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Riccardo alla terza: il grottesco del potere | Fuori le Mura





Riccardo alla terza: il grottesco del potere

2 maggio 2011

di Andrea Scutellà

Andrea Gambuzza porta al Teatro dell’Orologio, dal 26 aprile al 1 maggio, un monologo comico-grottesco sulla natura del potere.

Andrea Gambuzza in una delle scene della sua rivisitazione del Riccardo III di Shakespeare

Il bisogno di potere, per chi nasce in una casata nobile, destinata al predominio, è una necessità primaria. Si insinua all’interno dell’inviduo sin dalla più tenera età, lo coglie nei capricci e nei giochi con i fratelli. Come il giudice di Fabrizio de Andrè, un principino che nasce un po’ sgraziato, magari gobbo e ricurvo, poco attraente e inadatto ai giochi e agli sport, passa il suo tempo in casa a pensare, ma pensando cova il suo rancore, la sua rabbia, la sua sete di vendetta. Sogna di andare in America a sterminare gli indiani, pianifica stragi, anela al potere: non tanto per cianfrusaglie materiali che dona, ma per il rispetto, per il timore che incute negli occhi degli altri, per lo status che conferisce. Probabilmente Shakespeare è stato ingiusto con il suo Riccardo III, le fonti storiche di cui ha fatto uso sono infatti dubbie. Ci ha fornito però una tragedia metastorica che oltrepassa l’Inghilterra degli York e si rivolge tanto al passato, quanto ai nostri tempi. Tutta materia per quel che Michel Foucault ai nostri giorni chiamerà “ubuesco“, riferendosi alla tragedia Ubu Roi di Alfred Jarry, dove si può notare come il potere è tanto più temibile, forte e irresistibile, laddove chi lo detiene è assurdo e folle ai limiti della comicità. Si tratta di svelare il grottesco della sovranità, non come sua disfunzione, ma come un meccanismo integrante del suo esercizio: Caligola, Nerone, la burocrazia descritta da Kafka o Dostoevskij, ma anche Mussolini nelle foto in cui gonfia il petto atteggiandosi e  il nostro attuale Presidente del Consiglio, che invece colora di un folto bruno una testa calva nei manifesti elettorali, ne sono esempi lampanti. Il grottesco nel momento in cui squalifica chi detiene il potere, lo rende ancor più insormontabile, ancor più potente.

Il Re (in alto) e la sua amata (nella gabbietta)

Perché come dice Andrea Gambuzza, nel suo Riccardo3, rivisitazione molto moderna del capolavoro shakespeariano “finisce che uno prima o poi si stufa” e smette di combattere, di indignarsi. Il clownesco dei nostri monarchi ci lascia a bocca aperta, ci mostra che il loro potere è immune anche al ridicolo di cui si coprono da soli.

Tra momenti di folle ilarità, come il telegiornale o il commento della casalinga dell’epoca che arriverà a dire “Menomale che Riccardo c’è…” e monologhi shaskespeariani che lasciano senza fiato lo spettatore (che probabilmente a fine rappresentazione si chiederà come faccia Gambuzza ad essere ancora vivo), lo spettacolo offerto è folle e delirante come il personaggio descritto. I temi del bisogno di potere e della vendetta sono sviluppati lungo l’arco dell’opera con continui riferimenti all’attualità, che alla fine si faranno sempre più preponderanti.

In conclusione è uno spettacolo da non perdere: un grazioso delirio grottesco. Tra l’altro l’unico attore, regista e autore, grazie a Riccardo3 ha vinto  il Premio Nino De Reliquis 2009 e nel 2008 ha ricevuto la Segnalazione della Giuria per il Premio Hystrio alla Vocazione.

Riccardo3
Disappunti di un dittatore

di e con Andre Gambuzza
In scena dal 26 aprile all’8 maggio 2011
al Teatro dell’Orologio
Via de’ Filippini 17/A, Roma

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