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Dante, Ariosto e Tasso nelle pitture dei Nazareni | Fuori le Mura

Dante, Ariosto e Tasso nelle pitture dei Nazareni

14 novembre 2011

di Rachele Mannocchi

La più importante testimonianza dell’attività romana dei Nazareni, gruppo di pittori del Romanticismo tedesco, è racchiusa nel Casino Massimo Lancellotti, splendido esempio del gusto antiquario tardo-manierista

Friedrich Overbeck, Italia und Germania

Peter Cornelius, Joseph Anton Kock, Johann Friedrich Overbeck, Philipp Veit, Julius von Carolsfeld. Questi i nomi dei più importanti artisti appartenenti al gruppo dei Nazareni, pittori germanici ottocenteschi,  impegnati a restituire all’equilibrata arte neoclassica una tensione spirituale volta a recuperare l’arte italiana del Quattrocento. Caratterizzati da un linguaggio arcaicizzante, una forte pronuncia del tratto ed un cromatismo crudo fatto di pennellate uniformi, i Nazareni divennero ben presto celebri nella Città eterna e, grazie al direttore dell’Accademia di Francia, ottennero di alloggiare nel monastero di Sant’Isidoro. Il principale luogo di Roma in cui ammirare le loro opere è il Casino Massimo Lancellotti, una piccola gemma architettonica barocca – oggi sede della delegazione dei Francescani di Terrasanta – nascosta tra i palazzi di fine Ottocento nei pressi della Basilica di San Giovanni in Laterano. Qui, le tre sale al pianterreno, accolgono gli affreschi commissionati dal marchese Carlo Massimo nel 1818, secondo un programma iconografico da lui stresso concepito, ispirati ai protagonisti dei maggiori capolavori letterari italiani: La Divina Commedia di Dante, l’Orlando Furioso di Ariosto e la Gerusalemme Liberata del Tasso.

facciata e parco Casino Massimo Lancellotti

All’opera più significativa della nostra letteratura , è dedicata la stanza di Dante. Iniziata da Peter Cornelius, ben presto richiamato in Germania alla corte del principe Ludwig di Baviera, la sala venne affrescata da Philipp Veit, autore del Paradiso nella parte centrale del soffitto, e da Joseph Anton Kock, esperto conoscitore di Dante, che dedicò due pareti all’Inferno e due al Paradiso esaltandone tutta l’efficacia drammatica con una pittura limpida e prodigiosa. Decorata da un solo artista, il pittore Julius Schnorr von Carolsfeld, in quasi cinque anni, la stanza di Ariosto è la più ampia ed uniforme nello stile. L’Orlando Furioso è suddiviso in tre temi, “La battaglia dei pagani contro Carlo Magno”, “La sconfitta dei pagani” e “La vittoria dei cristiani”, ed il cromatismo chiaro e brillante delle figure sul soffitto dona respiro all’intero ambiente. Nonostante la mancanza di esperienza tecnica, il più giovane dei Nazareni mostra un’ispirazione lirica sorprendente, come nella scena di Angelica e Medoro, con la giovane intenta a incidere su un albero il nome dell’innamorato. A Friedrich Overbeck, che volle trarre dal poema lo spunto per esaltare la religiosità medioevale e la rinnovata missione di Roma, si devono quasi tutti gli affreschi ispirati alla Gerusalemme Liberata. Quello più ampio è dedicato a “La preparazione per l’assalto a Gerusalemme”, in cui si scorge il ritratto del Tasso che detta gli avvenimenti ad un giovane inginocchiato, mentre sullo sfondo si notano l’autoritratto dell’artista e il ritratto del marchese Massimo. La stanza fu ultimata dal giovane Joseph Führich, che dovette mitigare il proprio spirito barocco per uniformarsi all’opera di Overbeck.

Philipp Veit, affresco nella stanza di Dante

Nelle intenzioni del marchese doveva essere decorata anche una quarta stanza, con temi tratti dalle opere del Petrarca, ma non fu mai realizzata; mentre fece affrescare la volta del salone principale con una tecnica a chiaroscuro, che conferisce l’illusione di antichi bassorilievi, collocandovi otto statue di epoca romana esposte in grandi nicchie sulle pareti. Le sculture provengono dalla collezione di Vincenzo Giustiniani, primo proprietario della villa,così come la statua in marmo bianco di Giustiniano posta in fondo al giardino, cara al principe poiché ricorda la discendenza della propria famiglia con quella dell’imperatore.

Per vedere le scene tratte da Dante, Ariosto e Tasso – che impegnarono il gruppo per oltre dieci anni – si formavano lunghe file di ammiratori entusiasti. Le fluenti chiome, i lunghi mantelli e le loro regole monastiche diventarono, nell’immaginario popolare, le fattezze di santi; sono proprio questi gli elementi che conferirono loro l’appellativo di “Nazareni”. Uno stile consacrato alla meditazione religiosa che si riconosce anche nei tratti, nell’aspetto intimo dei compagni raffigurati, pieno di raffinate correlazioni simboliche, tanto estraneo alla natura dei propri committenti. Grazie alla loro opera viene così riesaminato il modo di dipingere e il linguaggio dell’arte sacra, con un’essenzialità di colore e di linee che trova il suo modello di riferimento in Beato Angelico, in Raffaello prima maniera e in alcuni dei maestri di paesi nordici come Van Eyck e Durer.

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