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Friday 19 April 2024
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Hai mai fatto parte della nostra gioventù? | Fuori le Mura


Un weekend tra amici. E che amici; e che week end. La location è il Nordest operaio, quello degli interminabili palazzoni, della gioventù senza pace e della gente fighetta che “di giorno ci rifiuta e il sabato notte viene a fare l’alternativa nel nostro mondo”. È la provincia di Pordenone dove vivono (più o meno) i protagonisti di Hai mai fatto parte della nostra gioventù? di Massimiliano Santarossa (Baldioni Castoldi Dalai, 2010).
Il cast non potrebbe essere più drammaticamente scalcinato: Vez, falegname sulla ventina, saturo di rabbia verso tutto e tutti, Nic, venditore di auto baldanzoso ed egocentrico; Giò, tossicodipendente annichilito dall’eroina e il fragile Mike, silenzioso, cupo, indecifrabile.
Questi quattro cavalieri di un’apocalisse generazionale dall’anima contraffatta e contaminata dall’odio per una vita che non va certo come vorrebbero, incazzati marci, per rendere l’idea con poco, si muovo in un ambiente ostile, quello cittadino, che sembra distendersi solo nel week end, quando il tempo libero prende il sopravvento e la voglia di vivere, bruciare, volare repressa per tutta la settimana di duro lavoro o altrettanta faticosa nullafacenza esplode nell’istinto animale verso la perdizione, l’alcol, le droghe, la velocità esistenziale.
Tre giorni nella vita di una generazione dispersa, senza alcun punto di riferimento se non il branco, i fratelli di strada con cui condividere le storture di un percorso che finisce nella disfatta totale senza speranza di raddrizzamento.
Eppure è proprio questa fraternità, forse dettata proprio dal marciume che li circonda, ad avvicinare i quattro amici, a stringerli e renderli più umani di quanto essi stessi credono di essere.

Niente girotondi linguistici per Massimiliano Santarossa e per la cronaca asciutta, diretta, fulminante della storia che decide di raccontare.
Non c’è né tempo né spazio per la metafora o l’indeterminazione: i protagonisti si danno al lettore come al mondo, implacabilmente, senza mezzi termini o accomodamenti. Questo perché il lettore ha la possibilità di osservarli in giorni in cui il compromesso è relegato al margine, in attesa di risalire sul trono della quotidianità con l’avvento del lunedì.
La scrittura di Santarossa è al servizio di una narrazione atipica, quasi psicoanalitica, in cui i personaggi, come in una pièce teatrale, “vivono” la propria vita perlopiù indifferenti verso lo “spettatore” ma non certo inconsapevoli della sua presenza. L’impressione di veridicità che è presupposto e struttura del romanzo salta, come un disco rotto, in alcuni punti specifici in cui i protagonisti smettono di comunicare vis-à-vis per voltarsi verso il popolo dei lettori e raccontarsi in lunghi monologhi di vario genere (divertenti, tragici, deliranti) che sottolineano con la propria improbabilità che si tratta di una finzione (seppur ispirata alla realtà). Questi momenti, quasi esorcismi letterari, potrebbero essere scambiati per un difetto di scrittura, ma ne sono invece una particolarità.
In questo modo Nic, Giò e Mike si presentano e si (auto)definiscono, mentre Vez, voce narrante, fa del proprio monologo una macroconfessione che ingloba tutte le altre.
Hai mai fatto parte della nostra gioventù? è un’opera tagliente che corre veloce come la vita che racconta tra rave party, sniffate, corse automobilistiche e sogni in frantumi. Procura graffi e ferite dolorose, ma che sarebbero potute essere più profonde.
Un romanzo che non si concede all’autoreferenzialità, che punta sulla sincerità di intenti, che brucia come una sigaretta e che ne eredita pregi e difetti: cinque minuti di estasi ed ipnotiche spire di fumo nell’aria ma poi solo una cicca ardente, l’impressione di non aver fumato affatto e il pensiero che sarebbe potuta durare un po’ di più.

Hai mai fatto parte della nostra gioventù?
Autore: Massimiliano Santarossa
Casa Editrice:
Baldini Catoldi Dalai, 2010
Pagine: 160
Prezzo: 16 €

Rubrica: Libri – Segui i commenti (feed RSS)