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Incontro con il regista Paul Haggis | Fuori le Mura





Incontro con il regista Paul Haggis

4 aprile 2011

di Michele Ponte


Nello splendido Hotel De Russie, che si trova all’incrocio tra via del Babuino e Piazza di Spagna, a Roma, abbiamo incontrato il regista Paul Haggis, vincitore del premio Oscar come miglior sceneggiatura originale con Crash – Contatto fisico nel 2006, venuto in Italia a promuovere il suo ultimo film, The next three days.

Perché all’ultimo rivela più del necessario?

Ho fatto ciò? Magari è quello che pensate voi. Tutti amano il finale bello e felice, così quando si vede il flashback verso la fine si va a pensare che sì, il finale è felice, in realtà vi mostro le stesse scene dell’inizio solo da un punto di vista differente, ma la cosa più importante è che il protagonista non lo sa, lui crede in una donna che potrebbe non amarlo più e quindi si sacrifiche per amore di questa donna. Davvero non penso che sia un finale felice.

Come mai ha voluto fare un remake di Pour Elle?

A me il film originale è piaciuto tantissimo e ho pensato che in questo remake avrei potuto pormi delle domande sui dei personaggi che in Pour Elle non sono stati approfonditi perché è molto breve. Io non sono uno snob, se il remake può andare bene per Scorzese è lo stesso anche per me. Ci sono delle cose che ero interessato ad esplorare – e tuttora sono interessato -, come la natura del credere e dell’amore, argomenti che vanno bene per un thriller, un film drammatico o una commedia. A me interessa che un film sia intrattenimento e che faccia pensare.

Dunque per lei l’unica salvezza dell’uomo può essere l’amore?

Per quello che riguarda la natura dell’amore non è che oggi sia più difficile di quanto lo sia mai stato in passato, il problema è che tutti vogliamo avere più di quello che diamo. In questo film voglio far capire che tutti dobbiamo dare più di quello che riceviamo, e non solo nell’amore, ma anche negli affari e nella vita quotidiana. Quando ho iniziato a fare film credo di aver avuto successo proprio per questo, ad esempio, con Crash non sono stato pagato. Invece, quando ho fallito, è stata colpa del mio ego che mi diceva: “Devi ricevere un compenso maggiore.” L’ego distrugge molte carriere a Hollywood.

Pensava già a Russell Crowe quando ha scritto la sceneggiatura?

No, quando scrivo plasmo il carattere di un personaggio, poi, una volta terminata la sceneggiatura, lo associo a un attore. Non si può scrivere la sceneggiatura pensando già a un attore sennò si è costretti a basarsi sui suoi lavori precedenti.

Si ispira a qualcosa quando scrive le sceneggiature, e poi, a chi le fa vedere?

A mia moglie. Quando ha letto quelle di Million Dollar Baby non mi ha parlato per qualche giorno perché non le piaceva il finale, ma alla fine ha detto che avevo fatto la scelta giusta. Io comunque mi fido lei, anche se ora siamo divorziati da un anno e mezzo continuo a fidarmi.

Cosa cerca ogni volta che realizza un nuovo film?

La sfida è sempre riuscire a trovare una buona storia e raccontarla bene; a volte è facile, altre è difficile. La sceneggiatura di Million dollar baby l’ho riscritta per un anno, questa un anno e mezzo, ché l’ho sbagliata cinquanta volte. L’altra sfida è quella di prendere seriamente il proprio lavoro, ma non se stessi.

Lei ha detto che quando ha fallito è perché il suo ego ha preso il sopravvento, ma quali sono i suoi fallimenti?

Oh, così tanti! Quanto tempo hai? (Ride) In Crash, Nella valle di Elah e in altri film io affronto il peccato dell’orgoglio perché secondo me è quello che mi colpisce ed è quello che si trascina dietro tutti gli altri peccati capitali; d’altra parte sono qui seduto davanti a tutta questa gente ed è difficile riportarsi continuamente con i piedi per terra. Non è che sono uno sceneggiatore o un regista migliore di dieci minuti fa se qualcuno dice così.

Questo è il primo film della sua casa di produzione, come mai tutti gli sceneggiatori, registi e attori fondano la propria casa di produzione? E’ proprio difficile lavorare con le major?

Sì. (Ride) Il problema è che tutte le decisioni finanziare sono decisioni creative, e viceversa, quindi bisogna assolutamente assumersi tutte le responsabilità quando si realizza un film, e io lo faccio. Ero ad Haiti un paio di settimane fa, in una scuola di cinema che era stata distrutta, e a loro ho detto: “Se hai cinque giorni per fare un film e per quattro piove la colpa è tua.”

Com’è lavorare con Russell Crowe?

So che non ha una bella reputazione, ma io non ho mai notato quel lato di cui i giornali parlano. Lui è un’artista fantastico, riflessivo, che ti rende la vita dura nel senso buono del termine. Lui è uno di quelli che dà più di quello che riceve.

Qual è il suo prossimo film?

Il titolo è Third person, Terza persona. Come in Crash – Contatto fisico sono tre storie d’amore che si intrecciano.


 

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