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La breve storia del Fli, così simile a un naufragio | Fuori le Mura





La breve storia del Fli, così simile a un naufragio

28 febbraio 2011

di Simone Arseni


Su la Repubblica del 6 settembre 2010, il giornalista Massimo Giannini così scriveva, sopo la svolta di Mirabello: “forse è davvero finita un’epoca, per l’anomala destra italiana nata dalle macerie del popolarismo democristiano e forgiata nel fuoco del populismo berlusconiano. Con il Manifesto di Mirabello, Gianfranco Fini varca un confine e politico, ed entra in una terra incognita sulla quale può costruire finalmente un’”altra destra”. Compiutamente democratica e liberale, moderata e costituzionale. Nel solco delle grandi famiglie conservatrici europee”, e proseguiva poco oltre:”Quella di Fini, stavolta, è davvero una svolta radicale. Può ridisegnare geografie e geometrie della politica italiana. E può cambiare il corso della legislatura berlusconiana”.

Granata, vicepresidente della commissione antimafia, appena un mese prima, aveva affermato: “A settembre costruiremo attorno a Gianfranco Fini il profilo di una forza politica modernissima ma intrisa di memoria storica: un modello ben distinto e distante dal berlusconismo privo di anima, dall’affarismo privo di progetto e dal rancoroso tribalismo della Lega”.
A pochi mesi dal focoso discorso di Fini a Bastia umbra, durante il quale il presidente della Camera sfidò Berlusconi dicendo: “si dimetta, salga al colle e apra la crisi”, a pochi mesi da un distacco che si mostrava deciso nei toni e nelleprospettive future, la grande svolta appare niente più che un espediente retorico svuotato di contenuto politico.
Lo spartiacque può essere considerato il 14 dicembre, giorno in cui il governo ottenne la fiducia alla Camera grazie ai voti delle finiane Catia Polidori, Mariagrazia Siliquini e all’astensione di Silvano Moffa.

Da allora, al Senato, si assiste una vera e propria emorragia: il primo a lasciare è stato Giuseppe Menardi, seguito da Francesco Pontone, un fedelissimo di Fini sin dai tempi dell’Msi, ora tornato tra i ranghi del Pdl. Altri 5 pronti a lasciare, guidati dal capogruppo pasquale Viespoli.
Alla Camera, invece, tre sono state le defezioni: quella di Luca Barbareschi, seguito da Roberto Rosso e Luca Bellotti, (Barbareschi è finito nel gruppo misto, gli altri due sono tornati con Berlusconi). Ora il gruppo di Futuro e Libertà, al Senato non sembra più avere i numeri per esistere.
I sei senatori che hanno confermato la loro permanenza nel Fli sono Giuseppe Valditara, Maria Ida Germontani, Candido De Angelis, Barbara Contini ed Egidio Digilio.
Fini assiste sfiduciato al flusso in uscita, ma torna ad additare il “potere mediatico e finanziario” di cui dispone la maggioranza come una delle cause di questa sfiduciante emorragia.
La parabola è discendente e resta da vedere come risponderanno i cittadini quando saranno chiamati a votare. Soltanto allora si saprà se la scelta del presidente della Camera è stata vincente o se invece era destinata al fallimento.

Le aspettative di Fini, dunque, sono state molto ridimensionate dalla momentanea sconfitta politica, tanto che in una recente intervista all’Espresso, ha dichiarato che “il progetto di Futuro e libertà sarà una traversata nel deserto a piedi”, il cui esito “è tutt’altro che scontato. In gioco”, ha dichiarato Fini, “c’è molto di più di un gruppo parlamentare: c’è un progetto politico ambizioso e, banalità, il futuro della persona che anima il progetto”.
Chissà che alla fine della storia, anziché parlare di una dura traversata, non sia costretto a parlare di un breve naufragio, un breve crollo durato lo spazio di un mattino.

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