

di Flavio Camilli

Riproposta integralmente da Magic Press l’opera anni ’90 di Civiello e Mosdi. Tavole stupefacenti per una narrazione zoppicante. L’aderenza agli stereotipi del genere, invece, è illuminazione metaletteraria…

Forse non per gli sfegatati del fantasy, ma di certo per molti dei modesti ammiratori, il primo comandamento è: non avrai altro Dio al di fuori di Tolkien.
L’ingombrante ombra dello scrittore britannico e quelle minuziosamente raccontate dei protagonisti del fin troppo celebre Signore degli Anelli e dei tomi a precedere e a seguire hanno spesso offuscato tutto il resto. Shannara? Terry Brooks? Non scherziamo! Gli elfi vengono da Lothlórien e senza hobbit non c’è fantasy. È chiaro che si tratta di un approccio riduttivo, anche se inevitabile. Anche chi scrive, lo ammetto senza vergogna, fa parte di questa schiera.
Il seme della follia, recentemente edito in verisone integrale da Magic Press, ha acceso un dubbio: che di fantasy valido ce ne sia a non finire. Com’è potuto accadere?
Forse perché l’opera di Emmanuel Civiello e Thomas Mosdi è innanzitutto un bande dessinée estremamente interessante, anche se non esente da mancanze rilevanti? Probabilmente per lo stupefacente apparato grafico? Due verità, ma Il punto è un altro: il duo attinge con moderazione e senza mascheramenti citazionistici alle dinamiche del genere e arriva, oltre a dare forma a una vicenda più o meno godibile, a esplicitare la funzione letteraria del fantasy a livelli che, appunto, mi hanno ricordato l’avventura del buon Frodo.

Ma andiamo con ordine: anche Il seme della Follia racconta di un viaggio, quello dell’elfo narratore Igguck, soprannominato “la memoria degli elfi”. Per scongiurare l’estinzione del mondo di Faërie e lo sterminio (metaforico?) dei popoli fantastici (folletti, animali parlanti, nani, orchi etc.), la regina delle fate chiede a Igguck Plitchwook di ritrovare il trafugato cuore di cristallo, essenza del regno. Per rispondere a un imperativo più grande della propria misera esistenza (quale vita può avere spessore maggiore della salvezza del mondo?), l’elfo dal naso gigantesco si imbarca in un’impresa che, da copione, sembra impossibile. Ad aiutarlo comprimari scontati per la loro presenza, ma originalissimi nell’essenza: la lucina della notte Fiz, il troll Dom, Cornelia la grassona, mezza strega e mezza fata e il logorroico Odymus, roditore indefinito, probabilmente talpa a giudicare dagli enormi occhiali sorretti dal minuscolo muso.
I nemici non sono molto diversi dagli amici: mostri e orde demoniache, bellissime sirene dalla forma di corvo ma soprattutto se stessi e le illusioni, le aspirazioni e le consapevolezze che un medioevo magico può concretizzare, tra i cunicoli di una grotta minacciosa, a causa di un incantesimo inestinguibile. La sorte della combriccola (compagnia, verrebbe da dire) è di-segnata e la scoprirete solo leggendo.
Certo è che le pagine sono una gioia per gli occhi: dipinte a mano su enormi fogli, più tele che tavole, permettono un’immersione totale nelle atmosfere della storia, frenata solo, in alcuni punti, da uno storytelling un po’ confuso e una sceneggiatura non sempre all’altezza. Sarebbero tutte da incorniciare, ma il fumetto è contemplazione solo per metà.

Come già detto, però, il valore dell’opera è tutto in un retrogusto metaletterario che non è roba per snob, né per intenditori. Solo per lettori attenti. L’aderenza pedissequa alle possibilità ma anche ai limiti del genere si tramuta in valore: il fantasy nasce per raccontare di un conflitto atavico, la lotta sempiterna tra bene e male, e della genesi del mondo moderno. Non a caso l’ambientazione è spesso, se non sempre, medievaleggiante: per dire di un’epoca di profonde trasformazioni lo scenario non può essere che un’età (ma anche una terra) di mezzo, in cui, come nello spessore delle soglie, tutto può accadere. L’evocazione mitica della battaglia per antonomiasia è volontà di descrivere gli attriti tra quelle stesse forze ma in rapporto alla contemporaneità, all’interno cioè di un contesto in cui il bianco e il nero non sono più così riconoscibili.
Il nodo centrale, in questo caso, è la dissoluzione delle fedi pagane e politeiste in favore del Cristianesimo, vero punto di svolta della concezione dei reami aldilà del velo della realtà. In questo senso Il seme della Follia coglie nel segno proprio perché i personaggi sono funzioni e/o declinazioni del messaggio, ben più grande di loro, e perché quest’ultimo è allegoria delle condizioni dell’oggi, quando le astrazioni fiabesche sono solo un ricordo o un divertissement artistico-poetico.
Igguk? Cornelia? Odymus? Pezzi importanti di una partita a scacchi giocata tra chi persegue il bene e chi il male. Sulle modalità di tali inseguimenti, però, non sarebbe saggio essere ugualmente categorici.

Il seme della follia – L’integrale
Autori: Emmanuel Civiello, Thomas Mosdi
Casa editrice: Magic Press
Pagine: 192
Prezzo 17 €

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