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Da Karachi a Bengasi: dietrologia à la française | Fuori le Mura


Da Karachi a Bengasi: dietrologia à la française

26 settembre 2011

di Simone Avagliano

L’affaire Karachi riaccende la discussione sulle oscurità francesi all’estero

Il Presidente della Repubblica Francese, Nicolas Sarkozy

La Francia non ha mai rinunciato ad inseguire il sogno della grandeur, inserendosi e proponendosi negli equilibri internazionali come un’alternativa meno muscolare e più sensibile del gigante a stelle e strisce. Di fatto, e come ogni aspirante egemone che si rispetti, Parigi non è stata però esente da tattiche ed amicizie discutibili quanto quelle americane, russe o inglesi.
L’ultimo caso scoppiato attorno alla presidenza Sarkozy è lì a dimostrarlo. Secondo le ultime indiscrezioni, la polizia ha iscritto nel registro degli indagati Thierry Gaubert e Nicolas Bazire, due ex-consiglieri dell’attuale inquilino dell’Eliseo, con l’accusa di aver movimentato tangenti destinate a finanziare la campagna di Edouard Balladur, candidato alle presidenziali del 1995 e del quale Sarkozy era portavoce e ministro delle Finanze.
C’è però dell’altro. La provenienza di quel denaro sarebbe infatti il Pakistan e farebbe parte di ‘retrocommissioni’ collegate alla fornitura negli anni ’90 di sottomarini francesi a questo paese e all’Arabia Saudita. A quel tempo era consuetudine che nella compravendita di armamenti si versassero delle commissioni per tenersi buoni i politici locali, i quali restituivano la cortesia al fine di consolidare il rapporto con i politici immischiati nell’affare.
Edouard Balladur venne tuttavia sconfitto nella corsa all’Eliseo dal rivale Jacques Chirac che, dopo un’accurata indagine del ministero della Difesa, mise subito fine al versamento delle commissioni tra i malumori dei militari pachistani. Non a caso si pensa che l’attentato a Karachi del 2002, costato la vita a undici impiegati francesi del costruttore navale DCNS, sia da interpretare come una vera e propria rappresaglia per la sospensione dei pagamenti occulti.
Nella faccenda Gaubert e Bazire avrebbero avuto il ruolo di intermediari e poiché all’epoca i due uomini erano ancora alle dipendenze dirette di Sarkozy, si pensa che lo stesso presidente possa aver giocato un qualche ruolo nell’affaire Karachi. Da New York, il diretto interessato liquida come calunnie ogni accusa rivolta alla sua persona, sebbene nella storia recente i vertici francesi non siano stati avidi di trame oscure.

Robert Bourgi

Esiste ad esempio il fenomeno denominato “Françafrique”, che descrive le manovre di Parigi per mantenere la sua influenza nell’area un tempo appartenuta al suo impero coloniale. Tra gli obiettivi di questa strategia vi è quello di mantenere la posizione privilegiata dell’azienda petrolifera Total nelle economie sub sahariane, un fine per il quale il governo francese non ha esitato a sostenere gli autocrati locali. Il giornalista Pierre Péan accusa al riguardo l’avvocato Robert Bourgi, sospettato di aver consegnato mazzette da questi paesi per finanziare le campagne elettorali di politici “amici” come Chirac e De Villepin.
La Francia ha giocato invece un ruolo ben più ambiguo nella primavera araba. Alcune rivoluzioni scoperchiavano gli imbarazzanti legami tra la politica d’oltralpe e i dittatori Ben Alì e Mubarak, che costarono persino il Ministero degli Esteri a Michèle Alliot-Marie, rea di voler aiutare il regime tunisino a “ristabilire l’ordine”. Altre rivolte venivano al contrario abbracciate con convinzione come la sollevazione libica, che deve il suo imminente successo proprio grazie all’iniziativa francese. Se essa è stata determinante per spingere la Nato ad appoggiare Bengasi, voci insistenti suggeriscono che la ribellione avrebbe accelerato i piani dei servizi segreti francesi per un colpo di stato che stavano preparando allo scopo d’insediare un governo più vicino rispetto all’Italia. Quale che sia la verità, il tempismo di Parigi conferma questo obiettivo di ascendere a migliore amico della nuova Libia.
Le rivelazioni degli ultimi mesi toglieranno certamente parte dello smalto umanitario che ha ammantato finora le mosse francesi. Pur di mantenere il suo prestigio tra i potenti, un paese orgoglioso come la Francia evidentemente non poteva fare a meno che seguire lo stesso, sporco modus operandi dei suoi concorrenti.

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