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Essere – horror dell’adolescenza | Fuori le Mura

Essere – horror dell’adolescenza

21 novembre 2011

di Giuseppina Genovese

Le ferite dell’anima e quelle del corpo in un destabilizzante monologo di 40 minuti

In un’atmosfera rarefatta, in una stanza spoglia, su un misero letto dalle lenzuola candide aleggia una donna. Sola, spogliata da tutti i suoi abiti, nuda, come nuda è la sua anima, è vestita solo da qualche segno sul corpo. Sono sei graffi, ognuno di questi rappresenta un qualcosa, ferite dell’anima, quelle indelebili. Si veste e inizia a parlare, a raccontare, a rivivere.

Inizia così Essere – horror dell’adolescenza, in scena al Teatro dei Contrari fino al 27 novembre.  Un monologo interiore di 40 minuti, fatto di segreti mai rivelati, di traumi subiti non superati, mai capiti, mai curati.  La donna ha 33 anni, passa le giornate guardando dalla finestra il mondo circostante, unica compagnia, le pillole, da prendere in orari precisi, ore che scandiscono la sua vita. Immobile, su una sedia a rotelle, non ha più nulla, la vita non le ha lasciato nulla, se non i ricordi. Quei ricordi tortuosi, che pesano come dei macigni. La donna decide di condividerli: a volte un fardello è meno pesante da sopportare quando lo si divide con qualcuno. E così decide di parlare, di raccontare, di rivivere.

Ora la donna ha 15 anni, è una ragazza che si accinge a vivere la sua adolescenza. Un’età che dovrebbe essere spensierata, ma non lo è. Ha 15  anni e conosce solo il dolore, la violenza. Ogni notte un dobermann entra nella sua stanza, accende la luce, scosta le lenzuola, e la fa sua. Ogni notte è sua. La mattina a scuola le giornate passano lente e sole. Lei è solo una figurina mite,  seduta in fondo a un banco, non parla con nessuno. Nessuno forse vuole ascoltare quanto orrendo possa essere il racconto di un’adolescente.
Ora la donna ha 16 anni. A scuola è arrivata Laura. Siedono vicine, forse perchè sono uguali. Entrambe condividono gli stessi pensieri, gli stessi sguardi, gli stessi silenzi. Con Laura, lei tenta anche il suicidio. Una lametta, ma le ferite non sono poi così profonde, almeno non quelle fisiche. Le restano solo quei 6 segni. E intanto il dobermann continua ad aprire quella porta.
Ha 18 anni. Laura c’è ancora, e anche il dobermann. Arriva il momento delle confessioni. Laura ora sa tutto. E vuole aiutarla. Il dobermann dovrà essere abbattuto.

Sono passati 15 anni. Ora lei è lì. Seduta su un sedia a rotelle, un camice bianco, candido, come il letto, come tutta la stanza. Un candore stridente, quasi da presa in giro. La sua anima è nera, la sua mente invece è multicolore, o semplicemente bipolare. “Dicono che Laura non sia mai esistita, che era solo un gioco della mia mente, e che ho ucciso io mio padre. Ci hanno trovati in una pozza di sangue, a me e a mio padre. E Laura non c’era. Non l’hanno trovata”.
Ma chi era Laura? Forse non era che lo specchio di se stessa, del suo dolore, dei suoi pensieri. O semplicemente l’unica compagna di quel sentiero chiamato dolore.

Consigliato a un pubblico adulto, il monologo è un flusso continuo di orrori, di angosce, di paure, un percorso misterioso, dove si alternano presente e passato, passato e presente. A volte si mescolano, è quasi difficile separarli, decifrarli. Sospesa in un limbo, la protagonista celebra un doppio funerale, quello dell’innocenza mai avuta e quello dell’adolescenza vissuta male per tre, lunghissimi, anni.
Lo spettatore diventa un tutt’uno con i silenzi della protagonista. Il suo respiro rimane sospeso con il suo. In uno spettacolo in cui ci si concentra, ma nello stesso tempo ci si deconcentra. In alcuni momenti si sente quasi l’esigenza di prendere la distanze da tutta la storia. Altre volte invece ci si sta dentro, e non si vuole più andare via. Il testo rende molto bene l’esigenza del raccontare ciò che si vive, mista al desiderio di tenersi tutto dentro.
Elisabetta Rocchetti è bravissima a dare la giusta dose di inquietudine, di dramma, anche nei momenti di silenzio, dove a parlare è solo il non detto. Interessanti sono le incursioni della ballerina, dove il ballo in questo caso diventa veicolo dell’anima, in uno spettacolo senza dubbio ricco di pathos e di emozioni forti e contrastanti.

Essere – horror dell’adolescenza
Di: Giovanni Franci
Regia: Marianna Galloni
Con: Elisabetta Rocchetti
In scena dal 15  al 27 novembre 2011, da martedì a sabato ore 21, domenica ore 18.
Teatro dei Contrari
via Ostilia, 22  (Colosseo), Roma
Costo: 12 €

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